CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 10092 del 17 maggio 2016
LAVORO – PREVIDENZA – PENSIONE DI INABILITA’ – REQUISITO SANITARIO – RICONOSCIMENTO – CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO E DISSENSO DIAGNOSTICO NON ATTINENTE A VIZI DEL PROCESSO LOGICO FORMALE – DIFETTO DI MOTIVAZIONE
Fatto e diritto
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 17 marzo 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 7 gennaio 2014, la Corte di appello di Roma, confermava, con diversa motivazione, la decisione del Tribunale di Frosinone di rigetto della domanda proposta da A.F. intesa ad ottenere il riconoscimento della pensione di inabilità ex lege n. 118/71. Rilevava, infatti, la carenza del requisito sanitario avendo accertato la consulenza tecnica d’ufficio disposta in appello un quadro morboso che non comportava un grado di invalidità sufficiente per ottenere il beneficio richiesto bensì solo quello dell’assegno di invalidità (già riconosciuto in via amministrativa).
Per la Cassazione di tale decisione propone ricorso l’A. affidato a cinque motivi.
l’INPS resiste con controricorso.
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.) in quanto la Corte territoriale si era pronunciata solo in merito all’accertamento del diritto alla pensione di inabilità e non anche sul resto della domanda proposta dal ricorrente con la quale era stato chiesto l’accertamento dello stato di invalidità nella misura del 100% anche per il periodo antecedente alla domanda amministrativa relativa alla predetta prestazione assistenziale.
Con il secondo motivo si deduce “difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia… per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti” non avendo il CTU, in ossequio al mandato affidatogli dal giudice limitato al periodo successivo alla presentazione della domanda amministrativa, valutato tutta la documentazione sanitaria prodotta in giudizio che era relativa anche al periodo anteriore.
Con il terzo mezzo viene denunciata omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360, n. 5, c.p.c.) per avere la Corte di Appello, con una motivazione di stile, dichiarato di aderire alla conclusioni della espletata CTU senza tenere in alcun conto dei rilievi alla stessa mossi dal consulente di parte che ne che evidenziavano le lacune e la genericità.
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 12 Preleggi, nonché degli artt. 3 e 38 Costituzione in quanto la decisione impugnata, con il negare il beneficio richiesto, aveva privato il ricorrente del diritto a beneficiare appieno del sistema di sicurezza sociale ed alla piena libertà e indipendenza dal bisogno, presupposto per il godimento dei diritti civili e politici riconosciuti dalla Costituzione.
Infine, con il quinto motivo si deduce la nullità della sentenza “…per mancata decisione, subito dopo la trattazione orale, per effetto di sentenza differita e lettura del dispositivo in assenza delle parti”.
I primi due motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono palesemente infondati.
Correttamente il giudice del gravame si è pronunciato in ordine alla ricorrenza della fattispecie costitutiva dell’unica prestazione assistenziale invocata – la pensione di inabilità – che, in quanto riconoscibile solo a decorrere dalla domanda amministrativa – rendeva del tutto superflua la verifica della sussistenza di una invalidità del 100% anche per il periodo anteriore. Peraltro, vale qui ricordare che questa Corte ha costantemente affermato il principio secondo cui non è proponibile un’azione di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza (Cass. n. 3911 del 19/02/2014; Cass. n. 6749 del 04/05/2012; Cass. n. 2051 del 27/01/2011).
Il terzo motivo è inammissibile sotto un duplice profilo.
In primo luogo, l’inammissibilità discende dal fatto che non è riportato il contenuto della CTU censurata (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726; Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915). Ed infatti, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, che la Corte di legittimità deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (v., ex multis, Cass. 17915/2010).
In particolare, la parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei apprezzamenti contenuti in essa ha l’onere di trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente d’ufficio. Le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono, pertanto, possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso (v., ex multis, Cass. 4201/2010).
Il motivo è da disattendersi anche perché, per costante insegnamento di questa S.C., in materia di invalidità, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi. Al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. n. 1472 del 22 gennaio 2013, Cass. n. 1652 del 03/02/2012; id. n. 569 del 12/01/2011; Cass. n. 22707 del 08/11/2010; Cass. n. 9988 del 29/04/2009).
E’ inammissibile anche alla luce dell’art. 360, secondo comma, n. 5, c.p.c. (come modificato dall’art. 54, comma 1° lett. b) d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modifiche in legge 7 agosto 2012 n. 134) essendo stata pubblicata l’impugnata sentenza dopo 11 settembre 2012 ( ai sensi dell’art. 54, comma 3° d.l. cit.).
Orbene, le Sezioni Unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014) hanno avuto modo di precisare che a seguito della modifica dell’art. 360, comma 1° n. 5 cit. il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di legge e, cioè, dell’art. 132 c.p.c., che impone al giudice di indicare nella sentenza “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”.
Ed infatti perché violazione sussista si deve essere in presenza di un vizio “così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall’art. 132, n. 4, c.p.c. la nullità della sentenza per mancanza di motivazione” fattispecie che si verifica quando la motivazione manchi del tutto oppure formalmente esista come parte del documento, ma le argomentazioni siano svolte in modo “talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisimi.
Pertanto, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sulla esistenza (sotto il profilo della assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta).
Inoltre, il vizio può attenere solo alla questio facti (in ordine alle questio juris non è configurabile un vizio di motivazione) e deve essere testuale, deve, cioè, attenere alla motivazione in sé, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Quanto invece allo specifico vizio previsto dal nuovo testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c., in cui è scomparso il termine motivazione, deve trattarsi di un omesso esame di un fatto storno, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Le Sezioni unite hanno specificato che “la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366, primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c. – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui risulti l’esistenza, il come ed il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Ciò detto è evidente che il motivo all’esame non presenti alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte finendo con il lamentare una motivazione insufficiente e l’omessa valutazione non di un fatto storico, bensì dei rilievi alla CTU espletata contenuti nella consulenza di parte.
Il quarto motivo è inammissibile non essendo specificate quali siano le norme di legge rispetto alle quali viene sollevata la questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3 e 38 Costituzione.
Infine, anche il quinto motivo è infondato in quanto la lettura del dispositivo in assenza delle parti non è motivo di nullità della sentenza (Cass. n. 16312 del 19/11/2002); peraltro, l’eventuale intervallo costituito dalla discussione e dalla deliberazione di altre cause non incide sulla validità del dispositivo letto alla fine dell’udienza (Cass., 19 luglio 1995 n. 7830).
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
L’A. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui vengono ribadite le argomentazioni di cui ai motivi di ricorso che non valgono ad inficiare il contenuto della relazione nel suo complesso, pienamente condiviso dal Collegio che, pertanto, rigetta il ricorso.
Le spese del presente giudizio vanno dichiarate non ripetibili ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore alla riforma di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito dalla L. n. 326 del 2003, in ragione della data di proposizione del ricorso di primo grado, non ricorrendo una ipotesi di lite manifestamente infondata e temeraria.
L’ammissione dell’A. al gratuito patrocinio a spese dello Stato (in base a delibera agli atti del 22.1.2013 comporta il venir meno dell’obbligo al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. N. 18523 del 2014).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e dichiara irripetibili le spese del presente giudizio.
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