COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE ROMA – Sentenza 09 luglio 2013, n. 203
Tributi – IVA – Riscossione – Cartella pagamento – Ravvedimento operoso ex DLgs n.472/1997 – Effetti – Puntuale versamento del dovuto – Necessità
Svolgimento del processo
Con il gravame proposto in data 4/04/2012, l’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale di Roma III – Ufficio controlli ha appellato la sentenza della CTP di Roma -Sez. 1 n. 43/01/11 del 7/02/2011 -15/02/2011, che ha parzialmente accolto il ricorso presentato dalla “E.E. Associazione professionale”, in persona del legale rappresentante, contro la cartella di pagamento n. 09720070116250028 -relativa ad omesso versamento Iva per l’anno 2003, sanzioni ed interessi – con il quale l’Associazione aveva dedotto la parziale illegittimità della cartella di pagamento nella parte relativa al tardivo versamento dell’Iva, affermando di averlo effettuato nei termini con il ravvedimento operoso (euro 7.883,08 ed euro 137,95 diversamente imputati).
Con l’impugnata sentenza, la CTP di Roma, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dall’Amministrazione finanziaria, lo ha parzialmente accolto (con compensazione delle spese di giudizio), stabilendo la tempestività del pagamento effettuato a titolo di sanzione per tardivo versamento dell’Iva relativa al primo trimestre del 2003, con gli interessi, nei 30 giorni successivi con il ravvedimento operoso.
Sostiene nel gravame l’Amministrazione appellante: a) la piena legittimità del ruolo emesso nel rispetto della normativa in vigore; b) il versamento effettuato è minore di quanto dovuto, non essendo stati corrisposti né la sanzione minima del 3,75%, pari ad euro 295,61, né gli interessi, pari ad euro 18,14, e quindi l’omesso integrale adempimento degli obblighi previsti comporta l’impossibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso, da ritenersi pertanto non perfezionatosi. Conclude chiedendo l’accoglimento dell’appello, la riforma della sentenza impugnata, con vittoria di spese.
Non risulta costituita l’appellata.
All’esito del dibattimento del giorno 17 giugno 2013, la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione
L’appello è fondato e va quindi accolto per i motivi di seguito esposti.
Come è noto, con il “ravvedimento operoso”, previsto dall’art. 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 472, è possibile regolarizzare versamenti di imposte omessi o insufficienti e altre irregolarità fiscali, beneficiando della riduzione delle sanzioni. Prevede, in particolare, il comma 2 del richiamato art. 13 che “Il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente alla regolarizzazione del pagamento del tributo o della differenza, quando dovuti, nonché al pagamento degli interessi moratori calcolati al tasso legale con maturazione giorno per giorno”.
A decorrere dal 1° febbraio 2011, la regolarizzazione comporta il pagamento della sanzione ridotta al 3,75% (pari ad 1/8 del 30 per cento) della maggiore imposta o della differenza del credito utilizzato, oltre al pagamento del tributo e degli interessi calcolati al tasso legale annuo con maturazione giorno per giorno.
I versamenti vanno effettuati con l’indicazione dei rispettivi codici tributo.
Da quanto è dato leggere nella motivazione della sentenza impugnata, la CTP di Roma ha riconosciuto la validità del versamento effettuato solo sotto il profilo temporale (in quanto l’Amministrazione finanziaria ne aveva contestata la tempestività), ma non sotto il profilo sostanziale del contenuto. Come condivisibilmente affermato dall’Agenzia appellante, il soddisfacimento dell’obbligo tributario comporta il suo integrale adempimento, in mancanza del quale non può ritenersi esattamente assolta l’obbligazione e quindi non può usufruirsi dell’istituto del ravvedimento operoso.
In altri termini il ravvedimento operoso dispiega i suoi favorevoli effetti soltanto con il puntuale versamento di quanto complessivamente dovuto per imposta, sanzione ed interessi e secondo i dati forniti dall’Amministrazione finanziaria (non contrastati da parte appellata, peraltro neppure costituitasi) ciò non è avvenuto nel caso in esame. L’appello va pertanto accolto con la riforma della sentenza impugnata.
Tenuto conto dei peculiari aspetti della vicenda, ricorrono idonei motivi per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Accoglie l’appello e compensa le spese di giudizio.
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