CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 ottobre 2017, n. 23142
IRPEF – Istanza di rimborso – Ritenute effettuate e versate all’Amministrazione finanziaria
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle entrate ricorre con tre motivi, illustrati da successiva memoria, contro L.B., che non ha svolto difese, avverso la sentenza della C.T.R. della Sicilia, sezione staccata di Catania, n. 2471/17/15, con la quale, confermando la decisione di primo grado, è stato accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria sull’istanza di rimborso del 90% dell’IRPEF, corrisposta per gli anni 1990, 1991, 1992 mediante le ritenute effettuate e versate all’Amministrazione finanziaria dal datore di lavoro/sostituto di imposta, istanza presentata il 31.12.2004 dal lavoratore dipendente/sostituito in adesione alla disposizione sul condono prevista dall’art. 9, comma 17, della I. n. 289/2002. 2. Riteneva la C.T.R., sulla base della giurisprudenza di legittimità richiamata, che sussistessero, nella fattispecie, i presupposti per il riconoscimento del rimborso chiesto dal contribuente.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione ovvero per motivazione apparente, avendo la C.T.R. rigettato l’appello dell’Ufficio omettendo di spiegare le ragioni per le quali il contribuente, dipendente sostituito d’imposta, avesse diritto di ottenere il rimborso delle somme versate a titolo di IRPEF dal sostituto.
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 9, comma 17, della I. n. 289 del 2002 e dell’art. 1, comma 665, della I. n. 190 del 2014, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Sostiene la ricorrente che, alla stregua della suddetta disciplina normativa, obbligato al versamento all’Erario delle ritenute d’acconto era esclusivamente il sostituto d’imposta (datore di lavoro), il quale, pertanto, era l’unico soggetto legittimato a chiedere il rimborso, non avendo – per contro – il sostituito (lavoratore dipendente) alcuna legittimazione al riguardo
3. Con il terzo motivo l’Agenzia ricorrente, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., sostiene che l’art. 9, comma 17, della I. n. 289 del 2002 riguarderebbe solo i versamenti non ancora effettuati, sicché il contribuente non avrebbe diritto alla restituzione di quanto corrisposto in data antecedente alla entrata in vigore della suddetta legge.
4. I motivi possono essere trattati congiuntamente per connessione e vanno respinti perché infondati.
4.1 Va, anzitutto, rilevato che, affinché sia integrato il vizio di «mancanza della motivazione» agli effetti di cui all’art. 132, n. 4, c.p.c., occorre che la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero che essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. n. 20112 del 2009). Sussiste, inoltre, il vizio di motivazione apparente quando il giudice di merito abbia omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (in termini, Cass. n. 8850 del 2014).
4.2. Orbene, nella specie, non ricorre alcuno dei profili di nullità della sentenza impugnata prospettati dalla ricorrente, avendo la C.T.R. motivato la sussistenza del diritto al rimborso del contribuente sulla base della giurisprudenza di legittimità richiamata.
Mette conto peraltro di osservare che, poiché la sentenza impugnata è stata pubblicata il 9.6.2015, trova applicazione l’art. 360 n. 5 c.p.c. nella sua nuova formulazione, il quale, come rilevato da Sezioni Unite n. 8053 del 2014 e dalla successiva giurisprudenza, ha ridotto al «minimo costituzionale» il sindacato di legittimità sulla motivazione, essendo denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione.
5.1. La controversia concerne l’istanza di rimborso del 90% dell’I.R.P.E.F., corrisposta per gli anni 1990, 1991, 1992 mediante le ritenute effettuate e versate all’Amministrazione finanziaria dal datore di lavoro/sostituto di imposta, istanza presentata dal lavoratore dipendente/sostituito in adesione alla disposizione sul condono previste dall’art. 9, comma 17, della I. n.289/2002, così come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n.20641/2007).
5.2. L’esame della doglianza va necessariamente preceduto dalla disamina del quadro normativo primario e giurisprudenziale nel quale va iscritto il diritto al rimborso fatto valere dal contribuente, diritto che si radica nel rapporto corrente tra l’Erario, il sostituto di imposta ed il sostituito.
5.3. Va richiamato, in proposito, innanzitutto l’art. 23 del d.P.R. n. 600/1973, che prevede, al comma 1, che i datori di lavoro, nella qualità di sostituti di imposta, «devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa».
Il chiaro dettato normativo rende evidente che il contribuente è il percipiente e che l’esercizio della ritenuta temporalmente coincide con il momento del pagamento delle competenze economiche spettanti al sostituito ed è eseguito direttamente sulle stesse.
5.4. Sul piano della solidarietà attiva, che è posta alla base della domanda di rimborso sulla quale si controverte nel presente giudizio, è stato affermato con condiviso principio che «in tema di rimborso delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, sono legittimati a richiedere all’Amministrazione finanziaria il rimborso della somma non dovuta e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sia il soggetto che ha effettuato il versamento (cd. “sostituto d’imposta”), sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (c.d. “sostituito”)» (Cass. 16105/2015; cfr. Cass. nn. 14911/2007 e 5653/2014).
Va quindi affermato, alla luce delle disposizioni ripercorse come costantemente interpretate dalla giurisprudenza di questa Corte, che il lavoratore, che si identifica con il contribuente, vanta e può esercitare il diritto al rimborso per le somme indebitamente ritenute alla fonte e versate dal datore di lavoro.
6.1. Nel caso in esame la domanda di rimborso è fondata sulla disposizione introdotta dalla I. 27 dicembre 2002, n. 289, che all’art. 9, comma 17, ha previsto una specifica procedura di condono a favore delle popolazioni colpite dal sisma del 1990.
Tale disposizione – con effetto dalla sua entrata in vigore in data 1.1.2003 – stabiliva che «I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile del 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e contributi, possono definire in maniera automatica la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991 e 1992. La definizione si perfeziona versando, entro il 16 aprile 2003, l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10 per cento; il perfezionamento della definizione comporta gli effetti di cui al comma 10 (…)». In tal modo, i soggetti ivi indicati potevano definire la propria posizione per gli anni 1990/1992 versando, entro il 16 marzo 2003, l’ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10%.
6.2. Questa Corte, in sede interpretativa, ha avuto modo di chiarire che la definizione poteva avvenire con due simmetriche possibilità:
a) in favore di chi non aveva ancora pagato, mediante il pagamento solo del 10% del dovuto da effettuarsi entro il 16 marzo 2003;
b) in favore di chi aveva già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato al medesimo titolo (Cass. n. 20641/2007).
La fattispecie in esame è riconducibile alle ipotesi sub b).
6.3. In particolare, la Corte ha ritenuto ciò per effetto dell’intervento normativo citato, al quale va riconosciuto il carattere di ius superveniens favorevole al contribuente, tale da rendere quanto già versato non dovuto ex post (Cass. n. 9577/2012), in deroga al principio per cui la sanatoria generalmente non comporta la possibilità di ottenere rimborsi dallo Stato. Si è tenuto conto del fatto che questa disposizione risponde ad una logica del tutto particolare e diversa rispetto a quella che informa gli altri provvedimenti di sanatoria, in quanto volta ad indennizzare i soggetti coinvolti in eventi calamitosi (Cass. nn. 12083/2012, 10242/2013, 6686/2015), logica rispetto alla quale ammettere che si fruisca del beneficio nel solo caso di omesso adempimento dell’obbligazione tributaria o contributiva, comporterebbe una irragionevolezza e la violazione del principio di uguaglianza (Cass. n. 11247/2010), il che, consente di adottare il principio che impone all’interprete di optare, fra più soluzioni, per quella che rende la disposizione conforme a Costituzione.
6.4. Dette conclusioni giurisprudenziali hanno trovato ulteriore conferma nel più recente intervento del legislatore, con l’art. 1, comma 665, della I. n. 190/2014.
7.1. Tale disposizione prevede: «I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 … ».
7.2. In tal modo, è stata recepita in sede legislativa la possibilità per i contribuenti di accedere alla sanatoria mediante istanza di rimborso, come elaborata dalla giurisprudenza, con esclusione dei soli soggetti che svolgono attività di impresa, circostanza che non ricorre nel caso in esame.
8. Orbene, l’esame del combinato disposto dell’art. 9, comma 17, della I. n. 289/2002 e dell’art. 1, comma 665, della I. n. 190/2014, non offre alcun aggancio normativo idoneo ad escludere che il contribuente, che si identifica con il percipiente, possa accedere alla procedura di condono sotto forma del diritto al rimborso, contrariamente a quanto propugnato dall’Agenzia. In conclusione, va confermato il principio più volte affermato da questa Corte secondo il quale, «in tema di agevolazioni tributarie, il rimborso d’imposta di cui all’art. 1, comma 665, della L. n. 190 del 2014, a favore dei soggetti colpiti dal sisma siciliano del 13 e 16 dicembre 1990, può essere richiesto sia dal soggetto che ha effettuato il versamento (cd. sostituto d’imposta) sia dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta (cd. “sostituito”) nella sua qualità di lavoratore dipendente» (Cass. nn. 14406/2016, 18905/2016).
9. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Stante l’assenza di attività difensiva dell’intimato, non vi è luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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