Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, sezione 18, sentenza 719 depositata il 6 marzo 2020
accertamento – società ristretta base sociale – presunzione di distribuzione degli utili
FATTO e DIRITTO
La vicenda riguarda avviso di accertamento n. xxxx/2017, in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, addizionale regionale e comunale relativamente al periodo d’imposta 2012, in cui, sulla base della “presunzione di distribuzione degli utili”, gli veniva richiesto il pagamento di complessivi Euro 54.906,27.
In particolare, l’avviso impugnato scaturiva dal maggior reddito accertato per l’anno d’imposta 2012 in capo alla società M.C. Srl (d’ora innanzi anche la “Società”), di cui era socia al 95% la società H.C. Srl (di cui il M., “invece, era socio al 50%): l’avviso rivolto alla società risultava definitivo in quanto non impugnato.
Con il ricorso introduttivo il sig. M. eccepiva la non corretta applicazione della “presunzione di distribuzione degli utili” operata dall’Ufficio.
La sentenza di primo grado, ritenuto l’avviso adeguatamente motivato, riteneva in primo luogo irrilevante che la H. fosse socia della M. al 95% solo dal marzo 2012 e ciò sull’assunto che gli utili formatisi al 31.12.2012 vengono distribuiti nel 2013, momento in cui la H.M. avrebbe dovuto percepire gli utili.
I giudici di prime cure respingono l’eccezione relativa alla mancata allegazione del PVC redatto nei confronti della M.C. s.r.l. e ciò rilevando che l’avviso di accertamento lo riprende nei suoi aspetti essenziali.
D’altra parte, osservano i giudici, la stessa parte ricorrente ha allegato al ricorso copia degli atti ricevuti dalla M.C. s.r.l.
In ordine alla contestazione secondo cui, in difetto di prova di distribuzione, l’emersione degli utili societari resterebbe una manifestazione fiscalmente rilevante solo in capo alla società, la sentenza impugnata ha richiamato l’orientamento della Suprema Corte sulla presunzione di distribuzione per le compagini a ristretta base sociale, restando irrilevante l’invocata estraneità alla gestione societaria da parte del contribuente.
Infine, la sentenza escludeva una doppia imposizione in capo alla società ed in capo al socio e respingeva il ricorso con condanna alle spese di lite.
Appella il sig. M. il quale insiste nell’eccezione di difetto di motivazione dell’avviso impugnato e ciò per la mancata allegazione del PVC alla base dell’avviso notificato alla società.
Ribadisce l’estraneità alla gestione societaria, circostanza che farebbe venire meno la presunzione di riparto degli utili e cita giurisprudenza a sostegno.
Ricorda che analogo avviso nei confronti dell’altro socio sig. T. veniva annullato dalla Commissione Provinciale di Varese.
Ribadisce che alcun utile risulta distribuito, non essendovi prova di flussi finanziari dalla società in suo favore.
Ancora, ricorda che socio della M. era la H., società non oggetto di alcun controllo, e non direttamente il sig. M..
Resiste l’Agenzia rilevando che l’avviso nei confronti della società era ormai definitivo e che esso andava notificato alla società ma non al socio, al quale non doveva essere trasmesso neppure in occasione della notifica del presente avviso di accertamento.
Confuta le ulteriori eccezioni dell’appellante e conclude per il rigetto dell’appello.
L’appello veniva discusso e deciso all’udienza del 12 febbraio 2020.
L’appello va accolto e ciò sulla base di due distinte argomentazioni.
In primo luogo appare fondata l’eccezione di difetto di motivazione.
Se è vero che l’avviso è divenuto definitivo nei confronti della società, è però altrettanto vero che il socio mantiene inalterata la facoltà di contestare l’accertamento emesso nei confronti della società: “in tema di accertamento dei redditi di partecipazione, l’indipendenza dei procedimenti relativi alla società di capitali ed al singolo socio comporta che quest’ultimo, ove abbia impugnato l’accertamento a lui notificato senza aver preso parte al processo instaurato dalla società, conserva la facoltà di contestare non solo la presunzione di distribuzione di maggiori utili ma anche la validità dell’accertamento, a carico della società, in ordine a ricavi non contabilizzati“‘ (Cass. n. 19013/2016; Cass. n. 17966/2013, nelle quali si è affermato che la decisione presa in relazione all’accertamento del maggiore reddito della società di capitali non può svolgere alcuna efficacia di giudicato nei confronti del socio, nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo concernente il maggior reddito da partecipazione).
Ora, se il socio mantiene inalterata la facoltà di contestare nel merito anche l’accertamento nei confronti della società, è allora necessario che l’avviso riguardante il socio contenga tutti gli elementi necessari a comprendere i rilievi sollevati nei confronti della società. Ecco quindi che all’avviso rivolto al socio è allora necessario allegare gli atti fondanti la ripresa nei confronti della società tra cui, come nella fattispecie, il PVC.
Si deve ribadire, quindi, che se l’avviso è definitivo nei confronti della società, esso è comunque contestabile dal socio il cui avviso, pertanto, deve essere valutato sotto l’aspetto motivazionale anche con riferimento agli elementi dell’accertamento prodromico.
L’appello, peraltro, risulta fondato anche sotto altro aspetto.
L’Ufficio fonda l’avviso sulla base della presunzione di riparto degli utili: la giurisprudenza, com’è noto, ha ribadito il principio secondo cui “In materia di imposte sui redditi, nell’ipotesi di società di capitali a ristretta base sociale è ammissibile la presunzione di attribuzione ai soci di utili extracontabili, che non si pone in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il fatto noto non è dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell’assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale” (Cass. n. 15824/2016).
Tale presunzione di riparto, tuttavia, opera solo in caso di società a ristretta base sociale e riguarda il rapporto diretto società soci.
Qui, invece, tale rapporto risulta intermediato dalla presenza di un altro e diverso soggetto giuridico, la H.M. s.r.l., società non sottoposta a controllo. La presenza di tale soggetto rende del tutto inattendibile l’operatività della presunzione invocata dall’Ufficio, non essendovi collegamento diretto tra la M.C. ed il socio M. e non essendo noto se gli utili accertati in capo alla prima siano confluiti in capo alla H .
Le spese di lite seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie l’appello. Condanna l’Ufficio al pagamento di euro 2.500,00 a titolo di spese legali, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cpa, in favore dell’appellante, spese complessive per entrambi i gradi di giudizio.
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