CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 febbraio 2018, n. 4586
Imposte dirette – IRPEG – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento
Rilevato in fatto
1. La Banca delle M. ricorre con un unico motivo contro l’Agenzia delle Entrate ed il Ministero dell’Economia e Finanze, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe n. 676/2010 emessa dalla Commissione Tributaria Centrale, Sezione di Ancona, Collegio n.1, in controversia concernente il diritto al rimborso dell’acconto di imposta IRPEG di cui al D.P.R. n. 116/1974.
2. In particolare, con la cartella esattoriale n.7208, notificata alla ex Cassa di risparmio di Pesaro in data 10/11/1974, veniva iscritto a ruolo l’importo di 71.370.250 di vecchie lire a titolo di acconto dell’IRPEG dovuta per l’anno 1974. L’acconto era determinato in percentuale sul reddito imponibile risultante dalla dichiarazione presentata nell’anno precedente (1973), ai sensi dell’art. 100 bis e ss. D.P.R. n. 602/73, e riscosso mediante iscrizione in ruoli straordinari, ai sensi dell’art.100 quinquies D.P.R. n. 602/73. La Cassa di Risparmio aveva impugnato la predetta cartella limitatamente all’importo di 20.981.100 di vecchie lire, perché l’Ufficio delle Imposte di Pesaro aveva errato nella determinazione dell’imponibile dell’anno 1973, non avendo tenuto conto della detrazione degli importi relativi ai nuovi investimenti. Nelle more del giudizio, la Cassa di risparmio in data 15 maggio 1975 aveva presentato la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1974, da cui risultava una perdita fiscale, ed in data 1 luglio 1975 aveva pagato l’intero importo dell’acconto dedotto in cartella.
Con sentenza n. 149/76 la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso della Cassa di Risparmio, relativo alla quota parte di 20.981.100 di vecchie lire, e l’ufficio aveva provveduto allo sgravio del suddetto importo.
In data 30/12/1980 veniva notificato alla Cassa di risparmio l’avviso di accertamento n.40/60, che confermava la perdita fiscale, rettificandone l’importo, ed in data 5/11/1981 la Cassa di risparmio presentava all’Intendenza di finanza di Pesaro istanza di rimborso della somma di 50.937.165 di vecchie lire (euro 26.028,00), quale differenza tra quanto versato complessivamente a titolo di acconto il primo luglio 1975 e quanto annullato a seguito di sgravio parziale, oltre interessi.
3. Su tali premesse di fatto, la Commissione Tributaria Centrale, riformando le precedenti decisioni del Giudice Tributario di prima e seconda istanza, in accoglimento del ricorso dell’Ufficio II.DD. di Pesaro, ha dichiarato non dovuto il rimborso, poiché la Banca non aveva inserito il relativo importo nell’apposito riquadro della dichiarazione dei redditi (mod. 760-anno 1974 presentata il 15/5/1975), onde beneficiare della detrazione dell’acconto pagato mediante cartella di pagamento, né lo aveva richiesto con apposita istanza nei termini di cui all’art. 38 DPR n. 602/1973, decorrenti dalla data di presentazione della dichiarazione (15/5/1975) o al più dalla data del pagamento (1/7/1975).
4. A seguito del ricorso della Banca delle M., l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso, replicando al ricorso, mentre il Ministero è rimasto intimato.
5. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21 dicembre 2017, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
6. Parte ricorrente depositava memorie.
Considerato in diritto
1.1 Con un unico articolato motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 41 D.P.R. n. 602/1973, degli artt. 100 bis e ss. D.P.R. n. 602/1973, dell’art. 36 bis D.P.R. n. 600/1973, degli artt. 2964 e 2946 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3, c.p.c..
1.2 Sostiene la ricorrente che, non avendo prodotto alcun reddito nell’anno 1974, ma solo una perdita fiscale, ha diritto al rimborso della somma versata a titolo di acconto per l’imposta IRPEG dell’anno 1974, determinata in via presuntiva sull’imponibile dell’anno 1973 e non dovuta.
Secondo la ricorrente avrebbe errato la C.T.C., Sezione di Ancona, nel ritenere applicabile al caso in esame il termine di cui all’art. 38 D.P.R. n. 602/1973, riferibile solo all’ipotesi di maggior versamento diretto, eseguito spontaneamente dal contribuente per errore, fattispecie del tutto diversa da quella in oggetto, in cui la riscossione dell’acconto è avvenuta tramite iscrizione in un ruolo straordinario, ai sensi dell’art. 100 bis D.P.R. n.602/1973. In particolare, l’A.F. avrebbe dovuto rimborsare d’ufficio la somma versata dalla ricorrente a titolo di acconto, ai sensi degli artt. 41 e 100 quater D.P.R. 602/1973, in quanto l’imposta era stata iscritta illegittimamente a ruolo. Precisa, inoltre, la ricorrente che la circolare ministeriale n.8/15/7680 del 24/5/1974, proprio con riguardo al versamento degli acconti IRPEG del 1974, forniva istruzioni agli uffici finanziari nel senso che ” il contribuente ha diritto al rimborso della differenza (tra l’imposta dovuta in base alla dichiarazione o agli accertamenti dell’Ufficio e l’acconto versato) che sarà effettuato secondo le procedure di cui all’art. 41″. Dunque l’A.F. avrebbe dovuto, nel rispetto dell’art. 41 D.P.R. 602/1973 e della circolare ministeriale, nonché dei principi di buona fede e dell’affidamento nei rapporti reciproci tra contribuente e fisco, erogare il rimborso, se del caso ricorrendo alla procedura di liquidazione della dichiarazione dei redditi di cui all’art. 36 bis D.P.R. n. 600/1973, a cui rinvia il secondo comma dello stesso articolo 41. Di conseguenza, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2964 c.c. e ss. e 2946 c.c. e ss., in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., poiché l’art. 41 D.P.R. n. 602/1973, applicabile al caso di specie, non contempla la necessità dell’istanza della parte, da esercitarsi nei termini decadenziali di cui all’art. 38 D.P.R. n. 602/1973. Secondo la ricorrente, alla fattispecie in esame sarebbe, invece, applicabile il termine di prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c.
1.3 D motivo è infondato e va rigettato.
1.4 Preliminarmente, deve rilevarsi che l’iscrizione a ruolo per l’importo oggi in contestazione era stata legittimamente eseguita dalla P.A. Non vi è stato, infatti, alcun errore dell’Amministrazione Finanziaria nella iscrizione a ruolo (se non quello sul “quantum” riconosciuto dalla C.T.P. su ricorso del contribuente e che ha comportato lo sgravio delle somme erroneamente computate), per cui il diritto del contribuente al rimborso, ai sensi dell’art. 100 quater D.P.R. n. 602/73, non nasce da un atto patologico della P.A., bensì dall’eccedenza dell’acconto versato, determinato secondo i criteri legali vigenti all’epoca e risultato eccessivo solo alla luce della successiva dichiarazione.
1.5 La fattispecie in esame non è, quindi, riconducibile alla previsione dell’art. 41 D.P.R. n. 602/73, secondo cui il rimborso deve essere eseguito d’ufficio quando la prestazione indebita consegua alla formazione di atti della riscossione viziati da errori materiali o a duplicazioni dovute alla stessa Amministrazione.
1.6 Né essa rientra nell’ipotesi di cui all’art. 36 bis D.P.R. n.600/73, secondo cui l’Ufficio provvede in via autonoma al rimborso delle imposte versate in eccesso rispetto all’imposta che risulta dovuta in base alla dichiarazione dei redditi, poiché la banca non aveva menzionato l’acconto nell’apposito paragrafo della dichiarazione e, quindi, l’amministrazione non ha potuto prenderne atto in sede di rettifica.
1.7 Nell’ordinamento tributario vige, per la ripetizione dell’indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta o, in difetto, dalle disposizioni sul contenzioso tributario (artt. 19, comma 1, lett. g), e 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), per cui le norme che contemplano il rimborso ufficioso – che, ove applicabili, escludono la necessità dell’istanza – vanno considerate di stretta interpretazione attesa la loro natura eccezionale (Cass. ord. n. 6900/2014).
1.8 Ne discende che, debba farsi ricorso all’istituto del rimborso su istanza di parte, cui deve riconoscersi carattere di regola generale in materia tributaria – idonea, come tale, ad orientare anche l’interprete (Cass. sent. n. 15840/2006).
1.9 In applicazione di tali principi, la fattispecie in esame non rientra tra le ipotesi per le quali è normativamente previsto il rimborso officioso (art. 41 D.P.R. n. 602/73, art. 36 bis D.P.R. n. 600/73), ma soggiace alla diversa regola della rimborsabilità ad istanza di parte. La banca avrebbe dovuto indicare l’ammontare dell’acconto nella dichiarazione dei redditi per l’anno 1974 (presentata il 15 maggio 1975), oppure, una volta pagato, avanzare autonoma istanza nei termini di decadenza previsti dalla legge, decorrenti dalla data del pagamento (1/7/1975), successivo alla dichiarazione dei redditi dell’anno 1974 e che il contribuente già sapeva non essere dovuto.
1.10 Per quanto riguarda, infine, il richiamo della ricorrente alla circolare ministeriale interpretativa, quest’ultima ha la funzione di istruire ed indirizzare l’attività degli uffici periferici, ma non vincola l’interprete, chiamato all’applicazione della disciplina legislativa.
1.11 Per i motivi fin qui illustrati il ricorso va rigettato.
1.12 Atteso il rigetto del ricorso, la ricorrente deve essere condannata al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.500,00, oltre spese prenotate a debito.
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