Corte di Cassazione ordinanza n. 21135 depositata il 4 luglio 2022
ICI – notifica – decadenza – prescrizione
RITENUTO CHE
La Regione Molise ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di Evenzio Fanti, avverso la sentenza della CTP di Campobasso, indicata in epigrafe, che riformando la decisione di primo grado aveva ritenuto effettuato oltre il termine di prescrizione la notifica a mezzo posta dell’avviso di accertamento e irrogazione di sanzioni, relativamente a tassa automobilistica (2005), ricevuto dal destinatario il 9/1/2009, allorquando il termine triennale era già scaduto, non potendo assumere rilevanza l’epoca della consegna dell’atto all’agente notificatore, avvenuta quando detto termine non era ancora decorso.
Ad avviso del giudice di appello, per il carattere ricettizio dell’atto impositivo, la sua notifica produce effetti solo nel momento in cui perviene a conoscenza del destinatario.
Il contribuente ha depositato controricorso.
RITENUTO CHE
La Regione Molise ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di Evenzio Fanti, avverso la sentenza della CTR del Molise, indicata in epigrafe, che riformando la decisione di primo grado ha ritenuto effettuata oltre il termine di prescrizione la notifica, eseguita a mezzo posta, dell’avviso di accertamento e irrogazione della sanzione per omesso versamento della tassa automobilistica (2005), che è pervenuto al destinatario il 9/1/2009 quando il termine triennale era già scaduto.
Secondo il giudice di appello non assume rilievo l’epoca della consegna dell’atto impositivo all’agente notificatore, nella specie, pacificamente avvenuta quando non era ancora decorso detto termine, trattandosi non di termine decadenziale ma prescrizionale, per cui l’atto interruttivo produce i suoi effetti solo nel momento in cui perviene a conoscenza del destinatario.
Il contribuente ha depositato controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 5, d.l. n. 359 del 1982, 14 e 4, I. n. 890 del 1982, 149 c.p.c., perché la CTR ha escluso che nella materia tributaria de qua possa trovare applicazione “il principio della postalizzazione”, senza considerare che la consegna dell’atto per la spedizione costituisce manifestazione della volontà della parte di far valere il proprio diritto con effetti anche ai fini della interruzione della prescrizione.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n.5, c.p.c., omessa, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, perché la CTR nulla dice in merito alla specificità degli avvisi di accertamento in relazione alla “postalizzazione”, richiamando giurisprudenza di legittimità non pertinente.
La prima censura è fondata e va accolta, con assorbimento della seconda, per le ragioni di seguito esposte.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che il principio secondo cui gli effetti della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale si producono – per il notificante – al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario (ovvero al personale del servizio postale) e – per il destinatario – al momento della ricezione, trova applicazione con riferimento non solo agli atti processuali (con riguardo anche agli effetti sostanziali da questi ultimi eventualmente prodotti, come stabilito da Cass. Sez. Un. n. 24822/2015) ma anche agli atti d’imposizione tributaria, con la conseguenza che deve considerarsi tempestivo l’invio dell’atto impositivo effettuato prima dello spirare del termine di decadenza gravante sull’ufficio, a nulla rilevando che la consegna al destinatario sia in ipotesi avvenuta successivamente a tale scadenza, e ciò sul presupposto che il mancato verificarsi degli effetti della notificazione per il notificante non può essere fatta dipendere da un evento estraneo all’attività di impulso ed alla sfera organizzativa propria del medesimo, quale il tempo impiegato per la consegna al destinatario dall’agente notificatore, al quale il plico sia stato consegnato in tempo utile, e fermo restando che, per entrambe le parti, gli effetti della notificazione si producono comunque solo all’esito dell’effettivo perfezionamento dell’intero processo notificatorio (Cass. Sez. Un. n. 40543/2012, Cass. n. 9205/2019, Cass. n. 32177/2019, Cass. n. 8867/2016, Cass. n. 22320/2014, Cass. n.11457/2012, Cass. n.15298/2008, 19854/2004, 1647/2004).
Si tratta di principio – generale – che ha trovato ulteriore conferma nella sentenza n. 40543/2021 delle Sezioni Unite, secondo la quale “in materia di notificazione degli atti di imposizione tributaria e degli effetti di questa sull’osservanza dei termini, previsti dalle singole leggi d’imposta, di decadenza dal potere impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti della notificazione, sancito per gli atti processuali dalla giurisprudenza costituzionale, e per gli atti tributari dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare natura recettizia di tali atti, né la qualità del soggetto deputato alla loro notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di decadenza cui è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella quale l’ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della notifica dell’atto e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente“.
Va, inoltre, ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 477/2002, aveva affermato, in sede di dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’articolo 149 c.p.c., che per le notificazioni a mezzo posta vale il principio, poi recepito dal legislatore nell’ultimo comma dell’articolo 149 cit. e – segnatamente in materia tributaria – dal sesto comma dell’articolo 60 d.p.r. 600 del 1973 (aggiunto dall’art.37, co.27 lett. f) del d. I. 223 del 2006, conv. in I. 248/06), secondo cui “qualunque notificazione a mezzo del servizio postale si considera fatta nella data della spedizione; i termini che hanno inizio dalla notificazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”.
Nel caso di specie, la CTR del Molise ha escluso che, ai fini della tempestività dell’accertamento relativo alla tassa automobilistica, dovesse rilevare la data di consegna dell’atto all’agente notificatore, pacificamente avvenuta entro il termine anzidetto, affermando, viceversa, l’intempestività della iniziativa di “recupero” della tassa automobilistica evasa, a causa della consegna dell’avviso di accertamento eseguita al contribuente oltre tale termine, essendo necessario un atto che valga a costituire in mora il debitore.
Ad avviso del giudice di appello, ai fini della decisione, vale il termine di prescrizione di tre anni dalla maturazione della tassa e ciò alla stregua del chiaro tenore dell’art. 5 d. I. n. 953 del 1982, conv. nella I. n. 53 del 1983 (“L’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1 gennaio 1983 per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalità si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento. Nello stesso termine si prescrive il diritto del contribuente al rimborso deile tasse indebitamente corrisposte.”), stante l’intempestività della iniziativa di “recupero” della tassa automobilistica evasa, a causa della consegna dell’avviso di accertamento eseguita al contribuente oltre tale termine.
Com’è noto, a decorrere dal 1° gennaio 1993, l’art. 23, comma 1, d.lgs. n. 504 del 1992, attribuisce alle Regioni a statuto ordinario l’intera tassa automobilistica, disciplinata dal t.u. approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39 e successive modifiche, che ha assunto la denominazione di tassa automobilistica regionale, la quale è da ritenersi «tributo proprio derivato dalla Regione» (Corte Cast., n. 288/2012).
Questa Corte ha avuto modo di osservare che, “come più volte chiarito dalla Corte costituzionale, con riferimento alle Regioni a statuto ordinario e nel periodo di tempo successivo alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, la tassa in esame non può ritenersi un tributo proprio della Regione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 117, quarto comma, e 119, secondo comma, Cost.. Di qui la più volte ritenuta violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cast., in relazione a norme regionali che incidevano sulle ipotesi di esenzione dalla tassa automobilistica (sentenza n. 296 del 2003) o modificavano la disciplina dei termini per l’accertamento del tributo (sentenze n. 297 e n. 311 del 2003), non potendo le Regioni integrare la disciplina statale quanto ai presupposti sostanziali del tributo in questione – cfr., da ultimo, Corte cast. n. 209/2018 -“. (Cass. n. 10334/2021, che esclude l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 1, comma 163, I. n. 296 del 1999 riguardante i tributi locali).
Nel caso qui esaminato, il termine triennale da rispettare si riferisce all’attività di accertamento posta in essere dalla Regione Molise e cioè alla fase procedimentale che si colloca “a monte” di quella propriamente riscossiva, costituita dall’emissione della cartella di pagamento del tributo iscritto a ruolo, per cui, com’è stato osservato, non si può parlare di decorrenza della prescrizione nel periodo in cui l’accertamento non è ancora definitivo, essendo aperta la possibilità per il contribuente di contrastare l’accertamento medesimo davanti al giudice munito di giurisdizione (v. in motivazione Cass. n. 10334/2021 cit.).
L’avviso di accertamento è l’atto mediante il quale l’amministrazione finanziaria manifesta – formalmente – la pretesa tributaria al contribuente, a seguito di un’attività di controllo sostanziale, determinando l’entità qualitativa e quantitativa del presupposto del tributo, mentre la compiuta l’attuazione del rapporto tributario si realizza con la riscossione del relativo credito, per adempimento spontaneo da parte del soggetto tenuto alla prestazione oppure coattivo, mediante “ruolo”.
Se, dunque, il fine del decorso del termine previsto dall’art. 5, comma 51, d. I. n. 953 del 1982 è quello di evitare l’indeterminata soggezione del contribuente (v. Cass. Sez. Un. n. 23397/2016) alla potestà impositiva e, nel contempo, di dare certezza al rapporto giuridico tributario, esso abbraccia l’intera area dei provvedimenti diretti al “recupero” delle tasse automobilistiche evase, stante l’ampiezza della formula utilizzata al riguardo dal legislatore.
Tuttavia, gli atti che esprimono esercizio del potere impositivo, a fronte del verificarsi dei presupposti del credito tributario, e che sono rivolti alla formazione del titolo per l’esazione del credito medesimo, comprese le sanzioni, ove il contribuente non li impugni in giudizio o li impugni con esito sfavorevole, non possono che essere assoggettati alla decadenza (v. artt. 43, d.p.r. n. 600 del 1973, 57, d.p.r. n. 633 del 1972, 76, d.p.r. n. 131 del 1986, per i tributi erariali e art. 1, comma 161, I. n. 296 del 2006, per i tributi locali).
La Corte, in tema di ICI, ha avuto modo di affermare “che la realizzazione dell’attività impositiva da parte del comune è soggetto a termini che hanno riguardo alla necessità che tale attività sia posta in essere entro termini certi, non suscettibili d’interruzione, a garanzia del corretto instaurarsi del rapporto giuridico tributario, pertanto, in tale prospettiva, la successiva conoscenza da parte del contribuente non rileva ai fini del rispetto del termine predetto (v. Cass. sez. un. n. 12332/17, in tema procedimento amministrativo sanzionatorio).” (Cass. n. 974972018).
Da quanto precede discende che, per dare compiuta attuazione alla ratio legis sottesa alla norma in esame, va escluso che rivesta valenza decisiva la circostanza che essa qualifichi il termine triennale – soltanto
– come di prescrizione, per l’evidente ragione che l’unico termine richiamabile in relazione all’azione di accertamento del tributo è, appunto, quello di decadenza, donde la necessità di un’interpretazione sistematica che vada oltre il mero dato letterale.
Peraltro, l’ontologica differenza tra termini “decadenziali” e termini “prescrizionali”, rispetto ai quali la natura tipicamente recettizia (art. 1335 e.e.) dell’atto – interruttivo – posto in essere dall’Amministrazione sconsiglia, ragionevolmente, di estendere a tale categoria di atti il più volte evocato principio di scissione degli effetti della notificazione.
Orbene, la Regione Molise ha contestato al contribuente, sulla base delle risultanze del Pubblico Registro Automobilistico, il mancato pagamento della tassa automobilistica, relativamente all’annualità 2005, nonché irrogato la prevista sanzione, con avviso spedito entro il termine decadenziale fissato legislativamente e validamente ricevuto dal contribuente.
Si tratta, all’evidenza, di un atto impositivo, non meramente riscossivo, l’estinzione della obbligazione tributaria per decorso del tempo (id est, la prescrizione) è fattispecie estranea all’esercizio
dell’imposizione fiscale, la quale è assoggettata ad un limite temporale che assicura la certezza e stabilità del rapporto tributario, per cui, al di là del nomen iuris e della formale qualificazione giuridica operata dal legislatore, la fattispecie è riconducibile piuttosto all’istituto della decadenza (art. 2964 e.e.) che, peraltro, a differenza di quello della prescrizione, non è soggetto né a sospensione né a interruzione.
Ai fini del tempestivo esercizio del potere impositivo, dunque, assume rilevanza “la data nella quale l’ente ha posto in essere gli adempimenti necessari ai fini della notifica dell’atto, e non quello, eventualmente successivo, di conoscenza dello stesso da parte del contribuente” (Cass. Sez. Un. n. 40543/2012 cit.) con la ulteriore conseguenza che il credito tributario divenuto definitivo per omessa impugnazione nei termini da parte del contribuente o per passaggio in giudicato della sentenza che lo abbia confermato, resta soggetto al regime della prescrizione (Cass. n. 32048/2021).
Una diversa soluzione interpretativa finirebbe per far gravare sull’Amministrazione, irragionevolmente rispetto agli interessi coinvolti, gli effetti decadenziali di un’attività, quella notificatoria, sui tempi della quale chi agisce non ha alcun potere d’influire.
Le spese processuali, comprese quelle dei gradi di merito, possono essere compensate in ragione del progressivo consolidarsi dei principi di diritto applicati.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.
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