Consiglio di Stato, Sezione terza, sentenza n. 2043 depositata il 28 febbraio 2023
aggiudicatario formula riserve sul contratto prima della sottoscrizione : legittima revoca dell’ aggiudicazione
1 – La società -OMISSIS- appella la sentenza breve del TAR per il Veneto n. -OMISSIS-, con la quale è stato respinto il suo ricorso volto all’annullamento della Delibera del Direttore Generale della Azienda Ospedale Università Padova n. -OMISSIS-. Con tale atto le è stata infatti revocata, ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990 per mancato adempimento dell’obbligo di stipulazione del contratto per fatto e colpa dell’aggiudicatario, l’aggiudicazione dei lavori di realizzazione di un nuovo montalettighe antincendio a servizio della Clinica Ostetrica dell’A.O.U.P., già aggiudicati alla ricorrente con delibera n. -OMISSIS-, e si è altresì deciso di procedere allo scorrimento in graduatoria e alla contestuale aggiudicazione alla ditta -OMISSIS- segnalando la vicenda all’A.N.AC. e riservando a successivo provvedimento la quantificazione dei maggiori oneri economici connessi alla conclusione del contratto con il secondo classificato.
2 – Il TAR, dopo aver respinto l’eccezione di carenza di giurisdizione, ha respinto il ricorso con “sentenza breve” evidenziando che la revoca era motivata dalla circostanza che l’appellante aveva trasmesso non il contratto firmato ma una nota (n. -OMISSIS-) con osservazioni preliminari alla stipula del contratto di appalto e successivamente, in risposta alla diffida della stazione appaltante, aveva allegato al contratto sottoscritto una nota di puntualizzazioni che mettevano in dubbio il futuro rispetto degli obblighi contrattuali appena sottoscritti.
3 – Secondo l’appellante il TAR non si sarebbe avveduto che non si era verificato alcun “mancato adempimento dell’obbligo di sottoscrizione del contratto per fatto e colpa dell’aggiudicatario” tale da giustificare la revoca dell’aggiudicazione, atteso che l’unico dato da considerare sarebbe stata l’intervenuta sottoscrizione del contratto da parte dell’appellante. A fronte di ciò, le riserve e le “comunicazioni intervenute tra le parti” non avrebbero “valore ai fini della valutazione circa l’avvenuta stipula o meno del contratto perché esse sono esterne al contratto e non possono incidere sul contratto medesimo”. Anche le riserve trasmesse all’Azienda, proprio perché contenute in files separati rispetto al contratto, “non comportano, né potrebbero, modifica al contratto medesimo, non costituiscono proposte contrattuali e tanto meno inficiano il contenuto e/o la validità del contratto che […] è stato sottoscritto nella versione originale trasmessa dall’A.O.U. senza modifiche”.
4 – Secondo la prospettazione di parte appellante deve trovare applicazione la giurisprudenza che ha ricostruito la disciplina applicabile in materia di formazione dei contratti che hanno come parte una p.a. nel senso della non derogabilità dell’obbligo di legge della forma scritta prevista ad substantiam, con la conseguente esigenza che la volontà delle parti sia consacrata in un “unico documento” sottoscritto contestualmente dalle parti medesime, conseguendone la irrilevanza, tamquam non esset, di ogni dichiarazione o documento allegato, così come nel caso considerato, a quello debitamente sottoscritto.
5- Considera peraltro il Collegio che l’obbligo di legge della forma scritta, posto a tutela del rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, non consente di prescindere dalle norme civilistiche che, per finalità – non in contrasto con le precedenti – di tutela della volontà e della buona fede delle parti, impongono una valutazione integrata delle singole clausole contrattuali alla luce delle altre clausole negoziali provenienti dalle parti e attribuiscono rilevanza al comportamento negoziale di ciascuna parte.
6 – La stessa giurisprudenza citata dall’appellante non appare decisiva ai fini della decisione essendo, in realtà, diretta a circoscrivere ai soli casi eccezionali previsti dalla legge la possibilità che la formazione del consenso ex articolo 1326 c.c. – come di regola può avvenire per i contratti tra privati – possa aver luogo mediante scambio di distinti documenti contenenti proposta e accettazione, ma oggi l’articolo 32, comma 14, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ammette tale modalità – tra l’altro – proprio nei casi di procedura negoziata, come quello che qui occupa.
Inoltre, il predetto indirizzo giurisprudenziale è stato di recente superato dalla giurisprudenza di legittimità, che ha ritenuto di recuperare quello più risalente in base al quale non è sempre necessario, men che mai a pena di nullità, che il consenso delle parti sia racchiuso in un unico documento, potendo questo discendere anche da dichiarazioni separate dalle quali comunque sia chiaro l’incontro di proposta e accettazione su un medesimo contenuto contrattuale (cfr. Cass. civ., sez. un., 25 marzo 2022, n. 9775).
7 – Ritenuta quindi la rilevanza negoziale, alla stregua di un elementare principio di buona fede, delle considerazioni sottoscritte e inviate dall’impresa appellante circa la propria futura esecuzione del regolamento negoziale appena stipulato, viene in esame il tenore delle predette affermazioni, secondo le quali (come testualmente scritto nella nota trasmessa prima della sottoscrizione e sostanzialmente ribadito dalla nota trasmessa dopo la sottoscrizione) “alcuni profili, tecnici ed economici (…) ove non modificati, comportano una oggettiva impossibilità di eseguire le lavorazioni affidate” conseguendone la richiesta di “voler rivedere i prezzi di contratto al fine di riequilibrare i termini dell’appalto, riconducendone ad equità l’importo e così rendendo sostenibile l’esecuzione dei relativi lavori, anche rispetto alle variazioni rilevate di cui al citato allegato tecnico”.
8 – Pertanto, del tutto correttamente l’Amministrazione e il TAR hanno ritenuto nella specie che le “osservazioni preliminari” che avevano accompagnato la sottoscrizione del contratto fossero tali da far considerare non perfezionato il sinallagma contrattuale, considerato che in esse era chiaramente rappresentata la “impossibilità” di dar corso all’esecuzione dei lavori in mancanza delle “modifiche contrattuali richieste”, configurandosi una richiesta di mutamento del regolamento contrattuale rispetto a quello che fin dal momento dell’offerta l’impresa si era obbligata ad accettare, con la conseguenza chi si era in presenza non di un’accettazione ma di una controproposta.
9 – Dalle pregresse considerazioni discende la legittima – ed anzi doverosa – applicazione degli strumenti di autotutela attivabili, in caso di mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’aggiudicatario, a tutela dell’interesse pubblico al rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione.
10 – In conclusione, a giudizio del Collegio l’appellante, che aveva ottenuto l’aggiudicazione offrendo un forte ribasso, pur non avendo chiesto chiarimenti in sede di gara ha corredato la sottoscrizione del contratto di riserve, perizie e rilievi univocamente interpretabili nel senso della volontà dell’impresa di non voler o non poter dare seguito alle obbligazioni contrattuali alle condizioni pur sottoscritte, in palese violazione dei fondamentali principi di buona fede e di diligenza professionale che devono, invece guidare i rapporti fra le parti anche nella contrattazione pubblica, potendo e dovendo l’Amministrazione, in tal caso, attivare tutti gli strumenti giuridici in proprio possesso a tutela dell’interesse pubblico perseguito ed anche al fine di evitare i conseguenti ineludibili profili di responsabilità erariale.
11 – L’appello deve essere pertanto respinto, risultando confermata, come già statuito in primo grado, la piena legittimità ed efficacia della revoca dell’aggiudicazione e degli atti conseguenti, fermi restando gli eventuali ulteriori provvedimenti adottati a carico dell’impresa in ragione del suo descritto comportamento negoziale.
12 – Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), respinge l’appello.
Condanna l’appellante a rifondere alla Azienda Ospedale Università Padova le spese del presente grado di giudizio, che vengono liquidate in Euro 6.000,00 (seimila) oltre ad IVA, CPA ed altri oneri di legge ove previsti.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento della identità dell’impresa appellante.
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