CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 novembre 2016, n. 22426
Coltivatore diretto – Redditometro – Accertamento – Capacità contributiva – Redditi attività agricola – Tenore di vita
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno 1999, era stato accertato nei confronti di F. P. un maggior reddito di lire 86.480.090 sinteticamente determinato a norma dell’art. 38, comma 4, del D.P.R. 600/73, rispetto a quello dichiarato di lire 965.000, riprendendo a tassazione il reddito derivante da una quota di risparmio pari a lire 72.371.000 e dal possesso di beni (un’autovettura e un immobile) quali indici di capacità contributiva per lire 14.109.000. Rilevava il giudice d’appello che il reddito derivante dall’attività di produttore agricolo svolta dalla contribuente era ancorato alle risultanze catastali, di modo che eventuali diversi elementi non incidevano sulla tassazione.
Resiste con controricorso la contribuente.
Considerato in diritto
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 38, comma 4, D.P.R. 600/73 e degli artt. 2728 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Lamenta la ricorrente che la C.T.R., in palese contrasto con la giurisprudenza formatasi in materia, aveva fatto discendere la ritenuta illegittimità dell’accertamento sintetico non dalla insussistenza degli indici presuntivi di reddito, bensì, puramente e semplicemente, dalla qualifica di coltivatore diretto della contribuente e dal fatto che il reddito agrario, “in quanto ancorato alle risultanze catastali”, non poteva essere “assimilato al reddito fiscale in quanto il titolare dell’azienda agricola è tenuto a dichiarare i valori catastali e non quelli aziendalistici”.
Il motivo è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che “ai sensi dell’art. 38 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, e del d.m. 21 luglio 1983, l’amministrazione delle finanze può legittimamente procedere con metodo sintetico alla rettifica della dichiarazione dei redditi di un coltivatore diretto, comprensiva soltanto del reddito agrario e dominicale – determinati in base agli estimi catastali – del fondo da lui condotto, quando da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente (consistenti negli indici di spesa più vari e, nella specie, dall’acquisto di beni immobili), si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi concorrano a formare l’imponibile complessivo, incombendo, in tal caso, al contribuente, a norma del 6° comma dell’art. 38 cit., l’onere di dedurre e provare che i redditi effettivi frutto della sua attività agricola sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate” (Cass. civ., sez. trib., 17-09-2014, n. 19557; nello stesso senso, Cass., sez. trib., 16-05-2014, n. 10747).
La sentenza impugnata si pone in contrasto con il principio dianzi richiamato, avendo la C.T.R. attribuito esclusivo rilievo al reddito agrario determinato sulla base delle risultanze catastali, obliterando la valutazione degli elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente, come individuati nell’accertamento sintetico operato dall’amministrazione finanziaria.
2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione ai rilievi formulati dall’Ufficio per contrastare le deduzioni di controparte volte a contestare la legittimità dell’accertamento.
Il motivo è fondato, non avendo la C.T.R. in alcun modo argomentato in merito agli elementi posti a base dell’atto impositivo.
3. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.
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