CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 gennaio 2018, n. 1461

Tributi – Accertamento – Studi di settore – Scostamento valori – Contenzioso tributario

Rilevato

– che con sentenza n. 4217 del 17 luglio 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello principale proposto da F.M., di professione artigiano, e quello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’avviso di accertamento di maggiori imposte ai fini IVA, IRAP ed IRPEF risultanti dallo scostamento tra i ricavi dichiarati relativamente all’anno di imposta 2004 e quelli derivanti dall’applicazione degli studi di settore di cui all’art. 62 sexies d.l. n. 331 del 1993, convertito con modificazioni nella legge n. 427 del 1993;

– che i giudici di appello sostenevano che «il reddito accertato dall’Ufficio non appare completamente giustificato trattandosi di azienda di edilizia artigiana con sede in Torrice relativamente all’anno 2004», «che disponeva, all’epoca dei fatti di pochi beni strumentali e di 2 dipendenti per cui persisteva anche una ridotta attività dei lavori» e che «la decisione emessa dai primi giudici non merita pertanto censura tenuto conto delle argomentazioni fornite dall’appellante anche relativamente ad un tenore di vita risultato in sostanza modesto»;

– che avverso tale statuizione ricorre per cassazione il contribuente, anche nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di due motivi, cui non replicano gli intimati, l’Agenzia delle entrate essendosi limitata a depositare istanza di partecipazione all’eventuale discussione della causa in pubblica udienza;

– che la causa perviene a seguito del decorso del termine di sospensione disposta ai sensi dell’art. 11, comma 8, d.l. n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, per non avere il contribuente provveduto alla definizione agevolata della controversia;

– che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

– che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata;

Considerato

– che va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze per difetto di legittimazione processuale e perché estraneo ai gradi di merito del giudizio (cfr., ex multis, Cass. n. 19111 del 2016, n. 22992 del 2010, n. 9004 del 2007, nonché Cass. S.U. n. 3118 del 2006; n. 3116 del 2006; n. 20781 del 2016), precisandosi che, in difetto di difese svolte dall’intimato, non occorre disporre sulle spese di lite;

– che con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata sotto diversi profili e, precisamente, perché priva della concisa esposizione dello svolgimento del processo, perché corredata da motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., e perché priva delle richieste delle parti con conseguente omessa pronuncia sulle stesse;

– che il motivo è fondato con riferimento alla dedotta nullità della sentenza perché corredata da motivazione apparente;

– che, invero, costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata invero, l’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che «l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità» e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti»;

– che, pertanto, la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive – dal punto di vista grafico – di motivazione (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente in comprensibile» (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res deriderteli» (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata);

– che nel caso di specie la motivazione della sentenza, come riportata nei suoi passi salienti nella parte dedicata all’esposizione dello svolgimento del processo, non solo non è autosufficiente (es. Cass. n. 777 del 2011) e non realizza alcuna forma virtuosa di rinvio per relationem (Cass. n. 3920 del 2011; conf. Cass. S.U. n. 13937 del 2002, n. 16277 del 2010, n. 642 del 2015), ma le considerazioni svolte di certo non disvelano il percorso logico-giuridico seguito dal decidente per risolvere le questioni poste nel giudizio, non essendo all’uopo idoneo il riferimento alla statuizione di primo grado, senza indicazione né delle tesi in essa sostenute dal giudice di prime cure, né delle ragioni di condivisione; d’altro canto, non può essere lasciato all’occasionale arbitrio dell’interprete integrare la sentenza, in via congetturale, con le più varie, ipotetiche argomentazioni motivazionali (cfr. Cass. S.U. n. 16599 del 2016) e «l’impossibilità di individuare l’effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della decisione impugnata, alla stregua della nozione di “motivazione apparente” innanzi delineata» (Cass. S.U. n. 8053 del 2014, sopra citata);

– che la fondatezza del profilo di censura in esame rende superfluo l’esame degli altri profili dedotti nel primo motivo e del secondo motivo, con cui il ricorrente ha censurato la statuizione d’appello per violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000 e 42 d.P.R. n. 600 del 1973;

– che, pertanto, il primo motivo di ricorso va accolto per quanto di ragione, assorbito il secondo e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR laziale che provvederà a regolamentare anche le spese del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, accoglie, nei termini di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.