COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Sardegna sentenza n. 322 sez. 8 depositata il 18 settembre 2015
Massima
I giudici sassaresi, confermando l’esito del giudizio di primo grado, hanno ribadito l’annullamento della cartella impugnata da un contribuente invitato al pagamento dell’imposta di successione, pur non avendo mai rivestito la qualifica di erede. Secondo il collegio, avendo il ricorrente rinunziato all’eredità, si applica il principio di diritto dettato dalla Suprema Corte secondo la quale “nelle successioni mortis-causa la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentando un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione: mediante adizione, o per effetto di gestione dei beni ereditati oppure per la ricorrenza delle condizioni stabilite dall’art.485 c.c.”.
CONCLUSIONI
Nell’interesse dell’Ufficio di xxxxx; Voglia codesta Onorevole Commissione, riformare la sentenza impugnata, con accoglimento dell’appello e l’annullamento dell’atto impugnato, con vittoria delle spese dei due gradi di giudizio.
Nell’interesse dell’Ufficio delle Entrate di xxxxx; Voglia codesta onorevole Commissione, rigettare l’appello e confermare la sentenza della Commissione Provinciale di Sezione 2, n.217/02/07 emessa in data 29/11/07, con vittoria di spese ed onorari.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
xxxxx, residente a xxxxx, rappresentata e difesa dal Dr. xxxxx con studio in xxxxx, propone appello avverso la sentenza della Commissione Provinciale di xxxxx Sezione 2, n.217/02/ 07 emessa in data 29/11/07 avverso la cartella di pagamento n.1022006 00402668 43/2007 notificata dall’Ufficio delle Entrate in data 4/1/2007 per complessive E.79.488,47 relativa ad imposta di successione, bollo, ipotecaria e catastale, in morte del padre xxxxx avvenuta nel 1997.
In data 2.4.1998. veniva presentata da uno degli eredi xxxxx la dichiarazione di successione Vol.471 n.02 che riportava al quadro B1 tre immobili rappresentati da un unico fabbricato sito in località xxxxx a xxxxx e nessuna passività al quadro D.
L’Ufficio nelle controdeduzioni chiedeva l’inammissibilità del ricorso in quanto non era stato impugnato l’avviso di liquidazione n.98/00471/000002/001 in data 29/9/2000 notificato alla ricorrente mediante deposito ed affissione nella Casa Comunale per irreperibilità, assenza o rifiuto a ricevere, ai sensi dell’art.60 lett. e) DPR.600/73 richiamato dall’art.140 CPC ed art.26 comma 5 DPR,632/73.
In assenza di impugnazione entro 60 gironi l’atto era ormai definitivo ed il ricorso avverso la cartella ammissibile solo per vizi propri ai sensi dell’art.19 terzo comma del D.Lgs:546/92. La signora xxxxx, concludeva l’Ufficio, rivestendo la la qualifica non di erede ma di chiamato all’eredità era tenuta ai sensi dell’art.36 del T.U. di 31/10/1990 n.3346 al pagamento in solido con gli altri chiamati all’eredità.
La Commissione Tributaria Provinciale di xxxxx Sezione 2, con sentenza 217/02/07 emessa in data 29/11/07, depositata in data 27/12/2007, accogliendo le tesi dell’Ufficio, dichiarava inammissibile il ricorso.
Avverso la decisione ha proposto appello la ricorrente che l’Ufficio, che ripercorrendo le fasi della vicenda la ritiene carente di motivazione la sentenza emessa dai primi giudici non rispondente al dettato dell’art.18 del D.Lgs.546/92 ed in quanto non è stata valutata l’eccepita mancanza di qualità di erede verificatasi ab origine in seguito alla rinuncia all’eredità eseguita in data 12.2.2007 presso il Tribunale di xxxxx nelle forme previste dall’art.519 c.c.
Quindi estranea al rapporto successorio non evocabile per la ricezione di atti e cartelle di pagamento, mentre contestava un vizio proprio della cartella in quanto notificata erroneamente. La ricorrente ancora richiama l’orientamento giurisprudenziale in merito alla perdita della qualità di erede in seguito alla rinuncia dell’eredità. (CTC. n.5009 /92-151/93-3412 /95-CTP Salerno n.116 / 96-CTCn.4677/90 e CTC.n.3438/91).
Fa presente infine che nessun erede del de cuius, stante i debiti e le conseguenti rinunce, ha ereditato alcun bene, per cui si troverebbero a pagare imposte di successione per circa 80 mila euro con le immaginabili conseguenze patrimoniali.
E’ stata richiesta la trattazione della causa in udienza pubblica ex art.33 del D.Lgs.546/92.
L’Agenzia delle Entrate nelle controdeduzioni ripercorre le vicende di causa e in merito alle eccezioni dell’appello ripropone le deduzioni del primo grado ed in particolare ribadisce che l’avviso i liquidazione è stato ritualmente notificato in data 29 settembre 2000 con affissione alla Casa Comunale e la raccomandata (come da procedura) è stata ricevuta proprio dalla signora xxxxx in data 6.10.2000; non corrisponde quindi al vero quanto asserito: che la ricorrente non ha provveduto a formulare formale rinuncia in quanto non era a conoscenza dell’avviso di liquidazione. Viene quindi esaminata la incertezza per l’A.F. circa la riscossione da parte dei soggetti chiamati all’eredità per effetto della rinuncia e sulla forma della rinuncia nonché del fatto che la parte a seguito della rinuncia all’eredità avrebbe dovuto presentare una nuova dichiarazione modificativa per rettificare la propria posizione, che non è stata presentata. L’Ufficio conclude affermando che in data 19.11.2008 n. 20 Vol.540 è stata presentata una dichiarazione di successione modificativa nella quale viene ribadita la consistenza patrimoniale dell’asse ereditario in E.426.515,28 ( pari a quello indicato nella originaria dichiarazione del 1998, (nonostante la parte abbia dichiarato che i beni erano stati venduti all’asta) e viene individuata come erede, tra gli altri, la Signora xxxxx.
La causa trattata in udienza pubblica, è stata decisa sulle conclusioni sopratrascritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Questa Commissione, esaminati gli atti e sentite le parti in udienza pubblica osserva che l’Ufficio non ha portato in questa sede nessuna nuova motivazione per confutare i giusti motivi di merito e di diritto posti dall’appellante e non sufficientemente valutati nella sentenza impugnata.
Da quanto descritto nell’atto di appello emerge con chiarezza che l’A.F., a cui incombe l’onere di provare la sussistenza delle circostanze che giustificano nell’ambito del parametro prescelto, il “quantum” accertato, del quale naturalmente il contribuente può dimostrare la infondatezza creditoria, anche in base ai criteri non utilizzati dall’Ufficio (Cass.Sent.n.27653/2005), non ha fatto tesoro della giurisprudenza di merito.
Per il caso di specie infatti ricorre il principio di diritto dettato dalla Suprema Corte di Cassazione, secondo il quale: “nelle successioni mortis causa la delazione, che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione: mediante adizione oppure per effetto di gestione dei beni ereditari oppure per la ricorrenza delle condizioni stabilite dall’art. 485 c.c..
Sicché, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale posto dall’art. 2697 c.c., l’onere di provare l’assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma conseguendo solo all’accettazione di eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità (Cass. 30 aprile 2010, n. 10525; Cass. 6 maggio 2002, n. 6479).
Da tali superiori ragioni, preso atto della rinuncia all’eredità eseguita in data 12.2.2007 presso il Tribunale di xxxxx nelle forme previste dall’art.519 c.c., in connessione al disposto dell’ultimo comma degli Artt. 41 e 44 del DPR.637/72 presenti in causa, e visto che la ricorrente non ha ereditato dal de cuius alcun bene, restando assorbite tutte le ulteriori questioni trattate, discende, a parere di questo Collegio, l’accoglimento dell’appello e l’annullamento dell’atto impugnato, con la ricorrenza di giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio fra le parti.
P.Q.M.
La Commissione, accoglie l’appello e per l’effetto annulla l’avviso impugnato.
Dichiara compensate fra le parti le spese di giudizio.
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