CORTE di CASSAZIONE ordinanza n. 18064 depositata il 21 luglio 2017
Accertamento imposte – Avviso di accertamento – Avviso di accertamento notificato prima del decorso del termine di 60 giorni dal rilascio del verbale di chiusura delle operazioni – legittimità – esclusione.
Massima:
La L. n. 212/2000 contiene principi che costituiscono diretta attuazione dei canoni costituzionali del buon andamento della pubblica amministrazione e del diritto di difesa ( anche come collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente per un migliore esercizio della potestà impositiva). In considerazione di ciò , l’accertamento notificato ad un contribuente nei cui confronti sia stato disposto un accesso, una verifica o un’ispezione nei locali destinati all’attività commerciale e/o professionale è nullo se il termine dilatorio dei sessanta giorni per il contraddittorio non viene rispettato. Tale effetto deriva dall’ ordinamento perché il vizio del procedimento porta ad una divergenza dal modello normativo per la particolare gravità che assume il fatto viziante. Tuttavia la nullità non può essere dichiarata se sono presenti i requisiti della particolare e motivata urgenza. Quest’ultima deve essere provata dall’Ufficio nella concreta fattispecie con riguardo all’epoca dell’ emissione dell’atto.
Motivi della decisione
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso avverso la sentenza 577/05/2012 del 31/10/2012 della CTR di Salerno che, in accoglimento dell’appello di S.G., annullava l’avviso di accertamento (——) irpef – iva – irap 2007 per essere stato violato la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, essendo stato l’avviso emesso prima del decorso del termine di 60 giorni dalla consegna del verbale di chiusura di verifica fiscale senza motivazione della urgenza; con primo motivo deduce la violazione di Legge (art. 1, 12 cit.) in quanto la disposizione non prevede alcuna nullità in caso di mancato rispetto del termine in questione e l’atto notificato non rappresentava un processo verbale di chiusura delle verifiche ex art. 12, comma 7 S.d.C. bensì una semplice “verbalizzazione di un accesso volto al reperimento di documentazione contabile” nè l’accertamento traeva spunto da tale verbale di verifica; con secondo motivo deduce l’omessa motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio in quanto non vi è stata alcuna verifica sulla natura del processo verbale di accesso che è all’origine l’accertamento.
S. resiste con controricorso.
Il ricorso è infondato.
La questione posta con il primo motivo, relativa alla interpretazione della L. cit. art. 12, comma 7, è definitamente risolta dalle Sezioni Unite, confermandosi la correttezza della applicazione fatta nella sentenza impugnata: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sè, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poichè detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio. (Sez. U, Sentenza n. 18184 del 29/07/2013, Rv. 627474 – 01)”.
Il secondo motivo è infondato. Non rileva se l’avviso di accertamento sia basato o meno sugli atti assunti per il tramite della attività di accesso in quanto tale condizione non è affatto posta dalla norma in oggetto, che in termini generali non consente la emissione dell’atto di accertamento per il solo fatto che, come nel caso di specie, vi sia stato un accesso, un’ispezione o una verifica.
Essendo la decisione basata su una interpretazione non ancora consolidata al momento in cui era sorto il contenzioso, si rilevano giusti motivi per la integrale compensazione delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017
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