COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di Milano sez. 13 del 21 settembre 2016
CONTESTAZIONE – IRROGAZIONE DELLA SANZIONE – TERMINI – POSSIBILITA’ DEL COSIDDETTO “RADDOPPIO” – ONERE DELLA DENUNCIA – NECESSITÀ CHE SIA INTERVENUTA PRIMA DELLA SCADENZA DEL TERMINE ORIGINARIO – SUSSISTE – LEGGE DI STABILITÀ 2016
Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale II di Milano, notificava alla società X. s.p.a. (d’ora in poi: X.) l’atto di contestazione n. …/X. con cui l’ufficio erariale irrogava, per l’anno 2005, la sanzione amministrativa di euro …, per l’omessa regolarizzazione delle fatture d’acquisto, prevista dall’art. 6, comma 8, d.lgs. 471 del 1997, oltre alla sanzione di euro … per l’irregolare tenuta delle scritture contabili, prevista dall’art. 9 del d.lgs. 471/1997 cit. Avverso il detto atto di contestazione, la contribuente produceva deduzioni difensive in data 4 marzo 2013. L’Agenzia delle Entrate, lette le deduzioni, confermava l’atto di contestazione emettendo il provvedimento di irrogazione di sanzioni n. Y., anno di imposta 2005, per il complessivo importo di euro … (atto notificato in data 31 gennaio 2014).
Con atto di ricorso presentato davanti alla CTP di Milano, iscritto al n. …/14, del 7 aprile 2014, la … impugnava il provvedimento sanzionatorio chiedendone l’annullamento. Premetteva di avere impugnato altro atto, un avviso di accertamento, nell’ambito di un giudizio conclusosi davanti alla CTP di Milano con l’integrale accoglimento del ricorso (sentenza n. 375/05/2013). Riferiva, dunque, in via pregiudiziale, di invocare la nullità dell’atto di irrogazione per intervenuta decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere sanzionatorio. Nel merito, la ricorrente svolgeva deduzioni difensive atte a contrastare la pretesa erariale. L’Agenzia delle Entrate si costituiva resistendo alla domanda e chiedendone il rigetto.
La Commissione Tributaria Provinciale di Milano definiva la lite con sentenza n. 6525 del 29 giugno 2015 (Pres. Bichi, rel. Petrone) annullando il provvedimento impugnato, ritenendo che l’ufficio erariale fosse decaduto dal potere sanzionatorio. In data 1 marzo 2016, interponeva appello l’Agenzia delle Entrate; resisteva la …
Diritto
Giova rilevare come la questione di rito sia preliminare e debba, dunque, essere esaminata in via prioritaria. Nei fatti, è pacifico e non contestato che l’atto di irrogazione delle sanzioni è stato formato e notificato dall’ufficio erariale a scadenza del termine previsto dalla normativa vigente a pena di decadenza. Testo normativo di riferimento è il d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, quanto a dire il corpus iuris recante le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie. Ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. cit. (come vigente ratione temporis), “l’atto di contestazione o l’atto di irrogazione devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi”. Nel caso di specie, l’ultimo inciso (diverso termine eventualmente previsto) non muta il quantum di tempo per la decorrenza della decadenza, registrandosi coincidenza di termini (v. d.P.R. 600 del 1973, art. 43; v. d.P.R. 633 del 1973, art. 57). Al lume dei termini sopra indicati, l’irrogazione della sanzione, notificata in data 31 gennaio 2014 è tardiva (il termine è spirato in data 31 dicembre 2010). Sull’omesso rispetto del termine fisiologico di decadenza non si registra invero alcuna contestazione. Nemmeno contestazioni sussistono su un altro elemento della fattispecie sottoposta al giudizio di questa Commissione: dopo la scadenza del termine sopra indicato, l’ufficio pubblico ha inoltrato denuncia di reato ex artt. 331 c.p.p., d.lgs. 74/200 alla Procura della Repubblica. E attorno a tale elemento fattuale che le parti propongono diverse letture ermeneutiche. La questione giuridica che anima la lite attiene, infatti, alla possibilità di applicare o non l’istituto del c.d. raddoppio dei termini, come noto inserito nell’art. 43 d.P.R. 600 del 1973 e nell’art. 57 d.P.R. 633 del 1972, ad opera del decreto legge n. 223 del 2006. In virtù di detto istituto, “in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, termini (X.) sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione». L’istituto è stato modificato dal d.lgs. n. 128 del 2015 con ius superveniens non applicabile nel il caso di specie (poiché norma successiva) ma rilevante ai fini interpretativi. Il legislatore ha infatti aggiunto che «il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti». Con la cennata previsione, il legislatore ha dato corpo alla delega legislativa contenuta nell’art. 8 comma II della Legge 23 del 2014: «Il Governo è delegato altresì a definire, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, la portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, prevedendo che tale raddoppio si verifichi soltanto in presenza di effettivo invio della denuncia, ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale, effettuato entro un termine correlato allo scadere del termine ordinario di decadenza, fatti comunque salvi gli effetti degli atti di controllo già notificati alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi». Da ultimo, l’istituto è stato infine ancora modificato dalla legge 28 dicembre 2015 n. 208 che ne ha espunto le trame dagli articolati sopra indicati. La detta legge di stabilità, all’art. 1 comma 132, ha in particolare previsto quanto segue: “le nuove disposizioni si applicano agli avvisi relativi al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi. Per i periodi d’imposta precedenti, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Tuttavia, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per alcuno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui al periodo precedente sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione; il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui al primo periodo. Resta fermo quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 5-quater del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, e successive modificazioni”. X. … Negli ultimi anni il Legislatore ha preso posizione nel dibattito concernente l’applicabilità del raddoppio dei termini in caso di denuncia intervenuta a termine spirato e ha risolto il nodo interpretativo escludendo che la proroga (nel doppio) del termine possa intervenire quando la denuncia è presentata a decadenza ormai già intervenuta. Vi è di più: infine, con la cennata Legge 208 del 2015 ha espunto l’istituto del raddoppio dall’Ordinamento.
Come segnala l’appellante, la Corte Costituzionale, come noto, con sentenza n. 247 del 2011, ha avuto modo di prendere posizione sulla questione, con pronuncia, però, non vincolante poiché di rigetto. Con tal decisione, la Consulta ha prefigurato – ai fini del raddoppio dei termini – l’ammissibilità anche di una denuncia successiva alla scadenza del termine di decadenza, discorrendo di un termine ex lege, decorrente ex novo in presenza di una condizione di obiettività.
Un orientamento della giurisprudenza di legittimità ha dato sfogo ai principi enunciati dalla Consulta affermando che, in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nei testi applicabili “ratione temporis”, presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247 del 2011» (v. Cass. Civ. n. 11171 del 2016). Con la legge 208 del 2015, la Dottrina ha messo in risalto il “depotenziamento” dell’efficacia persuasiva del precedente costituzionale: a parere degli Autori, si tratta di «una conclusione che non può essere sovrapposta a quella rilevabile dalla legge 208 del 2015» e che propende per l’adesione al modello interpretativo che suggerisce di interpretare l’istituto del raddoppio, in termini di “proroga” piuttosto che di nuovo termine autonomo.
Al lume di tutte le considerazioni sin qui svolte, questa Sezione intende aderire alle argomentazioni svolte dal primo giudice: consentire al termine di decorrere ex novo, dopo la intervenuta decadenza, equivale a sottoporre il contribuente a un procedimento sanzionatorio attivabile sine die, con pregiudizio per il diritto alla certezza dei rapporti giuridici e con vulnus all’art. 24 della Costituzione. L’indicazione legislativa degli ultimi anni è nel senso di interpretare l’istituto del raddoppio in senso restrittivo, come riferibile ai soli casi di denuncia intervenuta in pendenza del decorso del termine decadenziale e non anche dopo. Una interpretazione diversa, peraltro, creerebbe la coesistenza di situazioni giuridiche soggettive trattate in modo diverso senza alcun elemento razionale giustificante: ossia, quelle per cui continua ad applicarsi il vecchio testo della norma sul raddoppio, come interpretata prima della manipolazione e quelle per cui si applica uno dei nuovi testi come riscritti negli ultimi anni. I gravi profili di possibile incostituzionalità, sono già stati, invero, evidenziati da altri giudici (v. CTP Torino, sentenza 2019/01/2015) con riguardo al regime transitorio del decreto 128 del 2015. È consapevole il Collegio che, in passato, analogo indirizzo qui difeso (v. CTR Lombardia, Milano, sentenza n. 3/11/2015 dell’8 gennaio 2015) non è stato avallato dal giudice di legittimità; d’altro canto, è mutato, nelle more, il panorama legislativo e diversi sono gli spunti per continuare a sostenere la linea interpretativa qui avallata. In primis, il regime transitorio di cui all’art. 1, comma 132, legge 208 del 2015 che applica la regola del raddoppio subordinato alla denuncia intervenuta prima della scadenza del termine, a tutti i periodi di imposta precedenti a quello in corso. In secundis, la presa di posizione della giurisprudenza maggioritaria per la quale il raddoppio dei termini di accertamento opera, anche per il passato, solo se la notizia di reato è stata inviata alla Procura della Repubblica entro la scadenza ordinaria del termine di accertamento. Questo, infatti, è l’orientamento che si sta consolidando nella giurisprudenza tributaria del tutto maggioritaria (C.T.R. Milano sentenza n. 386/2016, C.T.P. Reggio Emilia sentenza n. 90/2016, C.T.R. del Lazio sentenza n. 751/2016, C.T.R. della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, sentenza n. 2838/2016) dopo che la Legge di Stabilità perii 2016 (L. n. 208/15) ha modificato sul tema quanto previsto nell’art. 2 D.Lgs. n. 128/15. Infine, una corretta interpretazione della “matassa” normativa formatasi ad oggi, tenuto conto della successione cronologica dei periodi normativi già illustrati. Come insegna la Dottrina, le norme di diritto intertemporale fanno capo a quel complesso di regole che disciplinano la successione delle norme nel tempo, mentre le norme di diritto transitorio, si riferiscono all’insieme di prescrizioni dettate di volta in volta per regolare gli accadimenti compresi nel periodo in cui si verifica un mutamento legislativo, rivela in questo caso tutta la sua utilità. Nel caso di specie, identico è l’oggetto di saggi legislativi e, dunque, prevalente è la regola introdotta da quello di più recente conio. Ebbene, la norma transitoria contenuta nella Legge di Stabilità 2016, abrogando la “clausola di salvaguardia” contenuta nel precedente D.Lgs. n. 128/15, ha dunque disposto che per gli accertamento aventi ad oggetto i periodi d’imposta precedenti al 2015, il raddoppio dei termini opera soltanto se la comunicazione di reato è intervenuta prima della scadenza dei termini ordinari introdotti a pena di decadenza.
Per effetto di quanto sin qui argomento, l’appello è infondato e va respinto. L’assoluta novità dei temi trattati e la sussistenza di polifonia interpretativa giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
1. Respinge l’appello.
2. Compensa le spese di lite tra le parti.
Manda alla Segreteria per quanto di competenza.
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