COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Milano sentenza n. 2842 sez. 1 del 25 giugno 2015
CONTENZIOSO TRIBUTARIO – INVALIDITA’ DERIVATA ATTI IMPOSITIVI – IL GIUDICE TRIBUTARIO SEGNALA IL POSSIBILE DANNO ERARIALE ALLA CORTE DEI CONTI
I contribuenti C.M. & C. Snc, C.M., C.M.C. hanno tempestivamente appellato la sentenza in epigrafe e con successiva memoria, depositata l’11 giugno 2015, hanno eccepito la nullità degli avvisi di accertamento di cui è causa per difetto assoluto di attribuzione, atteso che “Gli avvisi di accertamento notificati alla società ed a C.M. portano la firma di F.F., Capo Ufficio Controlli, su delega di P.P., Direttore Provinciale, mentre quelli notificati a C.M.C. portano la firma di F.F., per il Direttore Provinciale P.P.”, che non risulta avere la qualifica di dirigente dell’Agenzia delle Entrate di prima o di seconda fascia.
Osserva la Commissione che l’eccezione di parte privata circa l’asserito vizio invalidante dell’atto impositivo impugnato, in quanto sottoscritto da soggetto non legittimato, è preliminare e dirimente.
Con sentenza n. 37, del 17 marzo 2015 – efficace ex tunc per tutti i rapporti non precedentemente definiti, attesane la natura dichiarativa – la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97:
1) dell’art. 8, comma 24, del D.L. n. 16 del 02/03/2012, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 44 del 26/04/2012;
2) dell’art. 1, comma 14, del D.L. n. 150 del 30/12/2013, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 15 del 27/02/2014;
3) dell’art. 1, comma 8, del D.L. n. 192 del 31/12/2014.
Quindi, il conferimento di incarichi dirigenziali pubblici a persone di stretta fiducia a mezzo di insondabili cooptazioni – e non a seguito di trasparente concorso pubblico – per la natura privatistica dello strumento è conclamatamente inapplicabile ad un ente pubblico non economico, titolare esclusivo e generale del potere impositivo statale, costituendo, altresì, palese violazione del diritto ad una buona amministrazione, di cui all’art. 41 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
A tale sentenza – che conferma la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale secondo la quale “nessun dubbio può nutrirsi in ordine al fatto che il conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito di un’amministrazione pubblica debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso e che il concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio. Anche il passaggio ad una fascia funzionale comporta l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso” (C. cost. sent. nn. 194/2002, 293/2009, 150/2010, 7/2011 e 217/2012) – consegue la decadenza dall’incarico dirigenziale, con effetto retroattivo, di tutti coloro che sono stati nominati in base alle succitate norme dichiarate incostituzionali e, di conseguenza, l’invalidità derivata di tutti gli avvisi di accertamento da costoro sottoscritti, personalmente o su delega, per incompetenza assoluta in difetto di attribuzione (art. 21 septies L. 241/90: “è nullo il provvedimento amministrativo … che è viziato da difetto assoluto di attribuzione … “; trattasi di cd. “inesistenza giuridica”. Cass. sent. n. 12104/2003).
Infatti, ritenuta la competenza misura dell’attribuzione di funzioni e poteri, come quelli dirigenziali, e che l’esercizio della competenza può essere spostato in capo ad altri soggetti a mezzo di rituale delega, relativamente ai casi di usurpazione di funzioni pubbliche sia dei deleganti che dei delegati decaduti per la citata sentenza, per il loro illegittimo esercizio di funzioni dirigenziali, si versa nell’ipotesi dello straripamento di potere.
Tutti gli atti sottoscritti da dirigenti decaduti, pertanto, sono afflitti da una nullità assoluta ed insanabile, che può quindi essere rilevata in qualunque stato e grado del giudizio, anche d’ufficio; non sono quindi accoglibili eccezioni in ordine all’ammissibilità o meno di domanda nuova, atteso che la sentenza della Corte costituzionale è sopravvenuta agli atti introduttivi del presente giudizio, e non è mai applicabile l’art. 156 c.p.c. (in virtù del rinvio dinamico di cui all’art. 1, c. 2 d.lgs. 546/92) perché gli atti amministrativi impugnabili non sono “atti del processo”.
La sentenza della C.G.U.E. sulle cause riunite Kamino – Datema, ritiene che chi contesta la violazione di una norma deve provare il pregiudizio che la violazione gli ha in concreto arrecato (prova di resistenza sulla rilevanza causale del vizio) e se la violazione contestata riguarda la sottoscrizione dell’atto, la prova fattuale è in re ipsa, per cui chi contesta un vizio formale – come la riferibilità dell’atto al rappresentante organico (o suo delegato) dell’ente cui è stato attribuito il potere impositivo – non è tenuto ad allegare alcunché a dimostrazione dello specifico pregiudizio subito.
Prima ancora della sopra richiamata sentenza costituzionale, già in data 7/3/2013 la Ctp di Messina si era pronunciata sugli atti sottoscritti dai «dirigenti illegittimi» la cui nomina era stata sospesa dal Tribunale di Messina con sentenze del 20 aprile 2011 e del 14 marzo 2012, in quanto “effettuata in violazione delle procedure concorsuali previste dalla legge”, ritenendo che “gli atti in questione mantengono validità se favorevoli al privato” (come, per esempio, i rimborsi o i riconoscimenti di crediti d’imposta) in applicazione del principio di apparenza – è questo il caso in cui può parlarsi propriamente di funzionario di fatto – mentre sono “illegittimi […] per difetto di competenza se sfavorevoli” al cittadino-contribuente (come gli avvisi di accertamento. C. di S. sent. nn. 6/1993 e 853/1999) il quale, quindi, ha un interesse diretto, concreto ed attuale a farli dichiarare tali, eventualmente anche previa disapplicazione di presupposti atti organizzativi ritenuti illegittimi ex art. 7, c. 5, d.lgs. 546/92.
Mentre per la rilevanza interna degli atti endoprocedimentali è sufficiente la sottoscrizione del funzionario, addetto con un mero ordine di servizio contenente disposizioni organizzative, gli atti aventi rilevanza esterna come gli avvisi di accertamento devono essere emessi dalla Direzione provinciale e sottoscritti dal relativo legittimo Direttore o, per formale delega di questi, dal sottoposto Capo dell’Ufficio controllo – ovvero da altro dirigente e/o funzionario – che possieda legittimamente la qualifica dirigenziale o meramente direttiva, a seconda del livello (dirigenziale o direttivo) regolamentato in funzione della rilevanza della sede: ad esempio, una medesima articolazione funzionale come l'”Ufficio controllo”, potrebbe essere stato costituito di livello dirigenziale a Milano e meramente direttivo altrove.
Lo Statuto dell’Agenzia delle Entrate, approvato con delibera del Comitato Direttivo n. 6 del 13 dicembre 2000 ed aggiornato fino alla delibera del Comitato di gestione n. 11 del 21 marzo 2011 nonché il Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, approvato con delibera del Comitato direttivo n. 4 del 30 novembre 2000 ed aggiornato fino alla delibera del Comitato di gestione n. 57 del 27 dicembre 2012, all’art. 5, commi 5 e 6, prevedono che: “Le direzioni provinciali sono uffici di livello dirigenziale. In relazione alle dimensioni della direzione provinciale possono, inoltre, costituire posizioni di livello dirigenziale le strutture interne; l’individuazione di tali posizioni è effettuata con atto del Direttore dell’Agenzia” e che “Gli avvisi di accertamento sono emessi dalla direzione provinciale e sono sottoscritti dal rispettivo direttore o, per delega di questi, dal direttore dell’ufficio preposto all’attività accertatrice ovvero da altri dirigenti o funzionari, a seconda della rilevanza e complessità degli atti”.
Secondo l’art. 42, c. 1 e 3 del d.P.R. 600/73 e 56, c. 1, d.P.R. 633/72, poi, è nullo l’accertamento che non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui validamente delegato; pertanto, una tale delega, per essere valida postula necessariamente una doppia legittimazione: del direttore provinciale diligente delegante (nemo transferre potest quod non habet nec plus quam habet) e del capo ufficio controlli dirigente/funzionario delegato; alla luce di tutto quanto sopra, questo Collegio non può che rilevare la nullità assoluta per straripamento di potere dell’atto di accertamento di cui è causa, atteso che esso è stato sottoscritto da soggetto divenuto usurpatore di funzioni pubbliche per sopravvenuto retroattivo difetto assoluto di attribuzione. I restanti motivi dell’appello rimangono assorbiti.
Questa Consesso, infine, non può non porsi il problema relativo al danno erariale costituito dal mancato introito per l’annullamento degli avvisi di accertamento di cui è causa (vds. d.lgs. 300/99, art. 61, c. 4: “La Corte dei Conti esercita il controllo sulla gestione finanziaria delle agenzie, con le modalità previste dalla legge 21 marzo 1958, n. 259 …” ed art. 69, c. 1, “per altre gravi ragioni di interesse pubblico, con decreto dei presidente del consiglio dei ministri su proposta del ministro delle finanze può essere nominato un commissario straordinario) e pertanto, considerato che il giudice collegiale tributario (pubblico ufficiale ex art. 357 c.p.) ha un obbligo giuridico diretto (ex art. 83 L. 1240/1923, art. 53 c. 2 e 3 r.d. 1214/1934, artt. 20 e 21 t.u. 3/1957, art. 1 c. 3 L. 20/94) di trasmettere alla Procura della Corte dei conti un rapporto su eventuali responsabilità per danno erariale, nonché alla Procura della Repubblica (ex art. 331 c.p.p.) denuncia per eventuali rilievi penali e che responsabilità contabili e penali incombono direttamente anche sul giudice collegiale tributario che abbia omesso le doverose denuncie (361 c.p.), manda – per debito d’ufficio e per quanto di propria rispettiva ritenuta competenza – alla segreteria di sezione per la trasmissione in copia del fascicolo di causa alle locali Procure della Repubblica, contabile e penale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, dichiara nullo l’impugnato provvedimento.
La novità della questione, conseguente ad una invalidità sopravvenuta con efficacia ex tunc, costituisce valido motivo per la compensazione delle spese del grado.
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