Corte di Cassazione ordinanza n. 22451 depositata il 15 luglio 2022
accertamento bancario – onere della prova
RILEVATO CHE
– F.G. aveva proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale era stato rideterminato il suo reddito da lavoro autonomo per l’anno d’imposta 2005 ed accertate maggiori imposte IPEF, addizionale regionale, addizionale comunale, IRAP e IVA, oltre a sanzioni e interessi;
– la CTP di Chieti aveva accolto il ricorso per la violazione del contraddittorio, per avere il contribuente giustificato i versamenti e i prelevamenti contestati, perché le dichiarazioni dei soggetti interpellati non apparivano veritiere e l’interposizione fittizia della madre era smentita dalle giustificazioni fornite con riferimento alle movimentazioni bancarie, mentre l’Ufficio non aveva controdedotto a tali rilievi in modo puntuale, limitandosi ad affermare la mancanza di documentazione probatoria;
– la CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della predetta CTP, evidenziando che:
– il primo giudice aveva correttamente accolto il ricorso, rilevando la carenza istruttoria e motivazionale della verifica fiscale, con particolare riferimento alla mancata considerazione delle giustificazioni del contribuente;
– l’Amministrazione non poteva limitarsi ad affermare genericamente la mancanza di documentazione idonea a giustificare i movimenti sul conto, ma avrebbe dovuto concedere un termine al contribuente per integrarla;
– le indicazioni sui movimenti bancari e sulla loro provenienza erano già in molti casi evincibili dalle loro causali e comunque erano state giustificate o non contestate dall’Amministrazione;
– l’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
– F.G. resisteva in giudizio con controricorso e proponeva ricorso incidentale condizionato, affidato a cinque motivi, depositando memoria ex art. 380-1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo, la ricorrente principale deduce la violazione e falsa applicazione degli 6, commi 2 e 5, 10, comma 1, 12, commi 4 e 7 della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto violate le norme sul contraddittorio, benchè fosse stato rispettato il termine dilatorio di cui all’art. 12 della l. n. 212 del 2000 e l’Ufficio non avesse l’obbligo di invitare il contribuente a fornire eventuali documenti mancanti, non essendo nella specie applicabile l’art. 6, comma 5, della l. n. 212 del 2000;
– con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973, 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente invertito l’onere della prova, limitandosi ad accogliere in maniera apodittica le argomentazioni del contribuente che non aveva fornito la prova specifica ed analitica per ogni movimentazione bancaria accertata;
– preliminarmente vanno rigettate, in quanto infondate, le eccezioni di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire, proposte dal controricorrente, in quanto sui capi della sentenza riguardanti l’asserita interposizione fittizia della madre del contribuente e sul difetto di motivazione dell’avviso di accertamento non si è affatto formato il giudicato, dovendosi ritenere che l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate (che ricalca, nella sostanza, le censure dell’odierno ricorso) comprenda anche i predetti rilievi;
– ciò premesso, entrambi i motivi del ricorso principale sono fondati;
– per quanto riguarda la ritenuta violazione del contraddittorio, occorre rilevare che, in tema di accertamento delle imposte, la ricostruzione della base imponibile, mediante le risultanze degli accertamenti bancari ex art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, non è subordinata al contraddittorio con il contribuente, anticipato alla fase amministrativa, in quanto l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce per l’Ufficio una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non un obbligo, sicché dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti (ex plurimis, Cass. 20.12.2019, 34209);
– contrariamente a quanto affermato dalla CTR, quindi, l’Amministrazione finanziaria non aveva alcun obbligo di sollecitare ulteriormente il contribuente ad integrare la documentazione giustificativa dei movimenti bancari, che aveva ritenuto insufficiente;
– merita accoglimento anche la seconda censura riguardante la distribuzione dell’onere della prova negli accertamenti bancari;
– secondo un indirizzo ormai consolidato di questa Corte, infatti, qualora l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass. nn. 22179/2008, 18081/2010, 15857/2016, 4829/2015); ciò vale anche in tema di IVA, al fine di superare la presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle movimentazioni bancarie posta a carico del contribuente dall’art. 51, secondo comma, numero 2, del DPR n.633/1972 (Cass. n. 21303/2013);
– la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dall’art. 38 del P.R. n. 600 del 1973, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia allo stesso art. 32, comma 1, n. 2; fermo restando che, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (Cass. n. 29572 del 2018);
– il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici e il giudice di merito deve “individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative” (Cass. 11102 del 2017);
– nella specie, la CTR si è ingiustificatamente sottratta alle attività sopra descritte, non avendo illustrato le ragioni della decisione assunta, avendo omesso di chiarire, in maniera dettagliata, su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuta alla propria determinazione;
– i giudici di appello si sono limitati ad affermare in maniera apodittica il superamento da parte del contribuente della presunzione legale posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, senza spiegarlo, con riferimento a ciascuno degli elementi probatori indicati dal contribuente e con specifico riferimento alle singole poste accertate come ricavi non dichiarati;
– l’accoglimento del ricorso principale impone di esaminare i cinque motivi del ricorso incidentale condizionato;
– con il primo motivo, il ricorrente incidentale deduce, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per avere omesso di esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dall’Ufficio, per genericità dei motivi;
– il motivo è infondato, avendo il ricorrente incidentale sollevato una questione meramente processuale, che non può dar luogo ad un vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito (cfr. Cass. n. 6174 del 14.03.2018; Cass. 321 del 12.01.2016; Cass. n. 4191 del 24.02.2006; Cass. n. 22860 del 6.12.2004);
– con il secondo motivo, deduce la stessa doglianza, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., per il mancato accertamento dell’inammissibilità dell’appello proposto dall’Ufficio;
– anche questo motivo è infondato, posto che il vizio di omessa pronuncia non può mai ricorrere, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata abbia implicitamente statuito sul medesimo (Cass. 6.12.2017, n. 29191);
– ed invero, la sentenza impugnata, nel valutare nel merito i motivi posti a fondamento dell’appello, ha rigettato implicitamente l’eccezione di inammissibilità del gravame;
– con il terzo motivo, deduce, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per non essersi pronunciata sull’illegittimità dell’avviso di accertamento per inattendibilità dei processi verbali giornalieri;
– con il quarto motivo, deduce, in relazione all’art. 112 proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per non essersi pronunciata sull’illegittimità dell’avviso di accertamento per illegittimità dell’attività di verifica;
– con il quinto motivo, deduce, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per non essersi pronunciata sull’illegittimità dell’avviso di accertamento per mancanza dei presupposti di legittimo esperimento delle indagini finanziarie;
– i predetti motivi sono tutti inammissibili, per carenza di interesse, posto che, secondo il costante orientamento di questa Corte, “il ricorso incidentale per cassazione, anche se qualificato come condizionato, presuppone la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata completamente vittoriosa nel giudizio di appello; quest’ultima, del resto, non ha l’onere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice d’appello, poiché l’eventuale accoglimento del ricorso principale comporta la possibilità che dette domande o eccezioni vengano riesaminate in sede di giudizio di rinvio” (Cass. 5.01.2017, 134, Cass. 23.07.2018, n. 19503);
– in conclusione, va accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale; la sentenza impugnata va cassata con riferimento al ricorso accolto e rinviata alla CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, per nuovo esame e anche per le spese del presente procedimento.
– si dà atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia alla CTR dell’Abruzzo – sezione staccata di Pescara, in diversa composizione, per nuovo esame e anche per le spese del presente procedimento.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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