COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per il Piemonte sez. 6 sentenza n. 909 depositata il 8 giugno 2017
Aggio – Legittimità costituzionale – Non sussiste.
Svolgimento del processo
Con ricorso indirizzato alla Commissione Tributaria provinciale di Asti la contribuente RXX MXX ricorreva avverso la cartella di pagamento n. xxx notificata il 13 novembre 2015. Con tale cartella Equitalia Nord pretendeva il pagamento di euro 267.441,00 a titolo di Irpef, 80.443,00 interessi, addizionali e compensi per euro 16.720,00 per un totale di euro 376.304,81.
Col ricorso la contribuente poneva le seguenti censure:
1) illegittima pretesa e liquidazione dell’Irpef – Affermava la contribuente che con atto registrato il 7 gennaio 2007 cedeva il 5% della quota della società GXX con sede in Milano e volendosi avvalere dell’agevolazione prevista dell’art. 5 della legge 448/2001, che prevedeva la possibilità di assumere per le quote o diritti non negoziati nei mercati regolamentati, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore degli stessi attestato da perizia giurata di stima ed il pagamento dell’imposta sostitutiva pari al 2% del predetto valore, la contribuente provvedeva al versamento di euro 12.333,33 in data 30.6.2006. L’Ufficio, ai fini del controllo, richiedeva alla contribuente l’esibizione della perizia asseverata redatta ai sensi della legge 448/200 l. Veniva trasmessa una copia di detta perizia ma l’Ufficio non ne teneva conto e neanche l’esibizione del mod. F24 col pagamento dell’imposta sostitutiva veniva presa in considerazione.
L’Ufficio, con avviso di accertamento xxv rettificava il reddito della contribuente nella somma di euro 646.467,00 e liquidava maggiori imposte oltre alla sanzione dovuta in euro 276.439,00. La contribuente, avverso detto accertamento, ricorreva alla CTP di Genova che emetteva una sentenza favorevole alla contribuente, ed il contenzioso proseguiva con la sentenza 753/01/15 depositata dalla CTR di Genova con la quale veniva stabilito: a parziale riforma della decisione precedente dichiarava la sig.ra RXX tenuta al versamento delle maggiori imposte, riconoscendo la non debenza delle sanzioni.
Equitalia nord Spa notificava alla sig.ra RXX la cartella intimandole il pagamento di quelle somme. La contribuente riteneva la pretesa illegittima in quanto la plusvalenza accertata è puramente teorica e non corrisponde alla capacità contributiva della ricorrente e stessa pagò una imposta sostitutiva per fruire del trattamento agevolato.
2) Inesistenza della notifica a mezzo posta- La notifica della cartella effettuata dall’Agente per la riscossione senza l’intermediazione di uno dei soggetti abilitati dalla legge configura una ipotesi di inesistenza della notifica che determina la nullità della cartella.
3) violazione dell’art. 7 della legge 212/2000- Afferma la ricorrente che detta cartella trae origine da una sentenza emessa col n. 753/01/15della CTR che non viene allegata per cui la cartella è illegittima.
4) difetto di motivazione della cartella – La ricorrente eccepisce che la motivazione è completamente omessa in violazione dell’art. 7 della legge 212/2000.
5) omessa motivazione degli interessi- La stessa censura viene mossa riguardo all’ammontare degli interessi.
6) Omessa motivazione dei compensi
7) Omessa indicazione del giudice cui ricorrere
8) illegittima indicazione del responsabile del procedimento
Per i suddetti motivi chiedeva alla Commissione Tributaria provinciale di Asti l’annullamento della cartella stabilendo che nulla è dovuto a titolo di tributo, interessi, addizionali e compensi col rimborso di quanto eventualmente pagato. La contribuente concludeva che le doglianze poste supportavano l’esistenza del fumus boni iuris e l’esistenza del periculum in mora in considerazione della cifra pretesa per cui chiedeva la sospensione della riscossione.
Con data 22 marzo 2016 la ricorrente presentava memorie illustrative con le quali richiamava le osservazioni e le doglianze poste in primo grado e concludeva con la richiesta di annullamento della cartella stabilendo che nulla è dovuto di quanto preteso.
Con controdeduzioni datate 15 febbraio 2016 l’Ufficio si costituiva in giudizio e confutava punto per punto le doglianze poste e concludeva con la richiesta di confermare la legittimità della cartella impugnata.
La Commissione Tributaria provinciale di ASTI con sentenza 141/1/16 accoglieva parzialmente il ricorso ed annullava la cartella impugnata limitatamente alla mancata considerazione delle somme già versate dalla ricorrente pari ad euro 12.333,33.
Con appello datato 29 agosto 2016 la contribuente lamenta che in primo grado aveva posto n. otto doglianze ma la Commissione provinciale ha esaminato solo la prima accogliendola solo in parte ritenendo la sentenza ingiusta e propone appello per i seguenti motivi
1) illegittima pretesa e liquidazione dell’ Irpef
2) inesistenza della notifica della cartella a mezzo posta
3) violazione dell’art. 7 della legge 212/2000
4) difetto di motivazione della cartella e conseguente illegittimità della pretesa
5) omessa motivazione degli interessi
6) omessa motivazione dei compensi
7) illegittimità della cartella per omessa indicazione del giudice a cui ricorrere
8) illegittima indicazione del responsabile del procedimento
Tutte le doglianze svolte confortano la conclusione che esistono gravi e fondati motivi per ottenere la sospensione della pretesa ed esiste non solo il requisito del fumus ma anche quello del periculum in mora confortato dalla consistenza della cifra pretesa.
In conclusione parte appellante chiede a questa Commissione regionale la riforma della sentenza impugnata e annullamento della cartella in quanto illegittima statuendo che nulla è dovuto a titolo di tributo, interessi, addizionali e compensi col rimborso di quanto eventualmente pagato.
L’Agenzia delle Entrate di Genova in data 2 novembre 2016 si costituisce in giudizio e presenta appello incidentale sulla lamentata illegittimità della pretesa e liquidazione dell’Irpef. In proposito l’Ufficio ritiene che i giudici provinciali di Asti, annullando parzialmente la cartella hanno invaso un sfera di giudizio riservata ad altro giudice , e cioè il Collegio presso il quale era stato incardinato il giudizio relativo all’avviso di accertamento xxv, ossia la Commissione tributaria di Genova. Il fatto che l’appellante abbia versato 12.333,33 in data 30.6.2006 a titolo di imposta sostitutiva, afferma l’Ufficio, la contribuente avrebbe dovuto far valere tale eccezione in sede di impugnazione dell’avviso di accertamento. Controdeduce, poi, sulle altre eccezioni poste da parte appellante e conclude con la richiesta di respingere l’appello principale e l’istanza di sospensione dell’esecuzione in quanto priva dei requisiti richiesti.
In via principale, l’Ufficio chiede, in parziale riforma della sentenza emessa dai primi giudici, che venga dichiarata la piena legittimità della cartella e del ruolo, oggetto della presente controversia, con vittoria dei diritti ed onorari di causa. L’Ufficio presenta nota spese per un totale di euro 12.167,00.
Motivi della sentenza
Col primo punto del ricorso alla Commissione provinciale la contribuente riteneva illegittima la pretesa e la liquidazione dell’IRPEF. La Commissione tributaria provinciale di Asti , in parziale accoglimento del ricorso, annullava la cartella limitatamente alla mancata considerazione delle somme già versate (euro 12.333,33) così motivando: “con la revoca delle agevolazioni, l’Ufficio, doveva tenere in debita considerazione quanto già versato dalla ricorrente, fermo restando il fatto che, per la parte già versata si sarebbe concretizzata sostanzialmente una duplicazione d’imposta”.
In proposito questa Commissione conferma quanto stabilito dai primi giudici e respinge l’appello incidentale dell’Ufficio , sul recupero riguardante la somma già versata di euro 12.333,33 in quanto l’Ufficio stesso, nel liquidare la nuova imposta, in seguito alla revoca delle agevolazioni, doveva tener conto della somma già versata di euro 12.333,;33, altrimenti si sarebbe concretizzata una duplicazione d’imposta.
Avverso la sentenza di primo grado la contribuente muove le seguenti censure:
l) Inesistenza della notifica a mezzo posta – Afferma la ricorrente che l’Agente per la riscossione non può notificare direttamente con il mezzo della posta gli atti di sua competenza. La notifica delle cartelle di pagamento effettuate dall’Agente della riscossione, senza l’intermediazione dei soggetti abilitati dalla legge, configura una ipotesi di inesistenza della notifica che determina la nullità della cartella di pagamento non suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo. In proposito la Commissione osserva che l’art. 14 della legge 890/1982 dispone espressamente che “la notifica degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire in plico sigillato e può eseguirsi per mezzo delle posta direttamente dagli Uffici finanziari, nonché, o ve ciò risulti impossibile, a cura degli Ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi specializzati autorizzati dall’Amministrazione finanziaria secondo le modalità previste dalla presente legge. Sono fatti salvi i disposti di cui agli art. 62, 45 e seguenti del DPR 602/73 nonché le altre modalità di notifica previste dalle norme relative alle singole leggid’imposta”. Nel richiamare tali norme il legislatore, tenuto conto della specialità della disciplina della notifica degli atti tributari, ha voluto svincolare la stessa da quella attinente in generale alla notifica degli atti a mezzo del servizio postale, con particolare riferimento all’obbligo di compilazione della relata di notifica sull’originale e sulla copia dell’atto. In particolare l’art. 26 del DPR 602/73 stabilisce che “la notifica può essere eseguita anche mediante l’invio di raccomandata, con avviso di ricevimento; in tale caso la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’Ufficio o l’azienda”. La citata disposizione stabilisce chiaramente quali siano le modalità imposte dalla legge in caso di notifica a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento; trattasi di una particolare modalità di notifica idonea a derogare alla procedura ordinaria prevista per la notifica degli atti processuali a mezzo del servizio postale. La Corte di Cassazione con sentenza n. 14327/09 ha precisato che la notifica è disciplinata dall’art. 26 del DPR 602/73, norma che ha carattere di specialità rispetto all’art. 127 del DPR 43/1988 che per la notifica degli atti e dei provvedimenti previsti dal decreto stesso, opera un rinvio all’art. 60 del DPR 600/73.
Per tali motivi l’eccezione non può essere accolta e va respinta.
2) Sulla omessa motivazione della cartella- Afferma la contribuente che l’art. 7 della legge 212/2000 stabilisce che “gli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei Concessionari della riscossione sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della legge 241/1990 concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi “indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione”. Alla luce di tale norma la cartella è illegittima perché in essa non è indicato alcun elemento di fatto e le ragioni giuridiche che giustificano la pretesa. La Commissione osserva che il primo coma si riferisce all’obbligo di motivazione degli atti dell’Amministrazione finanziaria e non opera nei confronti degli Agenti per la riscossione. E’ il comma 2 che stabilisce che gli atti degli Agenti per la riscossione devono indicare :
a) l’Ufficio presso il quale si possono ottenere informazioni
b) l’Organo o l’autorità amministrativa presso cui si può chiedere informazioni
c) Le modalità, il termine o l’organo giurisdizionale a cui è possibile ricorrere per gli atti impugnabili
In proposito la Commissione osserva che l’atto a cui si riferisce la contribuente è la sentenza 753/01/15 della CTR di Genova di cui la contribuente ha avuto certamente contezza essendo ella parte attiva partecipando al processo conclusosi con la citata sentenza. L’eccezione non può essere accolta e va respinta.
3) sulla contraddittoria motivazione della cartella – Ad avviso della ricorrente la cartella è contraddittoriamente motivata in quanto non si comprende la misura dei tributi messi a ruolo per un terzo o per l’intero ammontare dopo l’esito della Commissione regionale.
La Commissione osserva che a pagina 2 della cartella impugnata Equitalia Nord chiede alla signora RXX di pagare euro 267.441,00 ed euro 8.998,00 dovute a seguito della sentenza 753/01/15. La doglianza non può essere accolta e va respinta.
4) sulla omessa indicazione degli interessi – La contribuente lamenta che, anche con riguardo agli interessi, vi sono cifre senza alcun riferimento alla norma che ne legittimi l’applicazione ed il criterio di quantificazione. La Commissione osserva che a pag. 3 della cartella di pagamento è scritto ” alla rata vanno aggiunti gli interessi di mora per ogni giorno di ritardo. Viene specificato , poi , da quando decorrono . In proposito si osserva che gli interessi sono previsti dall’art. 30 del DPR 602/73 ed esposti nella citata cartella a pag. 2 della cartella stessa. Il tasso annuo degli interessi è determinato con provvedimento generale .
5) sulla illegittima pretesa degli aggi- Afferma la contribuente che con la cartella si pretende la somma di euro 16.000,00 per aggi. Viene eccepito, secondo alcuni che l’aggio è illegittimo, per altri è incostituzionale. Al riguardo la debenza dell’aggio, afferma la contribuente è all’esame della Corte Costituzionale perché la Commissione Tributaria provinciale di Napoli, con l’ordinanza dell’8.6.2016 ha messo in dubbio la legittimità costituzionale dell’art. 17 del D.Lgs 112 del 1999. In proposito questa Commissione osserva che l’aggio di riscossione è il corrispettivo previsto per il servizio di riscossione. La misura della remunerazione è stata determinata con Decreto Ministeriale del 17/11/2006 che ha stabilito la misura dell’aggio a carico del debitore nel 4,65% delle somme iscritte a ruolo, sempre che il pagamento avvenga entro 60 giorni. Nel caso in cui il contribuente non paga integralmente quanto dovuto nel termine di 60 giorni dalla notifica della cartella è previsto che gli venga addebitato il pagamento per intero del compenso dell’Agente della Riscossione, è lo stesso art. l7 comma 3 del D.Lgs 112 a prevedere che, in caso di tradivo pagamento, l’aggio sia posto integralmente a carico del debitore. L’eccezione posta non può essere accolta e va respinta.
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 17 del D. L.vo 13/4/1999 è manifestamente infondata. Invero la difesa della contribuente si è limitata a richiamare precedenti ordinanze di altre autorità giurisdizionali, le quali hanno sollevato la questione di legittimità della norma in questione per contrasto con l’art. 3 della Cost. giacché sarebbero trattati in modo ingiustificatamente difformi situazioni eguali. Infatti si osserva che colui il quale paghi entro la scadenza di 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento è tenuto a versare le imposte, le sanzioni e gli interessi, ma non gli aggi di riscossione, che invece sono dovuti qualora l’obbligo di pagamento derivi da una sentenza (definitiva o impugnabile delle Commissioni tributarie) e ciò anche nel caso di pagamento tempestivo entro 60 giorni dalla pronuncia.
L’asserita disparità di trattamento in realtà non esiste, perché le ordinanze che hanno proposto la questione mettono a confronto due situazioni differenti (non uguali), che legittimamente il legislatore tratta in modo in modo differente. Gli aggi di riscossione hanno la funzione di assicurare la copertura dei costi di funzionamento del servizio di riscossione, ragion per cui è del tutto plausibile che essi non siano corrisposti da coloro i quali, prestando spontanea acquiescenza all’avviso di accertamento rendono non necessario il ricorso a tale servizio da parte dell’Erario.
Pure palesemente “infondata è l’eccezione di illegittimità costituzionale sotto il profilo della violazione dell’art. 24 della Costituzione”, perché il costo dell’aggio di riscossione avrebbe l’effetto di dissuadere il cittadino destinatario dell’avviso di accertamento dall’impugnarlo così ledendo il diritto alla tutela giurisdizionale.
Invero lo Stato ha certamente il diritto di recuperare il costo della riscossione coattiva delle imposte, resa necessaria dalle condotte dei contribuenti che non ottemperano al proprio obbligo tributario spontaneamente, perché diversamente opinando tali costi graverebbero in modo del tutto ingiustificato sulla collettività e quindi sui contribuenti onesti con l’effetto paradossale di incentivare l’evasione fiscale.
La consapevolezza di dover sostenere, in caso di soccombenza, il costo degli aggi, disincentiva esclusivamente le impugnazioni infondate, non certo quelle fondate, alle quali conseguirà l’annullamento dell’avviso di accertamento, senza alcuna necessità di emettere cartelle esattoriali e di procedere a riscossione coattiva.
L’esercizio del diritto di azione non comporta certamente la gratuità dello stesso in caso di soccombenza.
6) Sulla omessa indicazione del responsabile del procedimento- Afferma la contribuente che nella cartella, quale responsabile del procedimento è indicato VXX TXX, senza ulteriori precisazioni, onde non si comprende chi esso sia. Quale responsabile della cartellazione è indicato MXX VXX, coordinatore dell’attività di cartellazione dell’ambito provinciale di Asti. L’indicazione del responsabile del procedimento è prevista a pena di nullità dall’art. 7 della legge 212/2000 perché l’uno e l’altro devono essere in grado di dare spiegazioni al contribuente. La Commissione osserva che la indicazione dei suddetti soggetti non implica che gli stessi devono dare spiegazioni al contribuente ma che, di norma, sono soggetti responsabili degli Uffici che coordinano tale attività per cui è del tutto irrilevante accertare che il designato responsabile abbia materialmente compilato ciascuno singolo atto. L’eccezione non può essere accolta e va respinta.
La conferma della sentenza impugnata comporta la condanna di parte appellante al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio, le quali vengono peraltro compensate nella misura del 20% stante la soccombenza parziale dell’ufficio erariale, il cui appello incidentale viene respinto.
PQM
LA COMMISSIONE
Visto l’art. 23 L. 11/3/1953 n. 87
Dichiara manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale di cui in parte motiva.
Conferma l’impugnata sentenza. Condanna parte appellante a rimborsare a parte appellata le spese di entrambi i gradi di giudizio che liquida in euro 3.600,00 per il primo grado ed in euro 4.160,00 per il giudizio di appello nella misura dell’SO% pari ad euro 6.208,00 totali per onorari oltre a pesi di legge. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio nella misura del restante 20%
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