CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2017, n. 17370
Rapporto di lavoro – Assegno per il nucleo familiare – Domanda amministrativa – Mancanza
Rilevato
che con sentenza in data 17 maggio 2011 la Corte di Appello di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto da D.C. nei confronti della Regione Calabria avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Locri n. 3652/07, che aveva rigettava la domanda della lavoratrice;
che D.C. aveva adito il Tribunale premettendo che fin dall’anno 1999 e fino al 31 dicembre 2001 aveva prestato servizio presso il Comune di Locri in progetti LPU e che dall’anno 2000 non le era stato più erogato l’assegno per il nucleo familiare, al cui pagamento chiedeva fosse condannata la Regione;
che la Corte d’Appello rilevava che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto rilevante la mancanza della domanda amministrativa, non verificandosi lo sbarramento di cui all’art. 443 cod. proc. civ. e accoglieva il relativo motivo di appello;
che tuttavia rigettava la domanda atteso che sussisteva il difetto di legittimazione passiva della Regione Calabria poiché l’azione avrebbe dovuto essere proposta nei confronti del Comune di Locri;
che avverso tale sentenza della Corte d’Appello la lavoratrice ha proposto ricorso affidato a tre motivi, al quale ha opposto difese la Regione Calabria con controricorso;
che il P.G. in data 13 marzo 2017 ha richiesto l’accoglimento del ricorso.
Considerato
che con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 112, cod. proc. civ., atteso che, benchè essa lavoratrice avesse impugnato la sentenza di primo grado solo con riguardo alla dichiarata inammissibilità della domanda per mancanza della domanda amministrativa, il giudice di secondo grado aveva ampliato il thema decidendum con riguardo alla legittimazione passiva benché non vi fosse appello incidentale della Regione;
che il motivo non è fondato, atteso che come si legge nello stesso ricorso per cassazione della lavoratrice (pag. 16) la Regione, nel costituirsi in appello eccepiva nuovamente, come già fatto in primo grado (pag. 5 del ricorso per cassazione della lavoratrice), il proprio difetto di legittimazione passiva;
che essendo parte totalmente vittoriosa in primo grado, la Regione non doveva proporre appello incidentale sul proprio difetto di legittimazione passiva;
che con il secondo motivo di ricorso si denuncia insufficiente, contraddittoria motivazione della sentenza impugnata su di un punto decisivo della controversia per avere negato la legittimazione passiva della Regione Calabria, nonostante una serie di atti, non adeguatamente valutati dalla Corte territoriale, dimostrassero che l’ente utilizzatore era un semplice delegato al pagamento; che con il terzo motivo si denuncia vizio di ultrapetizione e falsa applicazione di norme di diritto, deducendo che, con il d.lgs. n. 468 del 1997 e con il successivo d.lgs. n. 81 del 2000, la Regione, in virtù del poteri acquisiti con l’autonomia in materia di politiche del lavoro, ha sostituito se stessa all’Inps quale ente gestore delle somme erogate ai lavoratori socialmente utili, divenendo così il soggetto tenuto al pagamento degli assegni che dovevano essere, secondo le previsioni di legge e gli stanziamenti statali, comprensivi della rivalutazione Istat;
che i suddetti motivi devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione;
che in ragione dei principi già affermati da questa Corte in analoghe fattispecie (Cass., n. 6914 del 2016, n. 6711 del 2016, n. 6180 del 2016, cfr., anche Cass. n. 8574 del 2016) gli stessi sono fondati;
che risulta dalla sentenza impugnata ed è sostanzialmente incontroverso tra le parti che, sulla base di tale disposizione, in data 29 febbraio 2000 la Regione Calabria ha stipulato con il Ministero del lavoro una convenzione con cui le veniva assegnato l’importo complessivo di 29 miliardi e 500 milioni di lire dal Fondo per l’occupazione quale trasferimento di fondi statali vincolati alla realizzazione delle misure di politica attiva dell’impiego ai sensi dell’art. 45, c. 6, della legge n. 144 del 1999. In attuazione della convenzione con lo Stato la Giunta regionale, con delibera n. 733/2000, al fine di consentire la continuità lavorativa, a tutto il 31 gennaio 2001, dei giovani disoccupati che alla data del 31 ottobre 2000 risultavano utilizzati presso gli enti attuatori della convenzione suddetta e per assicurare la possibilità di inserimento a quelli che non avevano potuto maturare i 12 mesi a carico del Fondo per l’occupazione, ha stabilito di corrispondere agli enti utilizzatori il sussidio mensile di 800.000 lire per ciascuno dei soggetti utilizzati fino alla data del 31 gennaio 2001;
che una volta che, sulla base di detta convenzione, il rapporto giuridico si è instaurato tra Regione, ente utilizzatore e soggetto utilizzato in lavori di pubblica utilità, il trasferimento delle risorse dal Fondo per l’occupazione – da cui l’Inps attingeva per l’erogazione del sussidio – alla Regione Calabria, che ha determinato l’ammontare dell’assegno ed ha ricevuto per esso il finanziamento vincolato dallo Stato, impone di ritenere che sia proprio l’amministrazione regionale la destinataria della pretesa creditoria del lavoratore il quale ritenga che l’emolumento a lui spettante sia stato quantificato in misura difforme da quanto previsto dalla legge, e ciò naturalmente a prescindere dalla fondatezza della domanda sottoposta a successiva delibazione;
che nell’ambito del rapporto giuridico previdenziale in materia di lavori socialmente utili, sull’ente utilizzatore non gravano gli oneri per li pagamento dell’assegno, al di fuori di quelli relativi all’assicurazione obbligatoria presso l’Inail e per la responsabilità civile verso terzi nonché di quelli attinenti all’importo Integrativo per le ore eccedenti rispetto a quelle remunerate con la prestazione a carico dell’Inps (v. Cass. n. 6670 del 2012);
che così pure nella specie, ove il rapporto giuridico plurilaterale è strutturalmente conforme ad un qualunque rapporto realizzato nell’ambito dei lavori di pubblica utilità, applicandosi i relativi principi comuni, l’ente utilizzatore non è il soggetto debitore dell’eventuale onere aggiuntivo gravante sull’assegno rivendicato da parte ricorrente, rimanendo esso estraneo alla determinazione dell’ammontare dell’emolumento nonché alla ripartizione della relativa fonte di finanziamento, deliberazioni invece di pertinenza regionale;
che ritiene il Collegio, rigettato il primo motivo, vanno accolti gli altri, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria in diversa composizione, la quale deciderà la controversia uniformandosi agli esposti principi enunciati in diritto, provvedendo altresì sulle spese.
P.Q.M.
Accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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