CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, sentenza n. 4641 depositata il 21 febbraio 2024

Tributi – Documentazione extracontabile – Paese dalla fiscalità privilegiata – Euroritenuta – Avviso di accertamento – Reddito di capitale non dichiarato – Imposta sostitutiva – IRPEF – Quadro RW dichiarazione dei redditi – Rigetto

Fatti di causa

1. La Guardia di Finanza rinveniva presso la succursale italiana della società “(…)” documentazione extracontabile da cui emergeva la detenzione da parte di clienti italiani, in Paese dalla fiscalità privilegiata (Svizzera), di attività finanziarie non dichiarate, formalmente denominate “polizze assicurative”.

Per quanto attiene al presente giudizio, il dante causa B. risultava aver sottoscritto l’11.6.2007 con C.S.L. (Bermuda) Ltd, una polizza formalmente indicata come assicurativa e denominata “Life Portfolio International”, versando il premio di Euro 2.126.923,00 (ric., p. 3). Il vantaggio conseguito dal contribuente, nella valutazione operata dall’Amministrazione finanziaria, consisteva nell’evitare il versamento dell’Euroritenuta (non previsto per i prodotti assicurativi), nel mantenimento dell’anonimato, nella flessibilità della gestione del capitale investito, e comunque nell’evitare di sottoporre i fondi detenuti all’estero a qualsiasi imposizione in Italia (controric., p. 3).

1.1. L’Agenzia delle Entrate notificava in conseguenza al contribuente, il 19.12.2016, l’avviso di accertamento n. (…) con il quale gli contestava, in relazione all’anno 2007, un reddito di capitale non dichiarato conseguito all’estero, in Paese dalla fiscalità privilegiata, pari ad Euro 81.922,00 da assoggettare ad imposta sostitutiva del 27% ai sensi dell’art. 18 del Tuir conseguendone la pretesa fiscale, ai fini Irpef, del versamento della somma di Euro 22.119,00 (ric., p. IV), oltre accessori. Era inoltre contestata l’omessa dichiarazione delle disponibilità detenute all’estero nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, ed erano applicate le relative sanzioni.

2. B., nella qualità di erede di B., scomparso il 13.6.2016, impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese contestando, per quanto ancora di interesse, la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di esercitare la pretesa impositiva. La CTP riteneva infondate le critiche proposte dall’erede del contribuente, e rigettava il suo ricorso.

3. La B. spiegava appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che rigettava la sua impugnazione.

4. Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione del giudice del gravame, B., affidandosi ad un motivo di ricorso. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.

4.1. La causa era chiamata per la trattazione camerale all’udienza del 10.5.2022, innanzi alla sottosezione sesta della sezione tributaria che, con ord. 8.6.2022 n. 18515, riteneva opportuno, in considerazione della materia oggetto del giudizio, rimettere la trattazione del processo all’udienza pubblica. La causa è stata quindi rifissata per la definizione all’odierna udienza.

4.2. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del s. Procuratore Generale Giuseppe Locatelli, ed ha domandato dichiararsi inammissibile il ricorso. La contribuente ha pure depositato memoria.

Ragioni della decisione

1. Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la violazione dell’art. 12, comma 2 bis, del D.L. n. 78 del 2009, come conv. e mod., perché trattasi di norma avente natura sostanziale e non procedimentale, con la conseguenza di non essere retroattiva e di non poter comportare il raddoppio dei termini di accertamento con riferimento al presente giudizio.

2. Il giudice del gravame dichiara nella sua pronuncia di aderire all’orientamento espresso dalla Suprema Corte secondo cui “sia il termine di accertamento dei tributi che quello di applicazione delle sanzioni, sono stati raddoppiati dai commi 2-bis e 2-ter dell’art. 12, del D.L. n. 78/2009, … tali disposizioni hanno natura procedimentale e non sostanziale … alle stesse va riconosciuta valenza retroattiva” (sent. CTR, p. 1 s.) e, quindi, sono applicabili anche ai periodi d’imposta precedenti al 30.12.2009, data della loro entrata in vigore. Il giudice dell’appello non manca quindi di ricordare che questa interpretazione della Suprema Corte è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Consulta con sent. n. 160 del 2000 e non contrasta neppure con l’art. 7 della “Convenzione EDU (v. CEDU, sent. 20402 del 12/04/2007, Ma. c/Italia; sentenza 22 giugno 2000, Co. ed altri c. Belgio)” (sent. CTR, p. 2).

3. Ricordato che, nel caso di specie, la disponibilità di fondi detenuti in Paese dalla fiscalità privilegiata e non dichiarati è un dato incontestato in questo giudizio, perché non negato dalla stessa ricorrente, occorre preliminarmente evidenziare che quest’ultima, come pure il giudice dell’appello, accomuna nelle sue contestazioni le previsioni di cui al comma 2 dell’art. 12 del Dl. n. 78 del 2009, come conv., e le disposizioni riportate ai commi 2 bis e 2 ter dello stesso articolo, mentre occorre distinguere.

Tanto premesso, la decisione adottata dal giudice del gravame appare condivisibile, ma occorre operare qualche precisazione.

3.1. Appare innanzitutto opportuno ricordare, per favorire la chiarezza espositiva, il testo dell’art. 12 del D.L. n. 78 del 2009 nelle parti di interesse. La disposizione detta, ai commi secondo e seguenti: “2. In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 10 maggio 1999, n. 107, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate.

2-bis. Per l’accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 43, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’ articolo 57, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono raddoppiati.

2-ter. Per le violazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 4 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni, riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria di cui al comma 2, i termini di cui all’ articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, sono raddoppiati”. Pertanto il comma 2 pone la presunzione di evasione fiscale al ricorrere degli indicati presupposti, mentre i commi successivi prevedono il raddoppio dei termini di accertamento, anche in relazione alle sanzioni.

4. Sembra quindi opportuno evidenziare come questa Corte regolatrice abbia già avuto occasione di statuire, condivisibilmente, che “in tema di accertamento tributario, sebbene la presunzione di evasione sancita dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, con riferimento agli investimenti e alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, non sia suscettibile di essere applicata retroattivamente agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore (prevista dal 1° luglio 2009), stante la natura sostanziale e non procedimentale delle presunzioni, l’Ufficio può ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione legale (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) sub specie di presunzione semplice. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto provata la pretesa tributaria sulla base del dato emergente dalla c.d. “lista Fa.” che il contribuente fosse intestatario di un conto corrente in un Paese a fiscalità privilegiata)”, Cass. sez. V, 29.11.2019, n. 31243.

4.1. Tanto premesso, questa Corte non ha mancato di specificare, proponendo un orientamento interpretativo ormai consolidato il quale merita di essere confermato, che “la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva.

Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2“, Cass. sez. V, 14.11.2019, n. 29632 (evidenza aggiunta. Conf., tra le altre, Cass. sez. VI-V, 28.11.2018, n. 30742).

4.2. In conseguenza la critica proposta dalla ricorrente in ordine alla non retroattività del disposto di cui all’art. 12, comma 2 bis (e 2 ter) del D.L. n. 78 del 2009 è infondata, e nel caso di specie operava il raddoppio dei termini utili perché l’Amministrazione finanziaria procedesse all’accertamento dell’evasione fiscale.

5. Diversamente, la presunzione di evasione dettata dal comma 2, dello stesso art. 12 del D.L. n. 79 del 2009 (ndr comma 2, dello stesso art. 12 del D.L. n. 78 del 2009) ha natura sostanziale, e non trova quindi applicazione retroattiva. In proposito la ricorrente, integrando in memoria le proprie contestazioni, ha sostenuto che nel caso di specie “l’Ufficio non ha accertato che le attività finanziarie estere indagate fossero costituite dal sig. B. mediante redditi sottratti a tassazione, ma ha esclusivamente accertato la violazione degli obblighi dichiarativi relativi al monitoraggio fiscale, ovvero la mancata compilazione del modulo RW … la sentenza impugnata non si fonda però su alcun elemento probatorio per l’accertamento del reddito … il Giudice del merito non ha in alcun modo accertato e dichiarato la sussistenza di redditi presuntivamente rivendicati dall’Ufficio, sulla base di elementi probatori” (memoria ric., p. 2 ss.).

5.1. Premesso che il giudice è chiamato a pronunziare sulle questioni proposte dalla parti, e la ricorrente non ha cura di evidenziare quando abbia proposto la censura da ultimo esposta nei gradi di merito del giudizio, occorre allora ancora ribadire, in proposito, che in questo giudizio la titolarità da parte di B. di fondi non dichiarati e detenuti all’estero, in Paese dalla fiscalità privilegiata, è un dato incontestato, oltre che provato in considerazione del rinvenimento da parte della Guardia di Finanza di documentazione extracontabile e della “documentazione bancaria dal 2004 al 2013 (contratto di polizza, estratti conto dal 2006, distinte patrimoniali diversi anni, documentazione VD)” (controric., p. 5), tutti elementi valutati dall’Ufficio anche in contraddittorio con la ricorrente, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate e non contestato dalla contribuente.

5.2. In conseguenza, il giudice del gravame non ha espressamente pronunziato sul punto, non essendone stato richiesto, e non essendo pertanto tenuto a farlo.

Del resto la critica proposta dalla ricorrente non appare neppure centrata, basti osservare che, ancora pacificamente, l’avviso di accertamento per cui è causa non ha ad oggetto solo la violazione degli obblighi dichiarativi, ma anche il reddito di capitale non dichiarato conseguito all’estero, in Paese dalla fiscalità privilegiata, pari ad Euro 81.922,00 da assoggettare ad imposta sostitutiva del 27% ai sensi dell’art. 18 del Tuir) conseguendone la pretesa fiscale, ai fini Irpef, del versamento della somma di Euro 22.119,00 (ric., p. IV), oltre accessori.

6. Il ricorso introdotto da B. risulta quindi infondato e deve essere respinto.

7. Le spese processuali seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della causa.

7.1. Ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, anche del c.d. doppio contributo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso introdotto da B.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.