COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per la Toscana sez. 31 sentenza n. 502 depositata il 20 febbraio 2017
Accertamento imposte – Evasione ed elusione – Attività finanziarie all’estero – Rimpatrio o regolarizzazione ai sensi dell’art. 13 bis, d.l. 01.07.2009, n. 78- Necessità che alla data di presentazione della dichiarazione riservata la violazione non sia stata già constatata o siano iniziate attività di accertamento – Sussiste.
Massima:
Ai fini dell’efficacia delle disposizioni previste dall’art. 13 bis del d.l. 01.07.2009, n. 78, per la regolarizzazione o il rimpatrio delle attività finanziarie all’estero, si deve tenere conto di quanto previsto dall’art. 14, comma 7, del d.l. 25.09.2001, n. 350 – espressamente richiamato dal citato art. 13 bis, d.l. 01.07.2009, n. 78 – che recita “il rimpatrio delle attività non produce gli effetti di cui al presente articolo quando alla data di presentazione della dichiarazione riservata una delle violazioni indicate al comma 1 è già stata constatata o comunque sono iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza”. Quindi il contribuente deve avere avuto formale conoscenza della constatazione di violazioni in materia di attività finanziarie all’estero o, in relazione alle stesse violazioni, siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento. Pertanto un invito a comparire ricevuto dal contribuente in data antecedente alla presentazione della dichiarazione riservata, ma riguardante una materia non attinente alle attività finanziarie all’estero (nel caso di specie l’invito a comparire riguardava questioni su cessioni di quote sociali) non può costituire causa ostativa alla produzione degli effetti legati al cosiddetto scudo fiscale.
Testo:
……… impugnava un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Prato, a seguito della verifica della Guardia di Finanza e di conseguente pvc, accertava a suo carico maggiori imposte IRPEF oltre ad addizionali e sanzioni relativo all’anno di imposta 2005.
Da tale verifica erano emerse violazioni delle disposizioni in materia dimonitoraggio di investimenti ed attività detenute all’estero di cui al D.L. n. 167 del 1990.
Il contribuente con propria istanza in data 27.6.2013 chiedeva la sospensionedell’atto impugnato.
Si costituiva l’Ufficio rivendicando la correttezza e la piena legittimità delproprio operato.
La Commissione Tributaria Provinciale di Prato Sez. 1 con sentenza n.101/01/2013 depositata il 23.10.2013 rigettava il ricorso compensando le spese.
Appella …….. chiedendo che, in integrale riforma della sentenza appellata, venga accertata l’illegittimità e l’infondatezza dell’avviso di accertamento a suo tempo impugnato condannando l’Ufficio ai rimborso disomme versate nel corso del giudizio con accessori di legge.
Si costituisce l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Pratoinsistendo nella conferma del proprio buon operato e concludendo per il rigetto dell’appello con condanna del ricorrente alle spese dei giudizio.
Con successiva memoria depositata in data 8.1.2016, …….. insiste per l’integrale accoglimento del proposto appello.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Come appare pacifico dagli atti la questione fondamentale e dirimenteriguarda la legittimità o meno dello scudo fiscale opposto ai verificatori da parte del contribuente e conseguentemente dell’efficacia degli effetti dallo stesso eventualmente prodotti.
In particolare considerando che la presenza di attività finanziarie e di conti correnti detenuti presso la banca ….. risulta elemento pacifico e risultando ugualmente pacifico che il ricorrente ha omesso di compilare ilquadro RW della propria dichiarazione dei redditi, la prima questione d’affrontare è stata ed è, quella di verificare se l’atto notificato al ricorrente dall’Agenzia delle Entrate in data 30/9/2009, avente ad oggetto un invito a comparire ai sensi dell’art. 37 bis comma 4, DPR 600/1973, possa costituire o meno una causa ostativa all’accesso alla sanatoria, perché comunicato prima della presentazione delle dichiarazioni riservate avvenuta il 28.2.2010 e il 23.3.2010 (procedura di regolarizzazione di cui all’art.13 bis DL 78/2008 cd. scudo fiscale) e al conseguente manifestarsi dell’efficacia della stessa dichiarazione riservata di emersione.
La questione cosi proposta appare determinante, dal momento che, ove si ritenga che l’invio dell’invito di comparizione costituisca causa ostativa all’accesso alla sanatoria, ne deriverebbe in via consequenziale l’applicabilità della previsione del comma 2 bis dell’art. 12 D.L. 78/2009, in merito al raddoppio dei termini a disposizione dell’Ufficio per la notifica degli accertamenti, termini ordinariamente previsti dall’alt. 43 DPR 600/73 così che non si potrebbe parlare di una tardività nell’operato dell’Ufficio.
Il primo Giudice ha dato risposta affermativa al primo quesito sulla base dell’art 13 bis del D.L. n. 78/2009 il quale richiama espressamente la disposizione di cui all’art. 14 del D.L. n.350/2001 che, al comma 7, recita: “Il rimpatrio delle attività non produce gli effetti di cui al presente articolo quando atta data di presentazione della dichiarazione riservata una delle violazioni delle norme indicate al comma 1 è già stata costatata o comunque sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altri attività di accertamento tributario e contributivo di cui agli interessati hanno avuto formale conoscenza “.
Alla luce di questa norma, pertanto, il primo Giudice ha ritenuto che si avrebbe “comunque la mancata produzione degli effetti del rimpatrio delle attività finanziane detenute all’estero allorquando il contribuente ha già avuto formale conoscenza dell’inizio dì una attività relativa ad accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento, di carattere tributario o addirittura di carattere contributivo” e quindi a fronte di una attività da intendersi, per così dire, “a tutto campo”; dopodiché il primo Giudice ha concluso che, avendo ricevuto il contribuente l’avviso di comparizione il 30 settembre 2009, e presentato la dichiarazione riservata sulle attività emerse il 28/2/2010 e il 23/3/2010, sarebbe incappato nelle cause ostative sopra richiamate con conseguente non operatività della produzione degli effetti legati allo scudo fiscale.
Nell’atto di appello il contribuente contesta questa ricostruzione evidenziando come non sia sostenibile una tesi che basa l’inefficacia della dichiarazione riservata sul fatto che “comunque” vi siano stati degli atti prodromici ad accertamenti tributari e contributivi quale che ne sia il loro contenuto e il loro oggetto. In buona sostanza si afferma che pare ragionevole ritenere che questi atti debbano essere comunque connessi alla materia che viene ad essere fatta oggetto del meccanismo della dichiarazione riservata: si afferma quindi che l’unica lettura possibile dell’art. 14 comma 7 D.L. 350/2001, sia quella che miri a far ritenere che la causa ostativa operi purché vi sia una necessaria corrispondenza tra le operazioni oggetto di inviti, questionari e richieste e le operazioni sanabili con lo scudo fiscale.
Per risolvere il problema appare indispensabile la verifica di quanto contenuto nell’invito di comparizione inviato dall’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art. 37 bis comma 4 DPR 600/1973, datato 25 settembre 2009 e notificato al ………. il 30 settembre 2009.
Nell’atto in questione , prodotto dall’Ufficio, si osservava che in data 12 luglio 2005 i signori ………., …………., ……… e ……….. avevano richiesto alla Cassa di Risparmio ……un finanziamento di ventun milioni di euro, sotto forma di apertura di credito, dando in pegno partecipazioni sociali nelle ………. srl ed ……….. srl; che successivamente il 26 settembre 2005 veniva costituita da ……….. e la …………. la società ………. srl la quale poi acquistava le quote di ………. srl e parte delle quote della ………….. srl.
Seguivano poi, come diligentemente indicato dall’Ufficio, altre vicende societarie cosicché l’Ufficio medesimo concludeva che era possibile ritenere che sia la ……… che la …………… srl, sia l’ulteriore successiva società ………. srl sarebbero state riconducigli ai signori ………., …………, …………., ……… e che l’intera complessa operazione sarebbe stata congegnata allo scopo di usufruire indebitamente di una sostanziale esenzione dalle imposte sul reddito sui maggiori valori del patrimonio immobiliare oggetto di cessione. Alla luce di ciò l’Ufficio richiedeva al ………. informazioni ex art. 37 bis riguardanti “la serie di operazioni sopra descritte con particolare riferimento alle ragioni economiche sottese a tali operazioni”.
Come si vede, dunque, la richiesta di informazioni aveva ad oggetto un’ipotetica attività elusiva posta in essere da numerosi soggetti tra i quali il …….. e relativa a cessione di quote societarie con il sottostante patrimonio immobiliare. Appare allora possibile affermare che, sotto il profilo di fatto e della rilevanza giuridica, la vicenda che era stata fatta oggetto di attenzione all’Agenzia delle Entrate niente aveva a che fare con quanto poteva riferirsi al rimpatrio delle attività di cui all’art. 13 bis del D.L. 78/2009, con il suo richiamo all’art. 14 comma 7 del D.L. 350/2001.
Ciò premesso, deve essere allora approfondita la tematica dell’interpretazionedi quest’ultima citata norma.
La collocazione della medesima nell’ambito di una normativa quale il D.L. n. 350/2001 (Disposizioni urgenti in vista dell’introduzione dell’euro in materia di tassazione dei redditi di natura finanziaria, di emersione di attività detenute all’estero, di cartolizzazione e di altre operazioni finanziarie) in prima battuta fa ritenere che le disposizioni in essere riguardino, appunto, redditi di natura finanziaria ed attività detenute all’estero, con una delimitazione di campo assai precisa.
L’art. 14 conferma questa delimitazione nel momento in cui si riferisce agli effetti del rimpatrio.
Il comma 7 il cui testo è già stato riportato, individua delle situazioni che precludono la realizzazione degli effetti del rimpatrio, e ne precisa due ipotesi: la prima che vi sia stata già una constatazione delle violazioni delle norma di cui all’art. 14 comma 1 medesimo (norma che disciplina gli effetti i garantiti dai soggetti che aderiscono utilmente allo scudo fiscale); la seconda che comunque siano già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo, di cui gli interessati abbiano avuto formale conoscenza.
La ratio della norma è evidente: escludere che i contribuenti, già “attenzionati” dall’Ufficio o perché vi è stata la constatazione di violazione (delle norme indicate al comma 1) o perché “comunque” sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche ecc., possano avvalersi della normativa premiale dell’emersione di attività detenute all’estero, paralizzando così l’attività accertativa già iniziata a loro carico.
In buona sostanza il legislatore ha ritenuto che coloro che sono stati già oggetto di una “attenzione” formalizzata o mediante constatazioni o mediante attività anche prodromiche ad un accertamento, e quindi pertanto già (più o meno fondatamente) accusati di comportamenti fiscalmente illegittimi non possano “coprire le loro posizioni” avvantaggiandosi di una normativa successiva, quale quella introdotta dall’art. 13 bis del D.L. 78/2009 il quale, è opportuno ricordarlo, aveva ad oggetto disposizioni concernenti il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dal territorio dello Stato mediante l’istituzione di un’imposta straordinaria.
Ad avviso di questo Giudice, allora, tutto ciò viene a realizzare una disciplina sufficientemente chiara ed omogenea, ma relativa alle situazioni tributarie connesse al rimpatrio delle attività dall’estero in particolare la tassazione dei redditi di natura finanziaria.
Non si vede allora come possa essere accolta l’interpretazione fatta propria dalla impugnata sentenza per la quale gli effetti del rimpatrio , così come disciplinati dall’art. 14, possano essere paralizzati, come afferma il primo Giudice, a fronte di attività ispettive riferibili “a tutto il campo tributario e previdenziale ” senza limitazione alcuna. In buona sostanza non si riesce a capire come l’operatività di questa complessa materia, assolutamente specifica nelle sue caratteristiche, possa essere paralizzata nell’ipotesi, ad esempio, nella quale al contribuente sia stato contestato un avviso di accertamento di valore di un immobile fatto oggetto di compravendita, ovverosia gli sia stato imputato di non aver pagato contributi ad un lavoratore dipendente.
Sotto il profilo testuale, insomma, ad avviso di questo Collegio, il termine “comunque” di cui all’art. 14, comma 7, D.L. 350/2001, sta semplicemente ad indicare che la mancata produzione degli effetti della norma si ha non solo quando alla data della presentazione della dichiarazione riservata “una delle
violazioni delle norme indicate al comma primo ” è già stata constatata , ma anche quando si è in presenza di una attività prodromica che può portare alla constatazione, mediante l’inizio di “accessi ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza”.
Conforta tale conclusione da una parte il richiamo alla analoga norma, relativa al ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.lgs. 472/1997, secondo la quale “la sanzione è ridotta sempreché la violazione non sia stata già contestata, e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidamente obbligati abbiano avuto formale conoscenza”; dall’altra il richiamo al D.L. 28/1/2014 n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva….) che all’art. 1 comma 2 recita “la collaborazione volontaria non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’art. 4 comma I, abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo, o di procedimenti penali per violazione di norme tributarie relativi alle attività dì cui al comma 1 “.
In conclusione, dalla legislazione sopra richiamata e da quella oggetto di analisi del presente giudizio, sembra ricavarsi quel principio generale di cui si è detto per cui chi è già sottoposto ad un procedimento accertativo in una certa materia tributaria, anche solamente nel suo momento prodromico (accessi, ispezioni, verifiche) non può avvalersi di disposizioni premiali accordate in quello specifico settore.
L’appello del contribuente pertanto deve essere accolto.
La natura preliminare dell’accoglimento di questa doglianza fa sì che le altre proposte in via subordinata o connessa rimangano assorbite.
La complessità della materia, l’estrema incertezza della giurisprudenza e la comunque difficile procedura interpretativa delle norme richiamate giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale, Sezione XXXI°, accoglie l’appello del contribuente. Spese compensate.
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