CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 novembre 2017, n. 28597
Imposte dirette – IRPEF – Accertamento – Cessione terreno edificabile – Plusvalenza
Ritenuto in fatto
M.A. ha impugnato l’avviso di accertamento in atti relativo all’anno di imposta 1999, con il quale l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Fano, ai sensi degli artt. 38 e 41 – bis d.P.R. 600/1973 recuperava a tassazione, ai fini IRPEF, la maggiore plusvalenza accertata rispetto a quella dichiarata dalla contribuente, derivante dalla cessione del terreno edificabile in data 28.4.1999. Il valore della predetta cessione era stato accertato dall’Ufficio in sede di liquidazione dell’imposta di registro avvenuta ex art. 13 d.Lgs 19.6.1997, n. 218, a seguito di istanza formulata dal compratore il quale aveva riconosciuto di avere corrisposto un prezzo superiore a quello dichiarato.
La Commissione Tributaria Provinciale ha respinto il ricorso della contribuente.
La Commissione tributaria regionale di Ancona ha accolto l’appello della M. censurando l’Ufficio II.DD. che avrebbe dovuto provare l’esistenza di altri presupposti di imponibilità diversi dal mero valore del bene soggetto ad imposta di registro, non sussistendo corrispondenza tra il prezzo di cessione ed il valore dì mercato del bene.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso lamentando, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 81 e 82 del TUIR nonché dell’art. 2697 cod.civ., ex art. 360 c.p.c., n. 3, avendo i giudici d’appello ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento relativo ad una maggiore plusvalenza derivante dalla vendita di un terreno edificabile calcolato sulla base del valore di mercato di tale terreno determinato ai fini della imposta di registro sull’assunto che costituiva onere dell’Amministrazione, e non della contribuente, di dimostrare l’esistenza di un maggior prezzo rispetto a quello dichiarato.
Con il secondo motivo si duole della carenza di motivazione in relazione al fatto decisivo del giudizio ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., avendo la CTR omesso di considerare che la definizione del procedimento di valutazione ai fini della imposta di registro era avvenuta nelle forme di cui al d.Lgs. 218/97 a seguito di istanza formulata dal compratore e che alla contribuente nella qualità di venditore, responsabile in solido con l’acquirente ex art. 57 d.P.R. 131/86, le era stato notificato l’avviso di rettifica e liquidazione con cui si evidenziavano i valori dichiarati ed accertati.
L’intimata non si è costituita nel presente giudizio.
Il ricorso è infondato.
Secondo la recente e consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del 2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’ imposta di registro (v. da ultimo, Sez. 5, n.12265 del 20.01.2017,Rv. 644134).
Tali principi valgono anche nelle ipotesi di cessioni di immobili nonché per la costituzione ed il trasferimento dei diritti reali sugli stessi, come esplicitamente affermato nel richiamato art. 5.
La sentenza impugnata è in linea con i principi sopra indicati laddove il giudicante ha affermato che l’Ufficio avrebbe dovuto provare l’esistenza di altri presupposti di imponibilità diversi dal mero valore del bene soggetto ad imposta di registro, fornendo altri indizi ed elementi probatori per l’attribuzione di un maggior reddito ai fini IRPEF.
Il principio affermato dall’Ufficio secondo il quale è legittimo l’avviso di accertamento fondato sulla presunzione della corrispondenza del prezzo effettivamente incassato a quello assunto come valore di mercato nell’accertamento ai fini della imposta di registro non è, pertanto, più sostenibile.
Non essendosi più costituita l’intimata, non va adottata alcuna determinazione sulle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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