AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 10 dell’ 11 gennaio 2023
Contratto estimatorio – Momento impositivo e documentazione delle operazioni – Articoli 6, comma 2, e 26, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 633 del 1972
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società istante [ALFA] ha presentato l’istanza di interpello in trattazione congiuntamente alla società [BETA].
In sintesi, [ALFA] esercita prevalentemente attività di commercializzazione di […], sia in modo diretto, attraverso i propri punti vendita e il canale e-commerce, sia in modo indiretto, avvalendosi di una rete di soggetti affiliati, potendo così contare su una vasta rete commerciale per la distribuzione dei propri prodotti.
Ai fini della presente istanza [ALFA], congiuntamente con la [BETA], solleva un dubbio interpretativo in relazione alle modifiche che intende apportare al contratto di affiliazione con i soggetti affiliati (cfr. allegato 5), a norma di quanto previsto dall’art. 1556 del Codice civile, in virtù del quale [ALFA] consegna a tali soggetti, in ”conto vendita”, i beni a marchio ”[ALFA]”, prevedendo che il relativo passaggio di proprietà, oltre che il trasferimento dei rischi e benefici connessi ai beni in discussione, sia posticipato al momento della (ri)vendita degli stessi beni ai clienti finali da parte di ciascun soggetto affiliato.
Per i beni inviati da [ALFA] in ”conto vendita” e rimasti invenduti per un periodo di tempo massimo di 12 mesi dalla data della loro consegna, è stata convenuta la relativa restituzione alla società da parte dei soggetti affiliati, nonché la consegna in ”conto vendita” da parte di [ALFA] ai propri affiliati, in un breve lasso temporale, di beni aventi identiche caratteristiche, trattandosi, nel caso di specie, di beni fungibili.
Al fine di evitare l’eccessivo dispendio di tempo e di risorse che comporta la descritta procedura di restituzione relativa ai beni in conto vendita rimasti invenduti, la società ha intenzione di proporre ai soggetti affiliati una variazione della gestione dei beni in questione in base alla quale allo scadere dei 12 mesi decorrenti dalla relativa consegna, i beni invenduti continuerebbero, fino allo scadere di 24 mesi complessivi, a essere detenuti dai soggetti affiliati senza che questi possano vantarne il titolo di proprietà, ma soltanto in virtù degli accordi conclusi con la sottoscrizione dell’integrazione al contratto di affiliazione.
Ciò benché, ai soli fini IVA, la mancata restituzione dei beni rimasti invenduti per un periodo di tempo massimo di 12 mesi, per mera finzione giuridica, ne configuri la cessione, in conformità con quanto previsto dall’articolo 6, secondo comma, lettera d), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito decreto IVA).
Dal punto di vista civilistico e di bilancio, oltre che ai fini IRES e IRAP, invece, resta fermo che la cessione dei beni si considererà perfezionata, come previsto contrattualmente, al momento del passaggio della proprietà, oltre che dei rischi e benefici connessi ai beni compravenduti, momento identificabile con la (ri)vendita di tali beni ai clienti finali da parte di ciascun soggetto affiliato. Diversamente, a fronte del riscontro dell’infruttuoso tentativo di vendita eseguito da parte di ciascun soggetto affiliato entro il termine di 24 mesi dalla consegna dei beni, come sarà convenuto in sede di modifica della succitata procedura, le merci saranno restituite a [ALFA], non verificandosi, quindi, il passaggio della proprietà dei beni.
Peraltro, le condizioni economiche (rectius, il prezzo di vendita) potrebbero subire mutamenti tra il momento in cui si considera perfezionata, per mera finzione giuridica, la cessione di tali beni ai soli fini IVA e il momento in cui la cessione si considererà, invece, perfezionata ai fini civilistici e di bilancio, nei termini previsti contrattualmente [a causa, ad esempio di vendite ”in saldo”, con promozioni o con tessere sconto (nel qual caso il prezzo di vendita subirebbe una riduzione), ovvero dell’aumento dei listini al pubblico (nel qual caso il prezzo di vendita subirebbe un aumento)].
Al fine di porre in essere gli adempimenti che derivano dalla variazione della procedura, nei termini anzidetti, tenuto conto del sistema informatico attualmente in uso presso la società e delle relative limitazioni, [ALFA] ha ipotizzato le seguenti due modalità alternative per l’assolvimento della propria obbligazione tributaria, di cui chiede conferma:
1) la prima modalità (nel prosieguo definita come ”gestione con autofattura”) vedrebbe [ALFA] emettere un’autofattura (utilizzando il codice TD27) allorquando riscontri la mancata restituzione dei beni rimasti invenduti per un periodo di tempo massimo di 12 mesi, al solo fine di assolvere l’IVA dovuta in ragione della finzione giuridica introdotta, per mere ragioni di tutela erariale, dall’articolo 6, secondo comma, lettera d), del decreto IVA. In questo modo, l’IVA sarebbe assolta da [ALFA], la quale non avrebbe titolo per esercitare la rivalsa nei confronti dei soggetti affiliati; rivalsa che sarà invece esercitata dalla società al momento dell’emissione della fattura che attesta l’effettiva cessione dei beni, anche ai fini civilistici e di bilancio, come descritto nel prosieguo.
Dal punto di vista contabile, [ALFA] rileverebbe l’autofattura nella propria contabilità movimentando esclusivamente conti transitori dello stato patrimoniale del bilancio di esercizio, facendo emergere il debito per l’IVA, senza alcuna rilevazione a conto economico, nemmeno per l’IVA per la quale non ha diritto di esercitare la rivalsa, con irrilevanza, quindi, di tali componenti ai fini IRES e IRAP.
Il debito per l’IVA sarà poi oggetto di estinzione a fronte del pagamento eseguito dalla società a beneficio dell’Erario.
Utilizzando la modalità di ”gestione con autofattura”, a fronte del versamento dell’IVA da parte di [ALFA], i soggetti affiliati non avrebbero alcun titolo per esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta, che sarebbe differito al momento dell’emissione della fattura da parte di [ALFA] che attesta l’effettiva cessione dei beni, anche ai fini civilistici e di bilancio. La società implementerà un ulteriore flusso di comunicazione con i propri affiliati per renderli edotti dell’emissione dell’autofattura e del rituale assolvimento dell’imposta, cosicché gli stessi possano essere legittimamente esonerati dall’emissione dell’autofattura prevista dall’articolo 6, comma 8, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, non essendo, quindi, passibili di sanzione per la mancata emissione, risultando tutelato l’interesse erariale al versamento dell’IVA che aveva indotto il legislatore ad introdurre tale finzione giuridica di cessione ai soli fini di detto tributo. Quale ulteriore step della modalità di ”gestione con autofattura”, al momento del passaggio della proprietà, oltre che dei rischi e benefici connessi ai beni compravenduti, ovverosia con la (ri)vendita di tali beni ai clienti finali da parte di ciascun soggetto affiliato, [ALFA] provvederebbe a emettere:
a) una fattura di vendita (utilizzando il codice TD24) dei beni in discussione nei confronti del soggetto affiliato, alle condizioni economiche (rectius, il prezzo di vendita) sussistenti a tale data. In questo modo l’IVA sarebbe ritualmente assolta da [ALFA], sulla base del prezzo effettivamente praticato per la cessione di tali beni, con esercizio del diritto di rivalsa dell’imposta in capo al cessionario, il quale eserciterà il proprio diritto alla detrazione dell’IVA assolta in via di rivalsa;
b) una autonota di credito (utilizzando il codice TD04), con valenza ai soli fini IVA, a rettifica integrale dell’autofattura inizialmente emessa al solo fine di assolvere l’IVA dovuta in ragione della finzione giuridica introdotta, per mere ragioni di tutela erariale, dall’articolo 6, secondo comma, lettera d), del decreto IVA.
Dal punto di vista contabile, [ALFA] rileverebbe la fattura nella propria contabilità, facendo emergere il credito verso il cessionario e il debito per l’IVA, nonché il ricavo che confluisce al conto economico, con conseguente automatica rilevanza ai fini IRES e IRAP.
Il credito verso il cliente, così come il debito per l’IVA, saranno poi oggetto di estinzione a fronte del pagamento ricevuto dal cessionario, ovvero del pagamento eseguito dalla società a beneficio dell’Erario. Dal punto di vista contabile, [ALFA] rileverebbe l’autonota di credito nella propria contabilità, chiudendo i conti transitori dello stato patrimoniale del bilancio di esercizio in precedenza movimentati per rilevare l’emissione dell’autofattura.
Il credito per l’IVA sarà poi oggetto di detrazione da parte della società nelle liquidazioni IVA del periodo di emissione dell’autonota di credito. Nella diversa ipotesi in cui fosse riscontrato l’infruttuoso decorso del tentativo di vendita eseguito da parte di ciascun soggetto affiliato entro un termine di 24 mesi dalla consegna dei beni, la merce verrebbe restituita a [ALFA], la quale emetterebbe solo l’autonota di credito e non la fattura all’affiliato, non verificandosi il trasferimento della proprietà dei beni in discussione;
2) la seconda modalità (nel prosieguo definita come ”gestione con fattura”) vedrebbe [ALFA] emettere una fattura (utilizzando il codice TD24) allorquando riscontri la mancata restituzione dei beni rimasti invenduti per un periodo di tempo massimo di 12 mesi, al solo fine di assolvere l’IVA dovuta in ragione della finzione giuridica introdotta, per mere ragioni di tutela erariale, dall’articolo 6, secondo comma, lettera d), del decreto IVA. In questo modo, l’IVA sarebbe assolta da [ALFA], la quale avrebbe titolo per esercitare la rivalsa nei confronti dei soggetti affiliati, ai quali è richiesto il pagamento della sola IVA, essendo invece differita la richiesta di pagamento del prezzo di cessione al momento di effettivo trasferimento della proprietà dei beni, come descritto nel prosieguo. Dal punto di vista contabile, [ALFA] rileverebbe la fattura emessa nella propria contabilità facendo emergere il credito verso il cessionario e il debito per l’IVA, movimentando, inoltre, conti transitori dello stato patrimoniale del bilancio di esercizio per quanto attiene la rilevazione del prezzo di vendita, con irrilevanza, quindi, di tali ultime componenti ai fini IRES e IRAP.
Il credito verso il cliente, così come il debito per l’IVA, saranno poi oggetto di estinzione a fronte del pagamento ricevuto dal cessionario, ovvero del pagamento eseguito dalla società a beneficio dell’Erario.
Utilizzando la modalità di ”gestione con fattura”, a fronte del versamento dell’IVA da parte di [ALFA], i soggetti affiliati avrebbero titolo per esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta, nel termine stabilito dall’articolo 19 del decreto IVA. Dal punto di vista contabile l’affiliato rileverebbe la fattura ricevuta nella propria contabilità facendo emergere il debito verso il cedente e il credito per l’IVA, movimentando inoltre conti transitori dello stato patrimoniale del bilancio di esercizio per quanto attiene la rilevazione del prezzo di acquisto, con irrilevanza, quindi, di tali ultime componenti ai fini IRES e IRAP. Quale ulteriore step della modalità di ”gestione con fattura”, al momento del passaggio della proprietà, oltre che dei rischi e benefici connessi ai beni compravenduti, ovverossia con la (ri)vendita di tali beni ai clienti finali da parte di ciascun soggetto affiliato, [ALFA] provvederebbe contestualmente a emettere:
a) una ulteriore fattura utilizzando il codice TD24 nei confronti del soggetto affiliato, alle condizioni economiche (rectius, il prezzo di vendita) sussistenti a tale data. In questo modo l’IVA sarebbe ritualmente assolta da [ALFA], sulla base del prezzo effettivamente praticato per la cessione di tali beni, con esercizio del diritto di rivalsa dell’imposta in capo al cessionario, il quale eserciterà il proprio diritto alla detrazione dell’IVA assolta in via di rivalsa;
b) una nota di credito (utilizzando il codice TD04), con valenza ai soli fini IVA, nel rispetto dei termini previsti dall’articolo 26 del decreto IVA, a rettifica della fattura inizialmente emessa al solo fine di assolvere l’imposta dovuta in ragione della finzione giuridica introdotta, per mere ragioni di tutela erariale, dall’articolo 6, secondo comma, lettera d), del decreto IVA. Dal punto di vista contabile, [ALFA] rileverebbe la fattura nella propria contabilità, facendo emergere il credito verso il cessionario e il debito per l’IVA, nonché il ricavo che confluisce al conto economico, con conseguente automatica rilevanza ai fini IRES e IRAP.
Il credito verso il cliente, così come il debito per l’IVA, saranno poi oggetto di estinzione a fronte del pagamento ricevuto dal cessionario, ovvero del pagamento eseguito dalla società a beneficio dell’Erario.
Dal punto di vista contabile, [ALFA] rileverebbe la nota di credito nella propria contabilità facendo emergere il debito verso il cessionario e il credito per l’IVA, chiudendo inoltre i conti transitori dello stato patrimoniale del bilancio di esercizio in precedenza movimentati per rilevare l’emissione della fattura.
Il debito verso il cliente sarà oggetto di estinzione a fronte del pagamento eseguito da [ALFA] a beneficio del cessionario, mentre l’IVA a credito sarà utilizzata dalla società nella prima liquidazione periodica ai fini del tributo. A fronte dell’emissione della nota di credito da parte di [ALFA], i soggetti affiliati rileverebbero tale documento nella loro contabilità facendo emergere il credito verso il cedente e il debito per l’IVA, chiudendo inoltre conti transitori dello stato patrimoniale del bilancio di esercizio per quanto attiene la rilevazione del prezzo di acquisto, in precedenza accesi, con irrilevanza, quindi, di tali ultime componenti ai fini IRES e IRAP. Nella diversa ipotesi in cui fosse riscontrato l’infruttuoso decorso del tentativo di vendita eseguito da parte di ciascun soggetto affiliato entro un termine di 24 mesi dalla consegna dei beni, la merce verrebbe restituita a [ALFA], la quale emetterebbe solo la nota di credito e non la fattura all’affiliato, non verificandosi il trasferimento della proprietà dei beni in discussione.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, la società congiuntamente a [BETA] ritiene legittime entrambe le descritte modalità alternative di assolvimento dell’obbligazione tributaria che la stessa intenderebbe adottare nel caso si giunga all’ipotizzata variazione contrattuale.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Il quesito formulato da [ALFA] congiuntamente a [BETA] riguarda le modalità di assolvimento degli obblighi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto connesse alla variazione della procedura per la gestione dei beni inviati in ”conto vendita” (i.e. variazione contrattuale) che la società ha intenzione di proporre ai propri affiliati.
Preliminarmente, si evidenzia che il presente parere viene reso sulla base di quanto rappresentato nell’istanza di interpello e nella documentazione allegata, i cui elementi vengono assunti acriticamente, nel presupposto della loro veridicità, esaustività e concreta realizzazione. Resta, pertanto, impregiudicato ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria, sia in relazione alle questioni che esulano dal perimetro dell’istanza in esame, sia in relazione alla concreta verifica fattuale dello scenario descritto in interpello in quanto, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi ad esso collegati e non rappresentati dall’istante, né conoscibili attraverso l’istituto dell’interpello, la situazione concretamente verificatasi potrebbe essere differente da quella rappresentata, con riflessi, quindi, sulla presente risposta.
Inoltre, giova rilevare che il presente parere è reso assumendo la legittimità, ai fini extra tributari, della variazione contrattuale rappresentata, senza che ciò implichi o presupponga un giudizio in merito a questa.
Dagli elementi istruttori desumibili dall’istanza in trattazione si evince che la fattispecie negoziale in cui si inquadrano i rapporti tra [ALFA] e i suoi affiliati è riconducibile al contratto estimatorio, in base al quale «una parte consegna una o più cose mobili all’altra e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose nel termine stabilito» (cfr. articolo 1556 del codice civile).
In base alla suddetta disciplina codicistica, l’accipiens, pur non essendo proprietario dei beni che riceve, ne acquisisce la disponibilità, potendoli cedere a soggetti terzi e scegliere liberamente le modalità con cui effettuare la vendita, senza che il tradens possa in alcun modo condizionare tale scelta.
Nel momento in cui la vendita si perfeziona, la proprietà del bene passa al terzo acquirente e sorge in capo all’accipiens l’obbligo di pagare al tradens il prezzo.
Qualora i beni rimangano invenduti al termine pattuito invece, l’accipiens può acquisirne la proprietà pagando il prezzo o, in alternativa, riconsegnarli al tradens che, essendo rimasto sempre titolare dei beni, ne riacquisisce la disponibilità.
La disciplina fiscale del contratto estimatorio, per quanto riguarda le imposte dirette, è allineata alle citate disposizioni civilistiche, posto che, a tal proposito, l’articolo 109 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce che «1. I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi […] concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza», con la precisazione che «2. Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza:
a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale».
Per quanto riguarda le imposte dirette, il reddito si considera pertanto conseguito nel momento in cui si verifica ai fini civilistici l’effetto traslativo della proprietà, ovvero nel momento in cui l’accipiens effettua la cessione a terzi dei beni oggetto del contratto o, in alternativa, ”trattiene” per sé il bene alla scadenza pattuita.
Anche ai fini IVA, in deroga alla regola generale prescritta dal comma 1 dell’articolo 6 del decreto IVA in base al quale le cessioni di beni mobili si considerano effettuate al momento della relativa consegna o spedizione il comma 2 prevede che «l’operazione si considera effettuata: […] d) per le cessioni di beni inerenti a contratti estimatori, all’atto della rivendita a terzi ovvero, per i beni non restituiti, alla scadenza del termine convenuto tra le parti e comunque dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione».
In sostanza, l’imponibilità dell’operazione è rinviata, rispetto al momento di consegna fisica del bene, a quello di rivendita da parte del ricevente o alla scadenza del termine pattuito dalle parti, se inferiore all’anno, oppure non verificandosi alcuna delle predette ipotesi al decorso di un anno dal ricevimento dei beni, fermo restando che non si realizza alcuna acquisizione se i beni vengono restituiti prima della scadenza dei termini convenuti dalle parti.
Ne consegue che, in assenza di vendita a terzi o di restituzione dei beni entro il termine di un anno dalla consegna, nell’ipotesi di contratto estimatorio di durata superiore, la norma fiscale impone l’anticipazione del momento impositivo ai soli fini IVA, benché, come detto, l’effetto traslativo della proprietà, in base alle disposizioni civilistiche, non abbia ancora avuto luogo.
Ciò premesso, la variazione contrattuale che la società istante vorrebbe attuare in un’ottica di semplificazione e di risparmio di costi prevede che i beni ”in conto vendita” rimangano nella disponibilità degli affiliati per un periodo massimo non più di 12 mesi, ma di 24 mesi.
Per l’effetto, la cessione dei beni di [ALFA] nei confronti degli affiliati si perfezionerebbe, dal punto di vista civilistico e di bilancio, oltre che ai fini IRES e IRAP, al momento della (ri)vendita di tali beni ai clienti finali da parte di ciascun soggetto affiliato, eseguibile nel più ampio termine di 24 mesi dalla consegna dei beni, oltre il quale gli affiliati dovrebbero restituire a [ALFA] le merci rimaste invendute, per le quali non si realizzerebbe alcun passaggio di proprietà.
Tanto premesso, con riferimento al quesito prospettato, concernente le modalità di assolvimento dell’IVA volte a rendere ”coerenti” le modifiche contrattuali proposte con il limite temporale massimo di 12 mesi dalla consegna dei beni, indicato dall’articolo 6, comma 2, lettera d), del decreto IVA, si osserva quanto segue.
La modalità di assolvimento dell’imposta di cui al punto 1), definita come ”gestione con autofattura”, è priva di qualunque riferimento normativo in quanto, in ambito IVA, l’emissione di un’autofattura è ammessa in deroga alla regola ordinaria che prevede ordinariamente la fatturazione da parte del cedente/commissionario al cessionario/committente soltanto nelle ipotesi tassativamente previste, ovvero, ad esempio, nel caso di autoconsumo da parte del cedente o nelle ipotesi di autofattura da parte del cessionario/committente delle operazioni effettuate da soggetti extra UE non residenti e non stabiliti in Italia di cui all’articolo 17, comma 2, del decreto IVA, cui non è riconducibile la fattispecie descritta da [ALFA].
Quanto, invece, alla modalità di assolvimento dell’imposta di cui al punto 2), definita come ”gestione con fattura”, si conferma che, in assenza di vendita a terzi della merce ad opera dell’affiliato o di restituzione della stessa allo scadere dei 12 mesi decorrenti dalla consegna dei beni, l’istante deve procedere ad emettere fattura, indicando nel documento il corrispettivo concordato alla stipula del contratto, ripartito tra imponibile e la relativa IVA e versare la relativa imposta all’Erario.
In caso di successiva vendita a terzi prima dello scadere dei 24 mesi, qualora l’importo l’incassato subisca delle oscillazioni rispetto all’imponibile oggetto di fatturazione, l’istante, a seconda dei casi:
- emette una nota di variazione in aumento, in base all’articolo 26, comma 1, del decreto IVA, in caso di incremento del prezzo di vendita (per l’effetto, ad esempio, di variazioni dei listini al pubblico);
- può emettere una nota di variazione in diminuzione, alle condizioni previste dall’articolo 26, comma 2, del decreto IVA, solo nell’ipotesi di «applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente», sempre che le condizioni contrattuali che prevedono l’applicazione di sconti/abbuoni si siano verificate successivamente all’emissione della fattura.
Nella diversa ipotesi di restituzione dei beni allo scadere del termine pattuito di 24 mesi, l’istante ha la facoltà di ”annullare” la fattura precedentemente emessa mediante una nota di variazione in diminuzione, ex articolo 26, comma 2, del decreto IVA, che, riferendosi anche alle figure «simili» alle cause di «nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione», consente di valorizzare ragioni ulteriori restituzione della merce e corrispondente restituzione di quanto eventualmente percepito a titolo di corrispettivo per le quali un’operazione fatturata può venir meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare imponibile.
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