COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Lazio sentenza n. 982 sez. 17 depositata il 2 marzo 2017
Massima
E’ legittimo l’operato dell’Ufficio che, sulla base di una dettagliata e puntuale relazione di stima eseguita dall’Agenzia del Territorio, aveva provveduto ad elevare il valore di un complesso immobiliare e di conseguenza a ricalcolare l’imposta di registro. I giudici romani, ribaltando la pronuncia del giudice di prime cure, si riallacciano, infatti, a quanto a chiare lettere affermato dalla Corte di Cassazione secondo la quale trattandosi di circostanze tendenti a incrinare l’efficacia probatoria di una perizia dell’Agenzia del Territorio è il contribuente gravato dal relativo onere della prova e non si può limitare a contestare la pretesa con affermazioni generiche e non dimostrate, “senza offrire specifiche argomentazioni critiche ed omettendo di indicare concreti elementi atti a sostenere un diverso opinamento” (Cass. n. 339/2006).
La presente controversia ha come oggetto l’avviso di rettifica e liquidazione n. — emesso ai sensi degli artt. 51 e 52 DPR 131/1986, in relazione all’atto di compravendita a rogito del Notaio C. di Roma, registrato il 28/04/2010, serie —, avente ad oggetto la compravendita di un fabbricato, in comune di Pietrasanta, località Fiumetto, viale —. Fabbricato comprensivo di impianti fissi ad uso alberghiero denominato “—” sviluppantesi su cinque piani f.t., oltre al piano seminterrato e al piano delle coperture serviti da tre corpi scala, di cui una scala di sicurezza e tre ascensori, il cui valore dichiarato di euro 10.000.000,00 era accertato dall’Ufficio in euro 12.090.000,00 sulla base della stima dell’Agenzia del territorio, Ufficio Provinciale di Lucca.
La R. s.r.l. e la L. s.p.a. impugnavano il predetto avviso di liquidazione per chiederne, con varie motivazioni, l’annullamento.
La Commissione Tributaria Provinciale di Roma la quale con sentenza, n. 15091/59/15 accoglieva il ricorso, con compensazione delle spese.
I giudici di prime cure così motivavano la propria decisione: “la divergenza tra il prezzo dichiarato e quello stimato dall’Agenzia è modesto, in rapporto all’entità complessiva della somma, e che il criterio seguito dall‘ufficio, che è sganciato sia dal valore di mercato che dal valore venale del bene, prevede un calcolo macchinoso ed opinabile. A ciò si aggiunga che l’Agenzia delle Entrate nei costituirsi si è limitata a una mera comparsa di stile, senza chiarire le ragioni alla base della scelta del criterio di stima seguito”
Avverso detta sentenza propone appello l’Agenzia delle entrate D.p. I di Roma per chiederne la riforma, sostenendo la regolarità del proprio accertamento, in quanto basato su una puntuale relazione di stima OMI effettuata con sopralluogo.
Non risultano presentate controdeduzioni da parte delle società contribuenti.
La causa, non essendo stata presentata istanza di trattazione in pubblica udienza, viene decisa con procedimento camerale.
Questa Commissione ritiene che l’appello dell’Agenzia delle entrate sia fondato e vada, pertanto, accolto.
E, invero non può condividersi la decisione del primo giudice che ha ritenuto che l’Ufficio si sarebbe limitato a una mera comparsa di stile, senza chiarire le ragioni alla base del criterio di stima seguito.
In realtà l’avviso posto in essere dall’Ufficio si basa su una dettagliata e puntuale relazione di stima redatta dall’Agenzia del Territorio Ufficio Provinciale di Lucca. Detta stima è stata eseguita sulla base della documentazione catastale, verificata a campione, in sede di sopralluogo. La metodologia estimativa adottata, atteso che scopo della stima è la determinazione del valore di mercato del complesso turistico recettivo, e tenuto conto delle particolari condizioni di mercato, è stata quella del c.d. “valore di riproduzione deprezzato”.
Nella stima, quindi, si è tenuto conto dell’importanza del complesso immobiliare turistico compravenduto, e non risulta essere stata elaborata sulla base di un semplicistico calcolo del valore di mercato o del valore venale del bene, equiparando tale la compravendita di un semplice appartamento.
Nell’elaborato, che ha anche il merito di essere stato effettuato con sopralluogo, è stato calcolato il valore di mercato sulla base della formula per cui il valore di mercato è dato dalla sommatoria del costo dell’area e relativi oneri indiretti (indicando espressamente come il costo dell’area può essere determinato, che nel caso di specie non può essere per comparazione in assenza di dati di mercato e quindi deve essere utilizzato un metodo di calcolo sommario “individuando il rapporto di complementarietà tra il valore del fabbricato ed il valore del suolo”, considerando anche il costo di costruzione e relativi oneri indiretti.
Nella sostanza, la stima dell’Ufficio del Territorio di Lucca rappresenta un indubbio elemento motivazionale e di prova a fondamento della pretesa dell’Ufficio, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte, tenuto anche conto che i ricorrenti nulla di concreto portano a sostegno e a conforto delle loro tesi.
Al riguardo, non sembra inutile ricordare che la Suprema Corte ha più volte ribadito che il contribuente, trattandosi di circostanze tendenti a incrinare l’efficacia probatoria di un mezzo legittimamente disposto e acquisito agli atti di causa (perizia UTE), è dunque gravato dal relativo onere della prova e non si può limitare a contestare la pretesa con affermazioni generiche e non dimostrate, “senza offrire specifiche argomentazioni critiche ed omettendo di indicare concreti elementi atti a sostenere un diverso opinamento” (Cass. n. 339/2006): come avvenuto nel caso di specie.
In definitiva, l’appello dell’Ufficio deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della prima sentenza, deve essere dichiarato legittimo ed efficace l’avviso di rettifica e liquidazione impugnato.
Le spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza, vanno posta a carico delle parti soccombenti e vanno liquidate come in dispositivo.
La Commissione tributaria regionale del Lazio – Sezione 17a, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, così dispone:
“Accoglie l’appello dell’Ufficio e condanna le società contribuenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 2.000,00”.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017.
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