CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2017, n. 27851
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Potere dei giudici di acquisizione di documenti necessari per la decisione
Rilevato che
1. il giudice d’appello ha annullato l’atto di contestazione e irrogazione sanzioni per l’anno d’imposta 2000, oggetto del presente giudizio, a causa della ritenuta illegittimità dell’ordinanza istruttoria con cui la C.T.P., nel revocare il provvedimento di riunione di quattro giudizi promossi dal contribuente, aveva ordinato all’amministrazione di “esibire in giudizio copia integrale del processo verbale di constatazione dal quale scaturiscono gli atti poi impugnati” (di cui essa aveva depositato uno stralcio in sede di costituzione: v. all. 1 citato a pag. 3 del ricorso), sostenendo che il potere officioso di cui all’art. 7, d.lgs. 546/92 non può essere utilizzato per sopperire a carenze istruttorie delle parti;
2. con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione lamenta la “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.”, nella parte in cui la C.T.R. avrebbe affermato (testualmente) che “stante l’omessa produzione del testo integrale del processo verbale di constatazione nel giudizio di primo grado, la CTP avrebbe erroneamente rigettato il ricorso fondando la propria decisione sull’esame di tale documento, non agli atti del giudizio R.G.R. n. 476/2007, ma depositato in altro giudizio trattato contestualmente”, e censurato la mancata formulazione di una “domanda di rimessione in termini” da parte dell’Ufficio; con il secondo mezzo deduce la nullità della sentenza “per violazione dell’art. 132 c.p.c”, trattandosi di “motivazione apparente” laddove la C.T.R. “nega l’esistenza in atti del p.v.c. in all. 2″; con il terzo motivo deduce infine la ” violazione e falsa applicazione degli articoli 7 e 58 comma 2 dgs. n. 546/1992″, in quanto la supposta illegittimità dell’ordinanza istruttoria del giudice di prime cure resterebbe in ogni caso superata dalla facoltà delle parti di produrre nuovi documenti in appello;
3. all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha disposto adottarsi la motivazione in forma semplificata.
Considerato che
4. il primo motivo va respinto, sia perché nella sentenza impugnata non si rinviene l’affermazione censurata sopra testualmente trascritta, sia perchè non è dato riscontrare la violazione delle norme indicate, alla luce dell’orientamento di questa Corte per cui “la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all’apprezzamento delle risultante probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale” (Cass. sez. V, 20382/16), o altresì abbia “dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli”; così come “la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) e idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, c.p.c., solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime” (Cass. sez. V, 11892/16; conf. Cass. 20382/16, 24434/16, 10115/17);
5. anche il secondo motivo è infondato, in quanto, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. ad opera del d.l. 83/12, convertito dalla l. 134/12, il sindacato di legittimità sulla motivazione deve intendersi ridotto (alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi) al “minimo costituzionale”, nel senso che “è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sì, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali”, con la precisazione che “tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. S.U. 8053/14 e 9032/14; cfr. Cass. 20112/09), mentre nel caso di specie la motivazione, per quanto stringata, consente di cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata;
6. può invece trovare accoglimento il terzo motivo, poiché, sebbene “l’esercizio del potere di acquisizione di documenti necessari per la decisione, attribuito alle commissioni tributarie dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7, comma 3” (ora abrogato) “costituisce una facoltà discrezionale del giudice e non può sopperire al mancato assolvimento dell’onere probatorio delle parti” (Cass. 17265/17, 588/17, 24720/16, 16793/16, 955/16, 25769/14), tuttavia l’eventuale “vizio processuale derivante dall’illegittimo esercizio, da parte del giudice, del potere istruttorio di cui all’art. 7, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 (ora abrogato) integra una nullità relativa e deve, quindi, essere eccepito dalla parte, che non vi rinunci espressamente o tacitamente, nella prima udienza o nel primo atto difensivo utile” (Cass. 20972/15) — nel caso di specie sembrerebbe che alla sollevata contestazione la C.T.P. avesse replicato che si era trattato di una semplice integrazione di una produzione già effettuata “in stralcio” (v. pag. 5 del ricorso) — e soprattutto, una volta che il documento sia stato comunque acquisito in primo grado, ovvero prodotto in secondo grado, la sua valutazione rappresenta un atto doveroso per il giudice d’appello, tenuto conto che nel contenzioso tributario l’art. 58, comma 2, D.Lgs. n. 546/92 “consente la produzione nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in precedenza” e dunque anche di documenti nuovi (Cass. 17265/17, 22776/15, 3661/15, 12008/11);
7. la sentenza va quindi cassata con rinvio per nuovo esame alla luce dei principi sopra enunciati, oltre che per la statuizione sulle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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