Consiglio di Stato sezione IV sentenza n. 5357 depositata il 20 novembre 2017
LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – EQUO INDENNIZZO – IMPIEGO PUBBLICO – INFERMITA’ PER CAUSA DI SERVIZIO – MAGISTRATO ORDINARIO CON QUALIFICA DI MAGISTRATO DI CASSAZIONE – NATURA RETRIBUTIVA
FATTO e DIRITTO
1.) Il dott. (omissis), magistrato ordinario con qualifica di magistrato di cassazione, ha chiesto il riconoscimento della dipendenza dal servizio e la liquidazione dell’equo indennizzo per due ordini di patologie:
– “esiti di intervento chirurgico di sostituzione dell’aorta ascendente e dissezione subacuta di tipo A e valvulopatia adrosica secondaria ed aneurisma aorta ascendente”;
– “discopatia C5-C6-L4-L5 con radicopatia C6-C7”.
Soltanto la prima patologia è stata riconosciuta dipendente dal servizio con diritto all’equo indennizzo.
Con ricorso in primo grado n.r. 9416/2004 l’interessato ha, quindi, impugnato:
– la determinazione dirigenziale n. 7403 del 10 aprile 2004, nella parte in cui ha negato l’equo indennizzo per l’infermità “discopatia C5-C6-L4-L5 con radicopatia C6-C7” in relazione al disconoscimento della dipendenza dal servizio;
– la presupposta deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura in data 17 dicembre 2003;
– i presupposti pareri del Comitato di verifica per le cause di servizio in data 22 settembre 2003 e della III Commissione medico ospedaliera presso il Centro Militare di Medicina legale in data 18 febbraio 2002;
– il decreto dirigenziale n. 47403 bis in data 20 aprile 2004 con il quale è stato corrisposto l’equo indennizzo, in relazione all’infermità riconosciuta, senza corresponsione degli interessi.
Con il ricorso sono state dedotte, in sintesi, le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, lett. 1) della legge n. 261/1991. Eccesso di potere per omesso esame della situazione e difetto assoluto di motivazione, in relazione all’acritico recepimento del parere del Comitato di verifica per le cause di servizio e all’omessa considerazione delle specifiche condizioni del servizio (mantenimento di prolungate posture coatte, al fine di poter effettuare consultazioni al computer, esaminare documenti, redigere relazioni) in rapporto alla documentazione medica.
2) Violazione e falsa applicazione del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, del 30 dicembre 1981, n. 834, e successive modificazioni, del d.P.R. n. 461/2001, con riferimento all’immotivata ascrizione della patologia riconosciuta dipendente dal servizio alla 4^ anziché alla 3^ categoria.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1212 e seguenti del cod. civ., in ragione del mancato riconoscimento degli interessi legali, reclamati come dovuti dal giorno di presentazione della domanda (16 gennaio 2000), posteriore al verificarsi dell’evento che ha determinato l’insorgere dell’invalidità riconosciuta come meritevole di equo indennizzo.
Costituitisi in giudizio il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura hanno dedotto a loro volta l’infondatezza del ricorso e l’interessato, con memoria difensiva, ha insistito per l’accoglimento.
2.) Con ordinanza collegiale istruttoria n. 279 del 15 gennaio 2009 è stato disposto incombente istruttorio, reiterato con ordinanza collegiale istruttoria n. 1171 dell’8 luglio 2009, per acquisire relazione dell’Ufficio medico legale del Ministero della Salute.
All’esito dell’esecuzione dell’incombente istruttorio, e dopo il deposito di nuova memoria difensiva da parte del ricorrente, il T.A.R. con sentenza n. 13801 del 29 dicembre 2009 ha in parte accolto e in parte rigettato il ricorso.
2.1) In particolare il T.A.R., sulla scorta della relazione dell’Ufficio medico legale, ha ritenuto carente l’istruttoria e la motivazione del diniego di riconoscimento della dipendenza dal servizio dell’infermità “discopatia C5-C6-L4-L5 con radicopatia C6-C7”.
Al riguardo il giudice amministrativo capitolino ha osservato che:
“La relazione tecnica versata in giudizio ha tuttavia chiarito che gli attuali orientamenti scientifici in materia non escludono affatto l’incidenza, almeno sul piano concausale, dell’attività lavorativa, avendo tale organo tecnico osservato come “… la tipologia del lavoro svolto ha di necessità comportato l’assunzione protratta e ripetuta nel tempo di posture anomale nello svolgimento dell’attività lavorativa le quali, agendo in virtù di ripetute azioni microtraumatiche sullo scheletro assile, hanno reso più precoce l’evoluzione dei processi degenerativi artrosici responsabili delle discopatie e della radicolopatia C6-C7, da ritenersi effetto di una compressione erniaria discale”.
Il T.A.R. ha ritenuto condivisibile altresì l’ascrizione di tale infermità proposta dall’U.M.L. alla 7^ categoria.
2.2) Con riferimento alla domanda relativa al riconoscimento degli interessi legali, dopo aver considerato inammissibile la domanda, proposta con memoria non notificata, intesa al suo ampliamento a rivalutazione e interessi anche per l’indennizzo dovuto per la discopatia e la radicolopatia, il T.A.R. l’ha respinta osservando che “… l’istituto dell’equo indennizzo non ha natura retributiva ed è comunque assistito da un autonomo meccanismo di rivalutazione poiché, nella determinazione del quantum, l’amministrazione tiene conto del trattamento retributivo del dipendente al momento della definizione del procedimento” (laddove) “Gli interessi corrispettivi spettano, invece, dalla data dell’atto concessorio del beneficio, fino all’effettivo pagamento, e cioè, da quanto il credito è divenuto liquido ed esigibile”.
3.) La sentenza è stata impugnata, a seguito della notificazione in data 26 febbraio 2010, con appello spedito per la notificazione a mezzo del servizio postale raccomandato il 27 aprile 2010 e depositato il 13 maggio 2010, con il quale ne è stata dedotta l’erroneità e ingiustizia senza rubricazione di motivi.
Premesso che il procedimento deve ritenersi regolato, per quanto attiene all’esclusiva competenza del Comitato di verifica in ordine alla valutazione della dipendenza dal servizio, dal d.P.R. n. 461/2001, in virtù del richiamo, contenuto nell’art. 18 del regolamento, all’art. 6 comma 1 e 11 comma 1 “… sulla natura di pareri delle Commissioni mediche e del Comitato”, l’appello evidenzia come la deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura, e il consequenziale decreto dirigenziale, si siano rettamente riferiti al parere del Comitato, che ha in modo inequivoco ritenuto che l’affezione patologica sia correlata “… secondo gli attuali orientamenti della dottrina medico-legale … con fattori di ordine costituzionale”, non senza aver precisato che sono stati esaminati e valutati, senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del ricorrente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti.
A fronte del motivato giudizio di squisita discrezionalità tecnica dell’organo deputato a esprimersi sulla correlazione anche solo concausale tra la patologia e la prestazione del servizio, non può annettersi rilievo all’incombente istruttorio disposto poiché “… il parere espresso dall’Ufficio medico-legale del Ministero della Salute, nel considerare l’eziopatogenesi dell’infermità discale della quale soffre il dr. (omissis), non evidenzia in realtà alcun elemento di fatto idoneo a giustificare razionalmente la ritenuta dipendenza causale della patologia ora richiamata rispetto all’attività in concreto svolta dallo stesso magistrato in ambito professionale”; “… non offre alcuna indicazione rispetto alla natura delle “posture anomale” assunte dal magistrato; e neppure in ordine alle incombenze concretamente svolte dal dr. (omissis) nell’esercizio dell’attività professionale, che avrebbero comportato la “necessità” di assumere tali indefinite posture”; e “… non evidenzia elementi di fatto idonei a giustificare razionalmente e scientificamente la ritenuta dipendenza causale della patologia ora richiamata rispetto all’attività in concreto svolta dal magistrato in ambito professionale”.
Con la memoria di costituzione in giudizio, depositata il 31 ottobre 2012, l’appellato a sua volta ha dedotto l’infondatezza dell’appello contestando che la valutazione della dipendenza dal servizio sia insuscettibile di sindacato, rilevando che “L’Ufficio medico legale del Ministero della Salute, organo del tutto estraneo al rapporto dedotto in giudizio e quindi obiettivo ha riconosciuto la causa di servizio di questa malattia cronica, con argomentazioni che, essendo esente da vizi logici è stata recepita dal T.A.R. Lazio che ha riconosciuto la causa di servizio anche per questa patologia”.
All’udienza pubblica del 27 giugno 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello è fondato e deve essere accolto, onde in riforma della sentenza gravata deve essere rigettato il ricorso proposto in primo grado.
4.1) In via preliminare il Collegio deve prendere atto che l’interessato non ha proposto appello incidentale rivolto all’impugnazione della sentenza nella parte in cui ha rigettato la domanda intesa alla corresponsione degli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di equo indennizzo per la patologia riconosciuta dipendente dal servizio (“esiti di intervento chirurgico di sostituzione dell’aorta ascendente e dissezione subacuta di tipo A e valvulopatia adrosica secondaria ed aneurisma aorta ascendente”), di cui a terzo motivo del ricorso in primo grado, onde sul relativo capo si è formato il giudicato.
4.2) Sempre il limine deve rilevarsi che l’appellato non ha riproposto le censure, assorbite in via implicita dal T.A.R., dedotte con il secondo motivo del ricorso, incentrate sull’ascrizione della infermità riconosciuta dipendente dal servizio alla 4^ anziché alla 3^ categoria, la cui cognizione è quindi preclusa in sede di appello.
4.3) Non è contestato che al procedimento relativo al riconoscimento della dipendenza dal servizio delle infermità, in corso al momento dell’entrata in vigore del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 (la domanda dell’interessato è stata presentata il 16 gennaio 2000), sia applicabile la disposizione transitoria dell’art. 18 del suddetto regolamento, che pur confermando “i previgenti termini procedurali”, tiene comunque fermo “… quanto previsto dall’articolo 6, comma 1, e dall’articolo 11, comma 1, sulla natura dei pareri delle Commissioni mediche e del Comitato”.
Ne consegue che il solo Comitato di verifica “… accerta la riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione” (art. 11 comma 1), laddove alla Commissione medica compete solo “la diagnosi dell’infermità o lesione, comprensiva possibilmente anche dell’esplicitazione eziopatogenetica, nonché del momento della conoscibilità della patologia, e delle conseguenze sull’integrità fisica, psichica o sensoriale, e sull’idoneità al servizio” (art. 6 comma 1).
Peraltro, già l’art. 5 bis del d.l. 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 1987, n. 472, aveva chiarito che i giudizi delle commissioni mediche ospedaliere erano definitivi, “… ai fini del riconoscimento delle infermità per la dipendenza da causa di servizio, salvo il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie di cui all’art. 166 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell’equo indennizzo”, così escludendo che tali pareri fossero equiordinati.
La giurisprudenza, al riguardo, aveva escluso recisamente, in presenza di pareri discordi del C.M.O. e del C.P.P.O., che l’amministrazione dovesse motivare in ordine alla preferenza accordata al secondo perché a esso solo restava affidata, ai fini della concessione dell’equo indennizzo, la competenza a esprimere una valutazione definitiva (vedi tra le tante Cons. Stato, Sez. IV, 19 ottobre 2006, n. 6214; nonché per più recenti affermazioni Sez. III, 15 luglio 2013, n. 3864).
4.4) Orbene, nel caso di specie il Comitato di verifica, con giudizio di squisita discrezionalità tecnica, ha chiarito che la patologia in oggetto si correla “.. secondo gli attuali orientamenti della dottrina medico-legale … con fattori di ordine costituzionale”.
L’esattezza del giudizio non può essere revocata in dubbio dal parere dell’organo tecnico officiato dell’incombente istruttorio che, come rilevato dall’Autorità appellante, non reca alcuna specifica indicazione di letteratura scientifica circa l’incidenza di posture – peraltro non meglio precisate – nel determinismo concausale sia pure in termini di mera accelerazione di progressione della patologia.
In effetti è assunto apodittico e generico il rilievo svolto dall’Ufficio medico legale, secondo cui “la tipologia del lavoro svolto ha di necessità comportato l’assunzione protratta e ripetuta nel tempo di posture anomale nello svolgimento dell’attività lavorativa le quali, agendo in virtù di ripetute azioni microtraumatiche sullo scheletro assile, hanno reso più precoce l’evoluzione dei processi degenerativi artrosici responsabili delle discopatie e della radicolopatia C6-C7, da ritenersi effetto di una compressione erniaria discale”.
Non è precisato, in punto di fatto, quale tipologia di lavoro sia stata considerata, e soprattutto se e quali posture siano state assunte e significativamente protratte nel tempo tali da poter incidere, secondo non indicati report di letteratura medico-ortopedica e studi mirati, sul determinismo causale o concausale.
4.5) Alla stregua dei rilievi che precedono, il giudice amministrativo capitolino non avrebbe potuto assumere i generici rilievi svolti dall’U.M.L. come idonei a revocare in dubbio l’esattezza e l’attendibilità del giudizio espresso dal Comitato di verifica, e a fondare il riconoscimento dei dedotti vizi di carente istruttoria e difetto di motivazione, posto che tale giudizio è sindacabile nei soli e stretti limiti in cui esso manifesti assoluta carenza della motivazione, o contrasto con acquisizioni medico-scientifiche, o mancanza di considerazione di circostanze di fatto effettivamente idonee a incidere sulla valutazione conclusiva (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16 maggio 2011 n. 2959 in quanto tale non sindacabile nel merito e censurabile per eccesso di potere soltanto in caso di assenza di motivazione, manifesta irragionevolezza sulla valutazione dei fatti o mancata considerazione della sussistenza di circostanze di fatto tali da incidere sulla valutazione conclusiva
5.) In conclusione, in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza, deve essere rigettato il ricorso proposto in primo grado.
6.) Le questioni esaminate esauriscono tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
7.) Sussistono, nondimeno, giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r. 4211 del 2010, come in epigrafe proposto, così provvede:
1) accoglie l’appello, e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione 1^, n. 13801 del 29 dicembre 2009, rigetta il ricorso proposto in primo grado;
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, comma 8 d.lgs. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
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