COMMISSIONE TRIBUTARIA di secondo grado di Bolzano sentenza n. 35 sez. 2 depositata il 19 maggio 2016
Massima
L’effetto sospensivo del termine di impugnazione conseguente la proposizione dell’istanza di accertamento con adesione (art. 6 c. 3 del D.Lgs. 218/1997) può estendersi anche ad altro avviso, successivamente notificato, se i due accertamenti risultano fra loro strutturalmente collegati.
Nel caso di specie una società in accomandita semplice proponeva istanza di accertamento con adesione in relazione a un avviso con il quale era stato rettificato il suo reddito di impresa; successivamente un socio della stessa impugnava un altro avviso, per rilevato maggior reddito di partecipazione, oltre il termine di 60 giorni dalla notifica.
Secondo i giudici sussiste tra i due avvisi di accertamento un “collegamento strutturale” per cui l’avvenuta presentazione di un accertamento con adesione da parte della società ha riflessi anche sulla posizione collegata del socio il cui ricorso può dunque ritenersi tempestivo.
L’effetto sospensivo del termine di impugnazione che consegue, ex articolo 6 comma 3 del D.Lgs. 218/1997, alla proposizione dell’istanza di accertamento con adesione relativa a un determinato avviso può estendersi anche ad altro avviso successivamente notificato se i due accertamenti sono fra loro strutturalmente collegati.
Nel caso di specie, proposta istanza di accertamento con adesione da una società in accomandita semplice in relazione a un avviso con il quale è stato elevato il suo reddito di impresa, la sospensione del termine per adire la sede contenziosa è stato ritenuta operante anche per altro avviso di accertamento successivamente notificato a due soci della società per rilevato maggior reddito di partecipazione, impugnato oltre il termine di 60 giorni dalla notifica, sul rilievo che il contraddittorio, pur infruttuosamente esperito, ha riguardato le questioni attinenti a entrambi gli avvisi.
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Ufficio Controlli della Direzione Provinciale di Bolzano della Agenzia delle Entrate emetteva, sulla base di un p.v. di constatazione redatto dallo Compagnia della Guardia di Finanza di Merano di data 22.06.2010 nei confronti di T. s.a.s. con sede in L. (BZ), in relazione all’anno d’imposta 2007, l’avviso di accertamento n. TB—1/2012, concernente le maggiori imposte accertate nei confronti della detta società, nonché l’avviso di accertamento n. TB—3/2012, concernente i maggiori redditi di partecipazione da tassare ai fini delle imposte dirette in capo al socio accomandante T.T..
Avverso tali avvisi di accertamento il socio T.T. presentava ricorso alla Commissione tributaria di primo grado sostenendo, in via pregiudiziale, l’eccezione di nullità/inesistenza degli stessi, per essere sfata la T. s.a.s. sciolta e liquidata nel dicembre del 2008, con conseguente sua estinzione e cancellazione dal Registro delle Imprese nel gennaio del 2009, dal che derivando in capo ad essa il difetto di legittimazione passiva e la preclusione per l’Ufficio di emanare nei suoi confronti atti impositivi.
L’Ufficio si costituiva, quindi, in giudizio, eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso, da una parte, ai sensi dell’art. 18, comma 3, D. Lgs. n. 546/1992 – per essere lo stesso privo di sottoscrizione del difensore, in quanto presentato e sottoscritto personalmente da T.T. pur avendo la lite un valore pari complessivamente a 74.776 euro -, dall’altra, ai sensi dell’art. 21, comma 5, D. Lgs n. 546/1992- per tardività dello stesso quanto all’avviso di accertamento n. TBA—3/2012, siccome presentato oltre il termine di 60 giorni dalla notifica del detto avviso di accertamento.
In relazione alla ricordata eccezione sollevata dal contribuente di nullità/inesistenza degli avvisi di accertamento, l’Ufficio replicava che l’avviso di accertamento concernente la società si riferiva all’anno d’imposta 2007- e quindi ad un anno nel quale la società risultava ancora operativa – ed era stato regolarmente notificato, sia al ricorrente, sia all’ex socio accomandatario ed ex legale rappresentante D.G..
Quanto al merito, infine, l’Ufficio rilevava che non era stato oggetto di specifica contestazione da parte del contribuente e che comunque gli avvisi di accertamento de quibus si basavano su elementi di fatto specifici ed oggettivi.
Avendo il contribuente notificato il ricorso anche all’I.N.P.S., il detto Ente si costituiva a sua volta in giudizio eccependo carenza di giurisdizione e di legittimazione passiva.
La Commissione tributaria di primo grado, con ordinanza in data 18.03.2013, disponeva la sospensione dell’esecuzione degli avvisi di accertamento impugnati ed ordinava al ricorrente di munirsi per l’udienza di trattazione del merito di un difensore abilitato, pena l’inammissibilità del ricorso.
Con “memoria di costituzione ed integrativa” depositata in data 27.05.2013 il contribuente si costituiva allora in giudizio tramite l’avvocato R., che nominava suo difensore, riproponendo “fatto e motivi” del ricorso introduttivo, ma prendendo anche posizione circa il merito della pretesa tributaria che veniva contestata con argomenti specifici di fatto.
La Commissione tributaria di primo grado, con la sentenza nr. 29/02/14 depositata in data 24.02.2014, dopo aver rigettato tutte le eccezioni pregiudiziali fatte valere dalle Parti, dichiarava, innanzitutto, la carenza di legittimazione passiva dell’I.N.P.S., dato che con gli avvisi impugnati non era stato chiesto il pagamento di contributi previdenziali dovuti al detto Ente. Nel merito accoglieva parzialmente il ricorso, ridimensionando notevolmente il reddito d’impresa così come ricostruito dalla Guardia di Finanza, determinando in solo 11.000 euro i ricavi non dichiarati, con conseguente riduzione del reddito di partecipazione del socio T.T., nonché delle maggiori imposte accertate e delle sanzioni irrogate e confermando per il resto gli avvisi impugnati.
Ha, pertanto, proposto appello l’Ufficio riproponendo, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività, ai sensi dell’art. 21, comma 5, D. Lgs. n. 546/1992, con riguardo all’avviso di accertamento n. TB—3/2012, concernente i redditi di partecipazione del ricorrente: il ricorso avverso tale avviso è stato, infatti, presentato solo in data 21.01.2013, e quindi oltre il termine di 60 giorni dalla notifica dello stesso che si è avuta in data 06.09.2012; diversamente da quanto ritenuto dal Giudice di prime cure la presentazione dell’istanza di accertamento con adesione riguardante l’avviso di accertamento n. TB—1/2012 non può, infatti, spiegare alcun effetto rispetto a quello n. TB—3/2012, essendo stato questo notificato al socio T.T. in epoca successiva alla presentazione della detta istanza di accertamento con adesione che è di data 23.08.2012.
Nel merito ha, invece, sostenuto che la mancanza di prova dell’avvenuto incasso degli importi dei quali la Commissione tributaria di primo grado aveva disconosciuto il recupero a tassazione – vale a dire dell’importo di 100.000 euro riferito a due fatture emesse per un imponibile di 50.000 euro l’una per l’attività di intermediazione prestata nell’ambito della compravendita delle quote societarie dell’Hotel — GmbH e dell’importo di 14.961,86 euro relativo al compenso percepito per l’attività intermediazione prestata nell’ambito della compravendita del Maso W. – non avesse alcuna rilevanza, dovendo trovare applicazione – nel rispetto del disposto dell’art. 109, comma 1, T.U.I.R. n. 917/1986 – il principio di competenza, in forza del quale i componenti positivi devono andare a determinare il reddito d’impresa nell’esercizio in cui si verificano le operazioni e gli eventi che originano i componenti reddituali, indipendentemente da quello in cui si concretizzano i relativi incassi e pagamenti.
Sempre con riguardo al merito ha, poi, rilevato, a riprova dell’effettività del ricavo, che con la transazione intervenuta nel 2006 l’allora legale rappresentante della T. s.a.s. aveva ceduto a titolo oneroso alla F.I. il credito vantato per l’attività compiuta nell’ambito della compravendita delle quote societarie dell’Hotel — GmbH, mentre il ricavo di 14.961,86 euro, riferito all’intermediazione prestata per la cessione del Maso W., doveva ritenersi dovuto perché si era pervenuti alla stipula del contratto preliminare, essendo irrilevante che, successivamente, non si fosse perfezionato il contratto definitivo.
Dopo che l’Avv. R. ha prodotto in data 24.10.2014 dichiarazione di rinuncia al mandato, il contribuente T.T. si è costituito in giudizio presentando controdeduzioni con il nuovo Difensore Avv. B..
Con le stesse ha, innanzitutto, insistito per la dichiarazione di nullità degli atti impugnati per essere stati emessi e notificati nei confronti di un soggetto giuridico estinto in forza di cancellazione dal registro delle imprese.
In relazione alle eccezioni di rito dell’Ufficio ha replicato che l’istanza di accertamento con adesione concernente l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società doveva ritenersi dispiegare effetto sospensivo anche rispetto a quello emesso nei confronti del socio, siccome basato sugli stessi presupposti, sollevando anche una nuova eccezione circa la legittimità della notifica dell’avviso di accertamento relativo al socio, in quanto perfezionatasi in luogo diverso da quello della residenza dello stesso.
Nel merito, poi, ha sostenuto che, diversamente da quanto invocato dall’Ufficio, nel caso di specie non potesse trovare applicazione il principio di competenza, essendo stati i ricavi, per cui vi è contenzioso, nell’esercizio di competenza, incerti nell’an ed indeterminabili nel quantum, dal che discendendo, come ricavabile sempre dalla lettura dell’art. 109, comma 1, T.U.I.R. n. 917/1986, la doverosa applicazione del principio di cassa.
Rispetto, invece, alla somma di 11.000 euro, confermata dalla sentenza di primo grado, ne ha chiesto in via incidentale l’annullamento o, in via subordinata, la riduzione.
Infine, ha chiesto la declaratoria di nullità degli atti impugnati in quanto sottoscritti da persona priva del potere di firma in quanto sprovvista di idonea carica dirigenziale.
All’udienza odierna di discussione le Parti hanno insistito per l’accoglimento delle rispettive conclusioni.
Rispetto invece alla somma di 11.000,00 euro confermata nella sentenza di primo grado ne ha chiesto in via incidentale l’annullamento o, in via subordinata la riduzione.
Infine ha chiesto la declaratoria di nullità degli atti impugnati in quanto sottoscritti da persona priva del potere di firma in quanto sprovvista di idonea delega dirigenziale.
All’odierna udienza di discussione le parti hanno insistito per l’accoglimento delle rispettive conclusioni. Il rappresentante dell’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiesto alla Commissione di valutare se nel caso in esame sia necessario integrare il contraddittorio anche nei confronti dell’altro socio. Ha infine eccepito la tardività della eccezione in ordine alla firma del dirigente con idonea procura.
Osserva la Commissione come l’appello dell’Ufficio sia infondato così come le conclusioni della parte appellata laddove viene a chiedere la dichiarazione di illegittimità delle somme confermate dalla Commissione tributaria di primo grado nell’impugnata sentenza con richiesta di dichiarazione che nulla è dovuto dall’appellato all’Ufficio in forza degli avvisi di accertamento di cui al ricorso introduttivo.
Procedendo con ordine può essere affrontata per prima la questione riguardante la nullità degli atti impugnati in quanto sottoscritti da persona priva dei poteri di firma perché sprovvista di idonea delega dirigenziale. Trattasi di questione nuova sollevata per la prima volta in grado d’appello e come tale inammissibile, come già ripetutamente ritenuto da codesta commissione.
Analogamente anche la richiesta dell’Ufficio riguardante l’integrazione del contraddittorio va disatteso perché sollevata anch’essa in questo grado di giudizio.
Quanto alla questione riguardante la tardività del ricorso presentato dall’appellato T.T., va confermata la linea adottata dalla Commissione di primo grado nello parte in cui ha ritenuto che la proposta di accertamento con adesione avanzata con riferimento al primo degli avvisi di accertamento notificati esplichi un effetto sospensivo anche nei confronti del secondo avviso di accertamento che è stato impugnato dalla parte effettivamente dopo il termine di 60 giorni dalla relativa notifica ma pur sempre entro il termine allungato derivante dalla proposizione della richiesta di accertamento con adesione.
Vi è infatti tra i due avvisi di accertamento un collegamento strutturale riguardante il primo la società e il secondo la partecipazione dei soci alla società per cui l’avvenuta presentazione di un accertamento con adesione del primo soggetto ha riflessi anche sulla posizione collegata del secondo soggetto.
E’ agli atti il verbale relativo all’incontro svoltosi nell’ambito della procedura per accertamento con adesione in data 23 ottobre 2012, tra il rappresentante della società e l’Ufficio e si deve dare atto che si è trattato di un vero e proprio contraddittorio in merito alla pretesa tributaria. Si è qui in presenza di un una di quelle situazioni nelle quali si deve dare atto esservi stata una effettiva volontà di dispiegare un tentativo per addivenire ad un accordo con l’Ufficio e non invece una semplice richiesta dilatoria priva di contenuto concreto.
Il ricorso proposto va quindi dichiarato tempestivo e come tale va trattato.
Quanto alla questione principale sollevata dalla parte appellata ossia della inesistenza dell’avviso di accertamento nei confronti della società perché soggetto già cancellato dal registro delle imprese, si deve rilevare che lo stesso avviso è stato comunicato anche ai due soci, l’accomandatario e l’accomandante e che gli stessi, come già indicato nella sentenza di primo grado sono i soggetti chiamati comunque a rispondere del debito tributario.
Quello che qui va sottolineato è che l’avviso di accertamento riguardante il soggetto estinto è stato notificato anche ai due soci mettendoli così in grado di difendersi efficacemente.
Sgombrato il campo da queste considerazioni di carattere pregiudiziale e seguendo quella che è stata la corretta soluzione adottata dalla Commissione di primo grado va affrontato il merito della vicenda.
Condivide questa commissione il percorso argomentativo svolto in primo grado, secondo il quale il reddito d’impresa ricostruito dalla Guardia di Finanza vada ridimensionato.
Possono essere condivise le argomentazioni della sentenza di primo grado per cui, con riguardo in particolare all’importo di 100.000 euro, che risulta dalle due fatture in contestazione emesse dalla società T. nei confronti della F.I., con la causale “conguaglio provvigioni di mediazione concordata”, la stessa Guardia di Finanza riconosce che non è stata rinvenuta documentazione per dimostrare l’incasso effettivo della somma.
Inoltre la documentazione dimessa dal ricorrente ossia la transazione dell’anno 2006 fra il K.H., all’epoca rappresentante legale della società e della società F.I., conferisce credibilità all’affermazione di mancato incasso dell’importo.
Per quanto riguarda invece l’importo di 14.961,86 euro che sarebbe stato incassato secondo la contestazione dalla società T. come compenso per la intermediazione nella compravendita immobiliare del maso denominato “W.”, si deve dare atto che della documentazione tavolare prodotta, risulta che alla data del 18 settembre 2012 il promettente venditore indicato nel contratto preliminare di compravendita, stipulato in data 13 agosto 2007, risulta ancora proprietario dell’immobile. Il contratto preliminare non risulta quindi aver avuto seguito e questo rende credibile che la società T. non abbia incassato la provvigione.
Sostiene l’Ufficio che la società T. non abbia registrato e contabilizzato nell’anno 2007 e quindi aver sottratto a tassazione gli importi indicati nelle due fatture per 50.000 euro ciascuna, nonché quello di 14.961,86 euro. Dovendosi applicare il principio di competenza e non quello di cassa, questi importi andavano indicati tra le componenti positive per la determinazione del reddito d’impresa nell’esercizio in cui si sono verificate le operazioni, indipendentemente da quello in cui poi si sono concretizzati i relativi incassi e pagamenti. Il ragionamento non convince perché alla base vi è la mancanza di prova dell’effettivo incasso relativo alle fatture in questione, ragione per cui pur in presenza dell’applicazione del principio di competenza prevale la questione della effettiva inesistenza dell’operazione da un punto di vista contabile. Del tutto corretta è anche la ricostruzione riguardante l’individuazione di ricavi non dichiarati dalla società per un ammontare di 10.000,00 euro.
In particolare questa somma risulta dai due importi di 6.000 euro e rispettivamente di 5.000 euro, il primo dei quali risulta essere stato consegnato in nero a K.H. da parte di M.R. come provvigione per l’intermediazione nella compravendita di un immobile (vedi dichiarazioni rese da costui alla G.d.F.), mentre il secondo importo risulta versato in contanti in data 19.10.2007 sul conto corrente della società e rispetto ad esso il ricorrente non è riuscito a fornire una giustificazione convincente né in primo grado né in questo.
Conclusivamente quindi la sentenza di primo grado va confermata con rigetto dell’appello. Quanto al carico delle spese occorre considerare che anche la parte appellata risulta soccombente in relazione alle eccezioni che aveva sollevato in primo grado e riproposto in questo, ragione per cui si può giungere ad una compensazione integrale delle spese tra le parti, esattamente così come stabilito nel giudizio di primo grado.
La Commissione di secondo grado ogni diversa istanza ed eccezione respinta,
l’appello dell’Ufficio con conferma della sentenza impugnata;
dichiara interamente compensate tra le parti le spese anche di questo grado di giudizio.
Così deciso in Bolzano, il 27.11.2015
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