AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 27 giugno 2019, n. 211
Compenso CTU – Fatturazione elettronica – Ritenuta a titolo di acconto IRPEF – art. 25 del d.P.R. n. 600 del 1973 – Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212
Quesito
Il contribuente istante, iscritto presso il Collegio dei Geometri della Provincia di …e quello dei Consulenti tecnici del Tribunale di …., rappresenta che il Giudice ha liquidato in suo favore, quale consulente tecnico d’ufficio (CTU), il compenso, oltre agli oneri spettanti, che dovrà essere corrisposto dalle parti, solidalmente obbligate nei suoi confronti ed in parti uguali nei rapporti interni.
Essendo le parti in causa persone fisiche prive di partita IVA, egli dovrà preventivamente predisporre una fattura ‘pro-forma’, senza indicazione della ritenuta d’acconto ai fini IRPEF, di cui all’articolo 25 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Conformemente ai chiarimenti contenuti nella circolare n. 9 del 2018, ricevuto il pagamento dalla parte, l’istante emetterà la fattura nei confronti dell’Amministrazione della Giustizia, avendo cura di evidenziare espressamente che il pagamento è stato effettuato da terzi e non dall’Amministrazione della Giustizia.
L’ufficio liquidazioni spese di giustizia del Tribunale di …, interpellato per le vie brevi, avrebbe comunicato che il Tribunale non è tenuto al versamento della ritenuta d’acconto.
A causa delle incertezze sopra descritte, con l’istanza d’interpello si chiedono chiarimenti in ordine alla corretta modalità di emissione della fattura elettronica a seguito della liquidazione del Giudice del compenso spettate per le operazioni peritali svolte in una causa civile.
Soluzione prospettata dal contribuente
L’istante ritiene di dover evidenziare in fattura la ritenuta d’acconto IRPEF, dal momento che il Tribunale è persona giuridica e, conseguentemente, ricompreso tra i sostituti d’imposta.
Parere dell’agenzia delle entrate
Con risoluzione del 19 ottobre 2015, n. 88, la scrivente ha precisato, tra l’altro, che il reddito derivante dall’attività di consulente tecnico d’ufficio (CTU) resa nell’ambito di un giudizio civile, se è svolta con carattere di abitualità da parte del professionista, dovrà essere assoggettato al regime del reddito di lavoro autonomo, di cui all’articolo 53, comma 1, del TUIR.
In tali ipotesi, troverà applicazione la disciplina prevista dall’articolo 54 del TUIR per i redditi di natura professionale che implica, sotto il profilo dell’Imposta sul Valore Aggiunto, non solo il necessario possesso (o apertura) della partita IVA, ma anche l’obbligo di fatturazione elettronica (laddove chi eroga i compensi abbia la qualifica soggettiva indicata nella citata circolare n. 1/DF del 2015), salva le ipotesi in cui forme alternative di documentazione siano legislativamente previste.
Con circolare del 7 maggio 2018, n. 9/E, con la quale sono stati forniti chiarimenti in merito alla disciplina della scissione dei pagamenti, è stato precisato che, con riguardo ai compensi e onorari relativi alle prestazioni rese dal CTU, titolare passivo del rapporto di debito è la parte esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico.
Tale soggetto è tenuto, infatti, in base al provvedimento del Giudice, al pagamento del compenso per le prestazioni professionali rese a favore dell’Amministrazione della Giustizia, committente ma non esecutrice del pagamento.
Conseguentemente, il CTU deve ritenersi obbligato, tra l’altro, ad emettere fattura, ai sensi dell’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, nei confronti dell’Amministrazione della Giustizia nella quale dovrà essere evidenziato, tuttavia, che la “solutio” avviene con denaro fornito dalla/e parte/i individuata/e dal provvedimento del Giudice.
In tali fattispecie, dunque, la P.A. (Amministrazione della Giustizia), pur essendo riconducibile nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del CTU.
Infatti, l’applicazione della scissione dei pagamenti comporterebbe l’onere, per la parte obbligata al pagamento del compenso del CTU, di versare a quest’ultimo soltanto l’imponibile, mentre l’Iva relativa alla prestazione del CTU dovrebbe essere riversata all’Amministrazione della Giustizia affinché quest’ultima, a sua volta, versi tale importo all’Erario, nell’ambito della scissione dei pagamenti.
Tale doppio versamento costituirebbe un aggravio delle procedure e giustifica la non applicazione della disciplina della scissione dei pagamenti nel caso in argomento.
Ad analoghe conclusioni, si ritiene debba giungersi in relazione al versamento della ritenuta d’acconto IRPEF, di cui all’articolo 25 del citato d.P.R. n. 600 del 1973, che, pertanto, dovrà essere versata all’Erario non dall’Amministrazione della Giustizia, ma dalla parte soccombente, titolare passivo del rapporto di debito nei confronti del consulente ed esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico, sempreché quest’ultima sia ricompresa tra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituto d’imposta.
Solo in tale ipotesi, quindi, la fattura, che andrà emessa nei confronti dell’Amministrazione della giustizia, dovrà evidenziare la ritenuta d’acconto IRPEF dovuta in caso di corresponsione di compensi costituenti per il percipiente reddito di lavoro autonomo (articolo 25, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973). Laddove, invece, come nella fattispecie rappresentata, la parte soccombente, titolare passivo del rapporto di debito esposta all’obbligo di sopportare l’onere economico, non rivestisse la qualifica di sostituto d’imposta, la ritenuta d’acconto IRPEF non dovrà essere operata e, pertanto, non dovrà essere evidenziata in fattura dal consulente.
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