CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 novembre 2017, n. 28405
Cassa di Previdenza Forense – Riconoscimento di periodo di contribuzione – Lasso di tempo intercorso tra la fine del praticantato ed il conseguimento dell’abilitazione – Abilitazione del praticante al patrocinio – Decorso del tempo massimo di durata ex art. 8, R.D.L. n. 1578/1933 – Assenza di copertura dell’iscrizione presso la Cassa di previdenza
Fatti di causa
La Corte d’appello de L’Aquila (sentenza del 10.3.2011) ha rigettato l’impugnazione proposta dall’avvocato F. A. avverso la sentenza del Tribunale di Lanciano che gli aveva respinto la domanda volta all’annullamento della delibera con la quale, in data 9.5.2008, la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense gli aveva negato il riconoscimento del periodo di contribuzione 1987-1989 a seguito di revoca della sua iscrizione presso la suddetta Cassa.
Ha spiegato la Corte che il quadriennio di praticantato svolto dall’appellante era scaduto il 18.11.1987 ai sensi dell’art. 8 del R.D.L. n. 1578 del 1933 e che nel 1990 il medesimo aveva superato l’esame di abilitazione professionale, ma che il lasso di tempo intercorso tra la fine del praticantato ed il conseguimento dell’abilitazione non poteva considerarsi utile ai fini pensionistici, in quanto non coperto da iscrizione presso la Cassa, difettando il presupposto giuridico che giustificava l’iscrizione presso di essa, essendo venuta meno automaticamente l’abilitazione del praticante al patrocinio per il decorso del tempo massimo di durata contemplato dalla legge. Inoltre, la scadenza del periodo di praticantato era maturata in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 242/1988 che all’art. 10 aveva elevato a 6 anni il periodo massimo di esercizio del patrocinio, per cui il F. non poteva giovarsi degli effetti di quest’ultima norma ai fini della copertura contributiva.
Per la cassazione della sentenza ricorre F. A. con un solo motivo. Resiste con controricorso l’Inps che deposita anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
Con un solo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., il ricorrente censura l’impugnata sentenza deducendo che la stessa è basata sull’erroneo presupposto secondo cui l’iscrizione alla Cassa non sarebbe possibile in caso di decorrenza del termine massimo di durata dell’abilitazione al praticantato, così come non lo sarebbe in mancanza di continuità dell’iscrizione all’albo professionale. Al contrario il ricorrente osserva che solo una delibera di cancellazione emessa dal competente Consiglio dell’Ordine avrebbe potuto comportare la cessazione dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di patrocinatore, ma un tale provvedimento non era stato adottato nel periodo compreso tra la presunta scadenza del patrocinio e la sua successiva iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, per cui non era venuta meno la sua capacità di patrocinare e, quindi, il conseguente presupposto giuridico dell’iscrizione alla Cassa Forense.
Il ricorso è infondato.
Invero, nella fattispecie il testo “ratione temporis” applicabile del primo comma dell’art. 8 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 è il seguente: “I laureati in giurisprudenza che siano praticanti procuratori sono ammessi ad esercitare, per un periodo di tempo non superiore a quattro anni dalla laurea, il patrocinio davanti alle preture del distretto della corte di appello e sezioni distaccate, nel quale sono iscritti per la pratica, comprese quelle dei comuni sedi di tribunale o capo luoghi di provincia.”
Il secondo comma dell’art. 8 allora vigente prevedeva, inoltre, che i praticanti procuratori venissero iscritti in un registro speciale e successivamente, per effetto dell’entrata in vigore della legge n. 242 del 27.6.1988 (Modifiche alla disciplina degli esami di procuratore legale), il periodo di esercizio del patrocinio per i praticanti procuratori è stato elevato a 6 anni (art. 10).
Il testo attualmente vigente dei primi due commi dell’art. 8 del R.D.L. n. 1578/1933 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), è il seguente: “I laureati in giurisprudenza, che svolgono la pratica prevista dall’articolo 17, sono iscritti, a domanda e previa certificazione del procuratore di cui frequentano lo studio, in un registro speciale tenuto dal consiglio dell’ordine degli avvocati e dei procuratori presso il tribunale nel cui circondario hanno la residenza, e sono sottoposti al potere disciplinare del consiglio stesso.”. “I praticanti procuratori, dopo un anno dalla iscrizione nel registro di cui al primo comma, sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti alle preture del distretto nel quale è compreso l’ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto. Davanti alle medesime preture, in sede penale, essi possono essere nominati difensori d’ufficio, esercitare le funzioni di pubblico ministero e proporre dichiarazione di impugnazione sia come difensori sia come rappresentanti del pubblico ministero”.
Tale essendo il quadro normativo di riferimento si osserva che la Corte di merito, con accertamento di fatto adeguatamente motivato ed immune da vizi di ordine logico-giuridico, ha rilevato che nella fattispecie il quadriennio di praticantato svolto dal F., già iscritto al registro dei praticanti abilitati al patrocinio, era venuto a scadenza in data 18.11.1987, per cui da tale momento e fino alla sua nuova iscrizione all’albo professionale degli avvocati del 20.10.1990, a seguito di superamento dell’esame di abilitazione professionale, non vi era stata la necessaria copertura dell’iscrizione presso la Cassa di previdenza di appartenenza, valida ai fini pensionistici.
Tale decisione è corretta in quanto la Corte territoriale ha tenuto conto della natura costitutiva dell’iscrizione nell’albo professionale di cui al r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, della necessaria effettività dell’iscrizione ai fini pensionistici, del testo normativo di riferimento “ratione temporis” vigente in tema di durata massima del periodo consentito di esercizio del patrocinio e del generale principio della irretroattività della legge di cui all’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile in relazione alla norma sopravvenuta che aveva previsto una maggiore durata di tale periodo.
Infatti, allorquando nella fattispecie veniva a cessare per il F. il periodo di patrocinio, al cui esercizio il medesimo era stato in precedenza ammesso, ancora non era entrata in vigore la nuova norma di cui all’art. 10 della legge n. 242 del 1988 con la quale veniva elevato da quattro a sei anni il periodo massimo consentito per il praticantato, ragion per cui il ricorrente non può avvalersi di quest’ultima disposizione per colmare il periodo di mancata copertura contributiva intercorso tra la cessazione effettiva del periodo di patrocinio (quando vigeva ancora la regola della durata massima di quattro anni di patrocinio) e la successiva iscrizione all’albo professionale.
Infatti, il principio della irretroattività della legge (art. 11 disp. preliminari cod. civ.) comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di esso (v. ad es. Cass. sez. 1, n. 16620 del 3.7.2013 e Cass. sez. 3, n. 16039 del 2.8.2016).
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 3800,00, di cui € 3600,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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