CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 37579 depositata il 22 dicembre 2022
Tributi – Avviso di accertamento – Mancata dichiarazione degli investimenti esteri – Omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero – Raddoppio dei termini previsto dall’art.12, comma 2 ter, D.L. n. 78/2009 – Investimenti e attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato – Presunzione di evasione – Termini di prescrizione e di decadenza
Fatti di causa
Da indagini esperite dalla Guardia di finanza risultò che A.P.T. aveva sottoscritto una polizza con un istituto bancario svizzero del Gruppo C.S..
Richiesto dall’Ufficio a esibire la relativa documentazione, il sig. T. negò di avere mai sottoscritto alcuna polizza. Vennero, quindi, emessi a suo danno un avviso di accertamento, relativo all’annualità 2008, con il quale venne recuperato a tassazione l’intero premio versato, e un atto di contestazione sanzioni, per la medesima annualità, per la mancata dichiarazione degli investimenti esteri.
I ricorsi proposti dal contribuente avverso i due atti vennero, previa riunione, accolti dalla Commissione tributaria provinciale la quale ritenne che l’Ufficio non avesse provato il presupposto della pretesa impositiva.
La decisione, appellata da entrambe le parti, veniva confermata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), con la sentenza oggi impugnata.
Il giudice tributario di appello, rigettate preliminarmente le eccezioni di inammissibilità dell’impugnazione sollevate dall’appellato, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dal contribuente, riteneva che, nel caso in esame, si fosse verificata la decadenza dal potere accertativo, in ragione della rilevata irretroattività dell’art.12, comma 2, del d.l.n.78 del 2009.
In ordine all’atto di contestazione e irrogazioni delle sanzioni la C.T.R. rilevava che, nella fattispecie, non era dato individuare la consistenza delle disponibilità estere alle quali commisurare la sanzione, poiché di dette disponibilità in capo al contribuente non era stata offerta alcuna prova adeguata.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso su unico motivo.
A.P.T. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, su quattro motivi, illustrato da successiva memoria.
La Sesta Sezione Civile – sottosezione tributaria, rilevato che sulla questione della natura procedimentale dei termini previsti dall’art.12, comma 2 bis e comma 2 ter del d.l. 1 luglio 2009 n.78 si erano delineati orientamenti difformi nella giurisprudenza di questa Corte, ha rimesso la causa a questa Sezione ordinaria.
Su istanza della difesa del contribuente la causa è stata, quindi, inviata per la discussione alla pubblica udienza del 14 dicembre 2022, in prossimità della quale il controricorrente-ricorrente incidentale ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo del ricorso principale l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art.360, primo comma, num.3 cod.proc.civ., la falsa applicazione dell’art.12, commi 2 bis e 2 ter del d.l. 1 luglio 2009 n.78, degli artt.3 della legge n.27 luglio 2000 n.212 e 12 disp. prel. cod. civ., laddove la C.T.R. aveva statuito l’illegittimità del raddoppio dei termini previsto dall’art.12, comma 2 ter, d.l. n. 78 del 2009, norma non applicabile retroattivamente.
2.Con il controricorso si deduce l’inammissibilità della censura, per violazione del principio di autosufficienza, e l’esistenza di un giudicato interno, per omessa impugnazione da parte dell’Agenzia delle entrate, sia sul capo della sentenza impugnata afferente l’atto di contestazione sanzioni, sia sul merito della pretesa tributaria, sulla quale la C.T.R. si era pronunciata.
2.1. Con la memoria il controricorrente/ricorrente incidentale ha evidenziato la sopravvenienza di altro giudicato, questa volta esterno, costituito dalla sentenza della Commissione tributaria regionale n. 2597/2021 del 9.7.2021, intervenuta tra le parti e passata in cosa giudicata (come da attestazione in calce), che con riferimento agli avvisi di accertamento notificati al Sig. T. per gli anni successivi (2009-2010-2011-2012-2013) aveva affermato l’infondatezza, nel merito, della pretesa creditoria dell’Ufficio, peraltro, esaminando i medesimi documenti depositati dall’Ufficio nel giudizio afferente l’annualità 2008.
3. Le eccezioni con le quali si è dedotta la sussistenza di giudicati interni sono fondate e comportano l’inammissibilità del ricorso principale sia pure lo stesso sia, in tesi, fondato. Il contrasto nella giurisprudenza sezionale, ravvisato con l’ordinanza di remissione alla Sezione ordinaria, infatti, è stato risolto e superato, anche dalla stessa sottosezione sesta, con successive pronunce le quali hanno tutte ribadito il principio a tutt’oggi seguito, messo a fuoco da Cass., 14/11/2019 n. 29632 secondo cui <<La presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall’art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv., con modif., dalla l. n. 102 del 2009, in vigore dal 1° luglio 2009, non ha natura procedimentale ma sostanziale – sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione – con la conseguenza che essa non ha efficacia retroattiva. Viceversa, hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, le previsioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter del medesimo art. 12, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicché esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore (il 1° luglio 2009), quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2.>>.
3.1. Il ricorso principale, però, come già anticipato, è centrato esclusivamente su tale questione, censurando unicamente il relativo capo di sentenza che, nel dichiarare la decadenza dalla potestà impositiva, ha sancito la irretroattività tout court della normativa in esame, mentre, non attinge, in alcun modo, il capo della sentenza con cui la C.T.R., nel confermare l’annullamento dell’atto di contestazione e irrogazioni delle sanzioni (già disposto dal primo giudice), ha motivato anche nel merito della pretesa tributaria, ritenendola priva di alcun supporto probatorio.
In particolare, come è dato leggere dalla sentenza impugnata, la C.T.R. ha constatato che …nella presente fattispecie neppure potrebbe individuarsi la consistenza delle disponibilità estere alle quali commisurare la sanzione poiché della sussistenza stessa di dette disponibilità in capo al contribuente appellato non è stata offerta prova adeguata e sono queste restate meramente ipotetiche; è, infatti, il caso di richiamare quanto già osservato dall’antecedente Commissione in ordine alla mancata allegazione non solo della polizza assicurativa ma anche della scheda nominativa asseritamente trasmessa e di ogni altro documento genericamente richiamato, attraverso il cui esame dovrebbe, a dire dell’Ufficio, trarsi riscontro della riferibilità al T. degli importi che sarebbero stati versati nel marzo 2008 quale premio formalmente assicurativo.
3.2 Dal tenore di tale argomentazione, ulteriormente integrata dalla C.T.R. con la constatazione dell’assoluta mancanza di qualsiasi elemento, finanche in via solo indiziaria, idoneo a comprovare che il contribuente detenesse all’estero attività per il quale fosse obbligato a effettuare la dichiarazione, appare evidente che il Giudice di appello, sebbene, ai fini dell’annullamento dell’atto di contestazione delle sanzione, abbia escluso a monte la fondatezza della pretesa tributaria, nel merito, con accertamento in fatto rilevante anche sull’avviso di accertamento ai fini IRPEF (già annullato nel merito dalla C.T.P con conferma da parte della C.T.R. seppure con la diversa motivazione, dell’inapplicabilità per irretroattività della norma di cui all’art.12, comma 2, del d.l. n.78 del 2009).
3.3 Orbene, tale specifico accertamento in fatto e l’argomentazione relativa all’annullamento dell’atto di contestazioni delle sanzioni non risultano, come già sopra rilevato, attinti dal ricorso dell’Agenzia delle entrate che, pertanto, va dichiarato inammissibile.
4. Tale declaratoria, con conferma integrale della sentenza impugnata, assorbe l’esame del primo (rubricato sub 5) e del secondo (rubricato sub 6) motivo del ricorso incidentale, mentre il terzo (rubricato sub 7) e il quarto motivo (rubricato sub 8) vanno rigettati.
4.1. Con tali ultimi due motivi, il ricorrente incidentale lamenta un’omessa pronuncia sullo specifico motivo di appello incidentale avente a oggetto la compensazione delle spese, disposta dalla C.T.P., (terzo motivo) e, in subordine, qualora si volesse ritenere che la C.T.R. avesse implicitamente pronunciato, la violazione e falsa applicazione dell’art.15 d.lgs. n.546 del 1992, laddove non sussistevano le “gravi ed eccezionali ragioni” legittimanti la compensazione (quarto motivo).
4.2. Va esclusa l’omessa pronuncia, in quanto come evincibile dalla motivazione resa dalla C.T.R. (e rilevato dallo stesso controricorrente-ricorrente incidentale) i motivi dell’appello incidentale sono stati ritenuti assorbiti, con una implicita pronuncia di rigetto rispetto alla quale non si ravvisa la dedotta violazione di legge, vista la specifica argomentazione svolta dal Giudice di appello in ordine alle ragioni giustificatrici della compensazione delle spese del grado.
In materia, infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, applicato anche con riguardo all’art.15 del d.lgs. n. 546 del 1992, (v., tra le altre di recente, Cass.n. 15495 del 16/05/2022) << in tema di spese legali, la compensazione per “gravi ed eccezionali ragioni”, sancita dall’art. 92, comma 2, c.p.c., come riformulato dalla l. n. 69 del 2009 (“ratione temporis” applicabile), nei casi in cui difetti la reciproca soccombenza, riporta a una nozione elastica, che ricomprende la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso e che può essere conosciuta dal giudice di legittimità ove il giudice del merito si sia limitato a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, restando in tal caso violato il precetto di legge e versandosi, se del caso, in presenza di motivazione apparente. Tuttavia il sindacato della Corte di cassazione non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di là delle ipotesi in cui all’affermazione del giudice non corrispondano le evidenze di causa o alla giurisprudenza consolidata>>.
4.3. Nel caso in esame, emerge evidente dagli atti di causa e dalla giurisprudenza, che, come espressamente enunciato con riguardo alle spese del grado dalla C.T.R., nella fattispecie controversa le ragioni gravi ed eccezionali che giustificavano la compensazione trovavano legittima giustificazione nelle forti oscillazioni interpretative che hanno caratterizzato i profili di diritto e dei contrasti per non breve tempo registratesi anche in sede di legittimità.
5. In conclusione, il ricorso principale va dichiarato inammissibile e il ricorso incidentale va assorbito (quanto ai primi due motivi) e rigettato per i restanti.
6. Le spese seguono la maggiore soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
7. Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass.n.1778 del 29/01/2016).
8. Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbe il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, rigettando i restanti.
Condanna l’Agenzia delle entrate alla rifusione in favore del controricorrente delle spese processuali liquidate in complessivi euro 8.000,00 (ottomila), oltre euro 200 per esborsi, rimborso spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.P.R. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
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