CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 gennaio 2018, n. 26
Esposizione amianto – Rivalutazione contributiva
Rilevato in fatto
che, S.V., quale dipendente della B. s.p.a., impugna la sentenza n. 5143 del 2011, con la quale la Corte d’Appello di Bari ha confermato la pronuncia di rigetto emessa dal giudice di prime cure sulla richiesta di rivalutazione contributiva per esposizione qualificata all’amianto, avanzata dal S. ai sensi dell’art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992;
che, la Corte di secondo grado, ritualmente adita, rigettava il gravame, ritenendo che non sarebbero stati offerti, da parte del lavoratore, idonei elementi probatori utili per confutare le conclusioni cui era pervenuto il ctu nel primo grado di giudizio;
che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione il S. sulla base di due motivi ;
che, l’INPS difende con controricorso.
Considerato in diritto
che, entrambi i motivi a cui S.V. affida il ricorso lamentano la violazione dell’art 360, n. 5, c.p.c., sotto il profilo dell’errata, omessa, ed insufficiente valutazione del materiale probatorio, in particolare, con riferimento alla ctu espletata nel primo grado di giudizio;
che, i motivi di ricorso risultano, pertanto, strettamente connessi, e per ragioni di ordine logico vanno trattati congiuntamente;
che, in merito agli oneri di allegazione ed alla valutazione del materiale probatorio, la Corte territoriale, con argomentazioni approfondite ed esaustive, fondate, anche, su precedenti di questa Corte, ha affermato che: a) in materia di amianto la ctu possiede natura percipiente (vale a dire, tendente a valutare fatti dallo stesso ctu accertati); b) ciò impone sul piano probatorio, il dovere in capo all’assicurato di allegare tutte quelle circostanze fattuali che hanno caratterizzato le sue prestazioni lavorative (ambiente di lavoro, specifica posizione assegnata, attrezzature e materiali impiegati e lavorati, orari di lavoro ed ogni altra modalità del lavoro specificamente rilevante rispetto all’organizzazione nella quale quelle prestazioni andavano rese);c) nel caso specifico, tale onere probatorio non è stato adempiuto da parte dell’assicurato, che si sarebbe limitato, nel ricorso introduttivo ad indicare genericamente le proprie mansioni lavorative (quanto a specifiche modalità, anche temporali, di svolgimento delle mansioni di manutenzione); d) l’accertamento del ctu avrebbe, comunque, coinvolto sia i fatti allegati dall’assicurato in rapporto alle mansioni lavorative espletate, sia una analitica e completa ricostruzione di tutto il contesto lavorativo;
che, in considerazione di ciò, ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
che, infatti, i suddetti motivi di ricorso, al di là della rispettiva intestazione formale, nella sostanza esprimono un dissenso valutativo dalle risultanze di causa ed invocano, quindi, un diverso apprezzamento di merito delle stesse;
che, secondo giurisprudenza unanime di questa Corte, il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, non può essere finalizzato a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata in sede di merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare non può essere proposto con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento, rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360, primo comma , n. 5, c.p.c.;
che, diversamente opinando siffatti motivi di ricorso si risolverebbero in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e di conseguenza, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (cfr. Cass. 6064/2008);
che, alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto, e le spese del presente giudizio di cassazione liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 2000,00, per compensi professionali,oltre esborsi per euro 200,00 e spese generali al 15%, oltre agli accessori di legge.
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