CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 giugno 2017, n. 14559
Fallimento datore di lavoro – Ultime tre mensilità ex art. 2 D.Lgs. n. 80/1992 – Inclusione indennità mancato preavviso e ferie non godute – Natura retributiva delle indennità – Non sussiste
Rilevato
che si controverte della pretesa di C.B., D.M.A. e Z.L. a veder riconosciuto nei confronti dell’Inps, a seguito del fallimento della ex datrice di lavoro, il loro diritto alla inclusione delle indennità maturate per mancato preavviso e per ferie non godute nel credito garantito delle ultime tre mensilità di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 80/1992;
che la Corte d’appello di Venezia, nel confermare la sentenza del Tribunale di Verona di condanna dell’Inps alla corresponsione delle relative differenze economiche, ha respinto il gravame dell’istituto di previdenza, dopo aver evidenziato che il diritto alla predetta inclusione era giustificato dalla natura retributiva delle indennità in esame;
che per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un solo motivo, al quale resistono con controricorso le lavoratrici, il tutto seguito dal deposito delle rispettive memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Considerato
che l’Inps ha denunziato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1°, del d.lgs 27/1/92 n. 80, con riferimento agli art. 2118, comma 2°, e 2109 cod. civ., assumendo la necessità di delimitare i confini del possibile intervento del Fondo di garanzia al posto del datore di lavoro insolvente e censurando la decisione della Corte territoriale di includere le indennità per mancato preavviso e per ferie non godute nel novero dei crediti di lavoro inerenti gli ultimi tre mesi;
che la funzione propria dei trattamenti previdenziali è quella di tutelare gli stati di bisogno della classe lavoratrice entro determinati limiti compatibili con le risorse finanziarie del periodo e che lo scopo del Fondo di garanzia è quello di assicurare che tutti quei lavoratori, che a causa dell’insolvenza del datore di lavoro non abbiano ricevuto le retribuzioni relative agli ultimi tre mesi, ricevano comunque un minimo e non quello di garantire, come se si trattasse di un’assicurazione privata, il risarcimento di un danno entro un massimale determinato;
che il preavviso è un istituto di natura civilistica che, nell’ambito dei contratti di durata senza prefissione di termine (esclusa la validità di un vincolo contrattuale perpetuo) e per i quali la estinzione è rimessa alla facoltà di recesso consentita alle parti, ha la funzione economica, giuridicamente disciplinata, di attenuare le conseguenze della improvvisa interruzione del rapporto per chi subisce il recesso (cfr. artt. 1569, 1616, 1750, 1833, 1845, 1855, 1899, 2118 e 2160 cod. civ.);
che nell’ambito del contratto di lavoro il preavviso ha la funzione di permettere, rispettivamente, al datore di lavoro di trovare un altro dipendente e, al prestatore, di procurarsi un’altra occupazione (cfr. Cass., 3 aprile 1980 n. 2188);
che la parte che non osserva la normativa contrattuale sul preavviso, sia essa il lavoratore o il datore di lavoro, è tenuta ad indennizzare l’altra parte del disagio e del danno (che, peraltro, può anche mancare, come nel caso che il datore di lavoro trovi immediatamente un sostituto del lavoratore recedente, o che questi trovi subito una nuova occupazione);
che l’indennità per mancato preavviso rappresenta, quindi, un risarcimento corrispondente al “lucro cessante” preveduto o prevedibile per l’ulteriore periodo in cui il rapporto avrebbe seguitato a svolgersi qualora il preavviso avesse avuto il suo corso regolare e che, comunque, il lavoratore non può ottenere un danno maggiore (così come il datore non può dimostrare un danno minore), atteso che, secondo l’art. 1382 c.c., “la clausola con cui si conviene che, in caso di inadempimento uno dei contraenti è tenuto ad una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa …
che in tal senso si è pronunciata ripetutamente questa Corte (Cass., 30 ottobre 1961 n. 2488; 18 febbraio 1960 n. 279; 21 luglio 1956 n. 2841) e che la natura risarcitoria — o “indennitaria”, come hanno ritenuto le Sezioni Unite con la sentenza n. 7914 del 29 settembre 1994 — dell’indennità di preavviso, finalizzata ad indennizzare il lavoratore del mancato guadagno per un periodo ulteriore rispetto alla data nella quale il rapporto si è interrotto, esclude che la stessa possa rientrare tra i crediti retributivi inerenti gli ultimi un mesi del rapporto di lavoro, per i quali opera, ai sensi del D.Lvo n. 80 del 1992, il Fondo di garanzia;
che né a diversa soluzione si perviene aderendo alla teoria della c.d. efficacia reale del preavviso, nel senso che il rapporto di lavoro, nonostante il recesso intimato da una delle due parti e il pagamento dell’indennità, rimane in ogni caso giuridicamente in vita fino alla scadenza del relativo periodo, salvo il consenso delle parti all’immediata o anticipata risoluzione dello stesso (cfr., in tal senso, Cass., 6 agosto 1987 n. 6769);
che questa Corte ha avuto modo di evidenziare la natura mista, sia risarcitoria che retributiva dell’indennità per ferie non godute (Cass. Sez. lav. n. 20836/2013 e n. 1757/2016) e che, da parte sua, la difesa dell’Inps ha posto in rilievo la natura proporzionale di tale indennità rispetto al periodo di lavoro al quale va necessariamente rapportata;
che per le ragioni finora esposte deve escludersi che l’indennità sostitutiva del preavviso e quella per ferie non godute possano essere incluse nel computo delle ultime tre mensilità ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 80 del 1992 e che, pertanto, il ricorso è fondato, con conseguente accoglimento dello stesso e con cassazione dell’impugnata sentenza;
che non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., con rigetto della domanda;
che in considerazione della particolarità delle questioni trattate si reputa equo disporre la compensazione delle spese dell’intero processo;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero processo.
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