CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 13805 depositata il 6 luglio 2016
SOCIETÀ DI PERSONE – SOCIETÀ IN ACCOMANDITA SEMPLICE – SOCI ACCOMANDATARI – RESPONSABILITÀ PER LE OBBLIGAZIONI SOCIALI – RESPONSABILITÀ ILLIMITATA – ESTINZIONE DELLA SOCIETÀ – IRRILEVANZA – FATTISPECIE RELATIVA AD OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA
La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
La CTR di Campobasso ha rigettato l’appello dell’ Agenzia delle Entrate – appello proposto contro la sentenza n. 78/01/2012 della CTP di Campobasso che aveva accolto il ricorso di S. Massimiliano- cosi annullando la cartella di pagamento per IVA-IRAP-IRPEF e sanzioni relative al periodo d’imposta 2005 e dovute (per effetto di avviso di accertamento ed atto di contestazione, divenuti definitivi perché non impugnati) dalla “Molisana Liquori”, cartella notificata allo S. come socio accomandatario (in ragione dell’80% delle quote) nella predetta società, e perciò come coobbligato solidale.
La CTR —dopo avere evidenziato che il contribuente aveva eccepito che la società era stata cancellata il 30.3.2006 e che non vi era prova che esso socio avesse beneficiato di distribuzioni in sede di bilancio finale ed inoltre che era stato violato il principio del beneficium excussionis, ed avere ancora evidenziato che l’Agenzia procedente, oltre a contestare che non vi erano notizie circa l’avvenuta cancellazione della società, aveva significato che il contribuente era stato anche richiesto dell’adempimento delle imposte sui redditi personali da partecipazione, siccome presuntivamente distribuiti dalla società- ha motivato la decisione dando preliminarmente atto che “la materia del contendere concerne iscrizione a ruolo di carico erariale derivante da accertamento definitivo nei confronti della menzionata società” (e concerne anche le imposte IVA-IRAP con le relative addizionali) sicché è errata la doglianza dell’ufficio che —in sede di appello- aveva sostenuto trattarsi dell’esazione dei soli redditi personali del socio. L’iscrizione a ruolo di siffatte imposte —siccome effettuata a seguito di cessazione di attività e conseguente cancellazione dal registro delle imprese risalenti al marzo 2006- era da ritenersi “illegittima alla luce del novellato art.2495 cod civ”.
Infatti, (nella specie di causa) al ricorrente era stata notificata una cartella con iscrizione di IVA-IRAP-addizionali-interessi-sanzioni dovute dalla società in cui era socio accomandatario e quindi —giusta previsione dell’art.2313 cod civ — responsabile solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali (ed anche per quelle tributarie, limitatamente ad IVA-IRAP) mentre non trovava applicazione l’IRPEF che è imposta personale e perciò erroneamente inserita nella operata iscrizione a ruolo. Allo S., invece, si sarebbe potuto richiedere “solo l’equivalente della somma conferita e tale richiesta poteva essere effettuata solo dopo infruttuosa escussione del patrimonio sociale”, attesa la responsabilità illimitata e solidale del socio prevista dall’art.2291 cod civ, da esigersi pur sempre (a norma dell’art.2304 cod civ) allorché vi sia prova che il creditore non abbia potuto soddisfarsi sul patrimonio della società. Non avendo l’Amministrazione finanziaria fornito prova di detta preventiva escussione, la stessa avrebbe potuto agire solo per l’equivalente della quota conferita (di ammontare ben diverso di quello preteso dall’Amministrazione stessa).
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’intimato non si è costituito.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 n.1 cpc.
Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione degli art.2313, 2315, 2304 cod civ; nonché degli art.12, 24, 25, 45 e 50 del DPR n.602/1973 cod eiv e degli art.12, 24, 25, 45 e 50 del DPR n.602/1973) la parte ricorrente — dopo avere allegato che la cartella in questione era stata notificata allo S. “nella sua qualità di socio accomandatario della predetta società, e perciò solidalmente ed illimitatamente responsabile ex art.2313 cod civ per le obbligazioni sociali e dunque anche per le obbligazioni tributarie della società- si duole che il giudice del merito abbia (sostanzialmente) qualificato la cartella di pagamento atto esecutivo, mentre essa è l’atto conclusivo dell’iter che conduce alla formazione del titolo esecutivo (parificabile all’atto di precetto) e preannuncia l’esercizio dell’azione esecutiva, con conseguente inapplicabilità dell’art.2304 cod civ, che disciplina il beneficium excussionis relativamente alla sola fase esecutiva.
Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione degli art.2313, 2495 cod civ) la parte ricorrente si duole che la CTR abbia ritenuto che il ricorrente possa essere chiamato a rispondere delle obbligazioni tributarie sociali nei soli limiti proporzionali alla quota conferita (80% del capitale), mentre invece le obbligazioni della Molisana Liquori sas (siccome pacificamente cancellata al 30.3.2006) si erano automaticamente trasferite al socio S. che (appunto perché accomandatario) risponde personalmente ed illimitatamente dei debiti sociali.
I motivi (da esaminarsi congiuntamente) appaiono fondati e da accogliersi.
Va preliminarmente evidenziato che —alla stregua di quanto la parte ricorrente espressamente assume, così delimitando il thema decidendum e (sostanzialmente) delimitando anche il contenuto dell’atto esattivo di cui trattasi alla sola parte concernente la formazione del titolo esecutivo a riguardo dei debiti “ex origine” sociali (e non anche di quelli personali, dei quali pure il giudice del merito si è occupato), con conseguente passaggio in giudicato delle statuizioni contenute nella pronuncia impugnata a riguardo di detti ultimi debiti- nella presente sede si controverte esclusivamente delle obbligazioni che allo S. competono come socio personalmente ed illimitatamente responsabile.
In quest’ottica, il primo motivo appare manifestamente fondato alla luce dell’indirizzo interpretativo recepito dalla giurisprudenza di legittimità in subiecta materia:”Il beneficio d’escussione previsto dall’art. 2304 civ.cod. ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore d’agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest’ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito.” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1040 del 16/01/2009; Conformi: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13183 del 26/11/1999; Cass. Sez. L, Sentenza n. 3211 del 04/03/2003; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28146 del 17/12/2013).
Alla stessa stregua, appare manifestamente fondato anche il secondo motivo di impugnazione, avendo erroneamente il giudicante limitato la responsabilità illimitata e solidale dello S. alla sola quota conferita, nonostante sia pacifico che lo S. fosse socio accomandatario e che perciò —nella anzidetta veste- Part.2313 cod civ gli addossi la responsabilità illimitata e solidale dei debiti sociali (diversamente da quanto avviene per i socio accomandanti, per i quali la medesima norma prevede il limite massimo della quota conferita).
Resta —infine- del tutto irrilevante quanto il giudicante ha poi anche argomentato a riguardo dell’intervenuta estinzione e cancellazione della società, atteso che le obbligazioni che nella specie di causa si fanno valere sono rette dagli specifici titoli fondati sulle menzionate norme degli art.2313-2403 cod civ, e perciò senza necessità che si dimostrati da parte della creditrice-esattrice che vi è stata specifica ripartizione dell’attivo sociale risultante dal bilancio finale di liquidazione (rispetto alla qual cosa l’obbligazione dello S. è del tutto autonoma ed indifferente).
Benvero, non guasta qui ribadire il principio di diritto enunciato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013, secondo il quale:”Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal d.lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo”.
Conseguirebbe quindi da detto principio che il menzionato beneficium excussionis (quand’anche fosse nella presente sede rilevante, ciò che non è, per quanto si è chiarito a riguardo del primo motivo) sarebbe stato comunque del tutto infondatamente invocato, avendo titolo l’Amministrazione a far valere la responsabilità illimitata del socio accomandatario anche a mente dell’art.2495 cod civ e perciò per duplice causa.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, con facoltà della Corte di decidere la causa anche nel merito, rigettando l’impugnazione del contribuente
Si propone perciò di decidere il ricorso con la procedura camerale, sul presupposto della manifesta fondatezza dello stesso.
ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite vanno regolate secondo il criterio della soccombenza, eccezion fatta per quelle di merito, che possono essere conformate al criterio della compensazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo.
Condanna la parte contribuente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio, liquidate in € 5.600,00 oltre rimborso delle spese prenotate a debito, nonché compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
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