CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 17153 depositata il 11 luglio 2017
Rilevato che:
1. in fattispecie relativa all’impugnazione del diniego di rimborso dell’Irap versata dal contribuente — medico generico convenzionato con il S.S.N. — negli anni di imposta 2006-2009, l’amministrazione ricorrente censura la sentenza con cui la C.T.R. ha negato l’esistenza di un’autonoma organizzazione a fini Irap, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 comma 1 e 3 comma 1 lett. c), d.lgs. n. 446/97, in quanto la semplice presenza di un dipendente non occasionale configurerebbe il presupposto impositivo in discussione;
2. all’esito della camera di consiglio, ed in sede di riconvocazione, il Collego ha disposto l’adozione di motivazione in forma semplificata.
Considerato che:
3. il ricorso è manifestamente infondato alla luce dei principi fissati dalle Sez. Unite di questa Corte, in base ai quali “il requisito della autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”, in modo da superare “la soffia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”; a tal fine, ha sottolineato che il presupposto dell’autonoma organizzazione non ricorre tout court per la semplice presenza di “lavoro altrui”, dovendosi accertare in concreto se il contribuente se ne avvalga “in modo non occasionale”, ed in misura superiore “alla soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”; la Corte ha infine precisato che tale “accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato” (Cass. SU 10/05/2016, n. 9451);
4. nel caso di specie, l’accertamento in fatto del giudice d’appello — che fa espresso riferimento al modesto valore dei beni strumentali ed al ridotto orario del collaboratore addetto alla segreteria, accanto alle obbligatorie sostituzioni per ferie, risulta coerente con l’insegnamento della Corte e congruamente motivato, perciò insindacabile in sede di legittimità, tanto più in assenza di censure di tipo motivazionale (cfr. Cass. Sez. Un. n. 7931/13; Cass. nn. 14233/15, 12264/14);
5. la rilevanza del recente intervento nomofilattico giustifica la integrale compensazione delle spese processuali tra le parti;
6. risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Ca.ss. S.U. sent. n. 9338/14; conf. Cass. sez. ord. n. 1778/16 e Cass. VI-T, ord. n. 18893/16).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali.
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