Corte di Cassazione ordinanza n. 28977 depositata il 5 ottobre 2022
notifica – contraddittorio endoprocedimentale – accertamenti bancari
RILEVATO CHE:
Il contribuente Lorenzo Urbano, di professione ingegnere, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 4596/18/2014 depositata il 14 maggio 2014. La vicenda trae origine dalla notifica dell’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2006, per maggiori compensi in esito ad indagini bancarie. L’atto impositivo veniva opposto e la C.t.p. di Benevento accoglieva in parte il ricorso, per cui il contribuente proponeva appello, che la C.t.r. respingeva. L’impugnazione è basata su sei motivi. Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Il ricorso veniva fissato una prima volta all’adunanza camerale dell’11/5/2021 e successivamente a quella del 21 settembre 2022 a seguito di rinvio a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione oggetto del quinto motivo di ricorso.
Il contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli 32, 33, 38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n.600 del 1973 per non aver rilevato la C.t.r. il contrasto tra le modalità dell’accertamento ed i principi affermati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.228 del 2014.
Con il secondo, il terzo e il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto corretti i criteri di calcolo nella ricostruzione della sua capacità contributiva, in base alla movimentazione bancaria.
Con il quinto motivo, la parte deduce violazione dell’art. 140 cod.proc.civ. e la conseguente nullità della notifica dell’avviso di accertamento, per l’omesso inoltro della raccomandata informativa del deposito del plico presso la casa comunale, da parte del notificante, dopo la tentata notifica all’indirizzo di residenza del destinatario per sua temporanea assenza. Tale omissione – precisa – era stata poi sanata ai sensi dell’art.156 cod.proc.civ. a seguito della acquisita conoscenza effettiva dell’atto, che la parte afferma essere avvenuta in data 10 gennaio 2013 e quindi in data successiva alla scadenza, in data 31.12.2012, del termine di decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento.
Con il sesto motivo, ha dedotto violazione dell’art. 12 della legge 212 del 2000 per aver omesso l’Ufficio di concedergli 60 giorni per eventuali osservazione prima di emettere l’atto impositivo notificatogli.
2. Il quinto motivo di ricorso presenta un rilievo logicamente preliminare e va esaminato per primo.
Con esso la parte deduce la violazione dell’art. 140 cod.proc.civ. e la conseguente nullità della notifica dell’avviso di accertamento, per l’omesso inoltro della raccomandata informativa del deposito del plico presso la casa comunale, da parte del notificante, dopo la tentata notifica all’indirizzo di residenza del destinatario per sua temporanea assenza. Tale omissione, secondo il giudice di appello, sarebbe stata poi sanata ai sensi dell’art.156 cod. proc. civ. a seguito della acquisita conoscenza effettiva dell’atto, che la parte afferma essere avvenuta in data 10 gennaio 2013, con il ritiro del plico presso la casa comunale, e quindi in data successiva alla scadenza, in data 31.12.2012, del termine di decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento. Nell’illustrare il motivo di ricorso, il ricorrente sostiene che, nel caso di specie, l’effetto sanante della notifica, non avrebbe evitato la decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo, in quanto la conoscenza dell’atto era maturata successivamente allo spirare del termine decadenziale, richiamando a sostegno di tale assunto la giurisprudenza di questa Corte in tal senso. Il giudice regionale aveva ritenuto di superare l’eccezione assumendo che il c.d. principio della scissione degli effetti della notifica, tra mittente e destinatario, evitava, comunque, la decadenza dell’Amministrazione, ove l’affidamento dell’atto impositivo all’organo della notifica fosse antecedente alla scadenza del termine, pur in presenza di una notifica irrituale sanata, in base all’art.156 cod.proc.civ., dalla conoscenza effettiva dell’atto, avente efficacia ex tunc.
Il motivo è infondato e va rigettato.
Invero il ritiro del plico presso la casa comunale è proprio l’atto a cui è finalizzato l’avviso di deposito mediante lettera raccomandata.
Il ritiro suddetto suggella il perfezionamento della notifica, che non può considerarsi come non avvenuta, anche se, per ipotesi, non sia stato inviato l’avviso di deposito.
Sebbene il contribuente deduca che l’amministrazione sia incorsa in decadenza, in quanto il ritiro del plico è avvenuto dopo lo scadere dei termini per la notifica dell’atto impositivo, e che, quindi, non sia possibile alcuna sanatoria dell’illegittimità della notifica, derivante dal mancato invio della lettera raccomandata contenente l’avviso di deposito, non può farsi a meno di rilevare che la notifica, comunque, è andata a buon fine, raggiungendo il suo destinatario nella modalità tipica prevista per l’irreperibilità relativa (cioè il ritiro presso la casa comunale).
Nella specie sono pertanto applicabili i principi in tema di scissione degli effetti della notifica, con la conseguenza che, al fine di valutare se l’amministrazione finanziaria sia incorsa in decadenza, deve farsi riferimento al momento della spedizione dell’atto, pacificamente tempestivo, e non a quello della sua ricezione, avvenuta con il ritiro del plico decorso il termine di decadenza.
Invero, <<in materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e degli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi d’imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti, né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della notifica dell’atto e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente.>> (Cass. S.U. n. 40543/2021).
3. Passando al sesto motivo, anch’esso prioritario rispetto agli altri, se ne rileva l’infondatezza.
Come è stato detto, <<in tema di accertamento fiscale, il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale “vis expansiva” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente>> (Cass. n. 24793/2020; conf. Cass. S.U. 24823/2015).
Nel caso di specie, trattandosi di indagini sulle movimentazioni bancarie, senza alcun accesso, ispezione o verifica presso la sede del contribuente, non è applicabile il termine dilatorio di cui parte contribuente lamenta l’inosservanza.
4.Il primo, il secondo ed il terzo motivo, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono in parte fondati e vanno accolti.
In materia di accertamenti bancari, la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenze n. 4829/2015; 5758/2018) è ferma nel ritenere che, qualora l’accertamento effettuato dall’Ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo l’art. 32, comma primo, n. 2), del d.P.R 600/1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un’inversione dell’onere della prova, a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili, dalla movimentazione bancaria, non sono riferibili ad operazioni imponibili.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.288 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, primo comma, numero 2), secondo periodo, del d.P.R. n.600/1973 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, limitatamente alle parole «o compensi», ed ha ridefinito il perimetro applicativo della norma relativa ai prelevamenti, la presunzione si applica ai movimenti bancari di prelevamento, solo se essi riguardano un imprenditore e non un lavoratore autonomo.
Ne consegue che, in tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai soli versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità̀ di tali movimenti ai fatti imponibili, mentre è venuta meno, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività̀ imprenditoriale e professionale relativamente ai prelevamenti sui conti correnti (Cass. nn. 16697 del 09/08/2016, 19029 del 27/09/2016).
Nell’ambito del quadro normativo sopra delineato, la sentenza impugnata non fa corretta applicazione dei principi suddetti con riferimento ai prelevamenti effettuati sul conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, per i quali non vi era l’inversione dell’onere probatorio.
5. Infine, per quanto riguarda il quarto motivo, esso è infondato e va rigettato.
In particolare, il contribuente si duole della mancata considerazione da parte del giudice di appello, ai fini della determinazione del dovuto, del verbale negativo redatto a seguito di un infruttuoso tentativo di accertamento con adesione, dal quale risulterebbe il riconoscimento da parte dell’amministrazione di alcuni costi detraibili.
Effettivamente questa Corte, con una recente ordinanza, ha chiarito che <<il verbale redatto nell’ambito del procedimento di accertamento per adesione e sottoscritto sia dall’Amministrazione finanziaria, sia dal contribuente, costituisce un documento utilizzabile a fini probatori nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento del procedimento, atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell’atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutare la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate>> (Cass. n.6391/2022).
Tuttavia nel caso di specie, il giudice di appello, partendo dai costi complessivi recuperati a tassazione con l’avviso di accertamento, ha analizzato le singole voci, ritenendo di confermare la sentenza di primo grado, in quanto non vi era la prova dell’esistenza ed inerenza dei costi che la C.t.p. di Benevento aveva riconosciuto non deducibili.
In conclusione, vanno accolti, nei sensi chiariti in motivazione, il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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