CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 18055 depositata il 21 luglio 2017
Contenzioso tributario -istruzione probatoria – Istituto della rimessione in termini – Applicabilità dell’art.184 bis c.p.c ( anziché dell’art.153, comma 2, c.p.c.) – esclusione.
Massima:
Nel contenzioso tributario è applicabile l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 184 bis c.p.c. (abrogato dall’art. 46 della l. n. 69 del 2009, e sostituito dalla norma generale di cui all’art. 153, comma 2, c.p.c.), , operando sia con riferimento alle decadenze relative ai poteri processuali “interni” al giudizio, sia a quelle correlate alle facoltà esterne e strumentali al processo, quali l’impugnazione dei provvedimenti sostanziali. (Nel caso in esame applicabile perché il contribuente ha fornito la prova della mancata conoscenza della pendenza del giudizio di cassazione per effetto della nullità della notificazione del ricorso).
Svolgimento del processo
1.1. Z.F.M. ha proposto, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c. , n. 4, ricorso per revocazione (r.g.n. 434/14), illustrato con memoria, avverso l’ordinanza della Corte di cassazione n. 30402/11, depositata il 30 dicembre 2011, con la quale, in controversia concernente avviso di rettifica dell’IVA per l’anno 1997 (emesso nei confronti del contribuente in base al ritenuto svolgimento di attività, non dichiarata, di affittacamere), in accoglimento del primo e del terzo motivo del ricorso dell’Agenzia delle entrate, era stata cassata in parte qua la sentenza della CTR del Lazio del 28/12/2007, con rinvio della causa ad altra sezione della medesima CTR. 1.2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
2.1. Lo Z. ha poi proposto ricorso per cassazione (r.g.n. 1159/15) avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione di Latina, n. 3025/40/14, depositata il 13 maggio 2014, con la quale, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63 è stato dichiarato estinto l’intero processo per mancata riassunzione della causa entro un anno dalla pubblicazione della sentenza rescindente sopra indicata.
2.2. L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione.
Motivi della decisione
1. Va preliminarmente disposta, per evidenti ragioni di connessione, ai sensi dell’art. 274 c.p.c. , la riunione del ricorso n. 1159/15 al ricorso n. 434/14.
2.1. Con il ricorso per revocazione (n. 434/14), è denunciato l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa questa Corte nell’ordinanza impugnata, per non aver rilevato, a causa di mera svista percettiva, che la notificazione del ricorso per cassazione era stata effettuata, dall’Agenzia delle entrate, presso il difensore domiciliatario del contribuente per il giudizio di primo grado, anzichè presso i nuovi difensori costituiti nel giudizio di appello e presso i quali egli aveva eletto domicilio per tale grado del processo.
2.2. Occorre, innanzitutto, verificare l’ammissibilità del ricorso nonostante la sua tardiva proposizione – in quanto spedito a mezzo del servizio postale in data 20 dicembre 2013 a fronte del deposito della pronuncia revocanda avvenuto il 30 dicembre 2011 -, ai sensi dell’art. 327 c.p.c. , comma 2, che ammette l’impugnazione tardiva “quando la parte contumace dimostra di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della citazione o della notificazione di essa”.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, per stabilire se sia ammissibile una impugnazione tardivamente proposta, sul presupposto che l’impugnante non abbia avuto conoscenza del processo a causa di un vizio della notificazione dell’atto introduttivo, occorre distinguere due ipotesi: se la notificazione è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume iuris tantum, ed è onere dell’altra parte dimostrare che l’impugnante ha avuto comunque contezza del processo; se invece la notificazione è nulla, si presume iuris tantum la conoscenza della pendenza del processo da parte dell’impugnante, e dovrà essere quest’ultimo a provare che la nullità gli ha impedito la materiale conoscenza dell’atto (tra altre, Cass. nn. 18243 del 2008, 2817 del 2009, 20307 del 2012, 19574 del 2015).
Nel caso in esame si è verificata una ipotesi di nullità, e non certo di inesistenza, della notificazione del ricorso per cassazione, alla luce dei principi affermati da Cass., sez. un., n. 14916 del 2016, che ha ridotto i casi di inesistenza della notificazione entro limiti del tutto residuali, cioè nelle sole ipotesi di totale mancanza materiale dell’atto o di espletamento di un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, escludendo che tra questi ultimi rientri il luogo in cui la notificazione è stata eseguita.
Ciò posto, nella fattispecie, ad avviso del Collegio, il ricorrente ha fornito adeguata prova del fatto che dalla nullità della notificazione del ricorso è derivata la mancata materiale conoscenza, in tempo utile, dell’atto medesimo e quindi del giudizio di cassazione e dell’ordinanza che lo ha definito: egli, infatti, non si è limitato ad allegare il vizio anzidetto, ma ha precisato i tempi e i modi in cui è avvenuta tale tardiva conoscenza (data di ricezione – 23 ottobre 2013 – dell’avviso di trattazione della controversia, in sede di rinvio, dinanzi alla CTR del Lazio, sezione distaccata di Latina), circostanze da reputare idonee, anche in considerazione della data di proposizione del ricorso per revocazione, a far presumere la dipendenza dell’inerzia dalla detta nullità (cfr. Cass. n. 19574/15, cit.).
2.3. Nel merito, il ricorso è tuttavia inammissibile, in quanto non si è in presenza di un errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 c.p.c. , n. 4.
Premesso che l’errore di fatto che può dar luogo alla revocazione della sentenza ben può cadere sul contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice, l’omesso rilievo di un vizio concernente la ritualità della notificazione dell’atto di impugnazione, in particolare – per quanto qui rileva – sotto il profilo del luogo in cui essa è stata eseguita, non configura un errore di fatto ai sensi della norma citata, cioè un errore di natura meramente percettiva, una svista materiale, bensì, in ipotesi, un errore di diritto, da far valere con gli ordinari mezzi d’impugnazione (cfr. Cass. nn. 16136 del 2009, 25654 del 2013, 26278 del 2016).
3.1. Col ricorso per cassazione (n. 1159/15) avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe (con la quale, a seguito di fissazione d’ufficio ai soli tali fini, è stato dichiarato estinto l’intero processo per omessa riassunzione), vengono denunciate, da un lato, la violazione dell’art. 295 c.p.c. , per avere il giudice del rinvio negato la sospensione del processo richiesta dal contribuente in ragione della pendenza del giudizio di revocazione dell’ordinanza rescindente (primo motivo), e, dall’altro, l’omessa pronuncia sull’altra istanza del contribuente di rimessione in termini per la proposizione dell’atto di riassunzione (secondo motivo).
3.2. Va esaminato per primo, per ragioni di priorità logico-giuridica, il secondo motivo.
Il motivo è fondato.
Non solo, infatti, il giudice di rinvio ha omesso di pronunciare sull’istanza di rimessione in termini, ma deve ritenersi che sussistessero nella specie i presupposti per l’applicazione dell’istituto (potendo questa Corte, a fronte di un’omissione di pronuncia da parte del giudice a quo, decidere nel merito in ipotesi di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto: tra le altre, Cass. n. 21968 del 2015).
Posto che deve essere ribadito il principio in virtù del quale l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 184-bis c.p.c. (vigente ratione temporis, poi abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46 e sostituito dalla norma generale di cui all’art. 153 c.p.c. , comma 2), è applicabile al rito tributario e opera sia con riferimento alle decadenze relative ai poteri processuali “interni” al giudizio, sia a quelle correlate alle facoltà esterne e strumentali al processo, quali le impugnazioni (da ult., Cass. nn. 12544 del 2015, 5946 del 2017), va osservato che, avendo il contribuente, come detto sopra, fornito prova della mancata conoscenza della pendenza del giudizio di cassazione (e, quindi, della pronuncia rescindente che lo ha concluso) per effetto della nullità della notificazione del ricorso, non può non ritenersi, in via logicamente consequenziale, che la mancata riassunzione del processo dinanzi al giudice di rinvio sia dipesa da causa a lui non imputabile.
3.3. Resta assorbito il primo motivo.
4. In conclusione, il ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile; si ravvisano tuttavia giusti motivi, in considerazione dell’esito della vicenda processuale, valutata nel suo complesso, per dispone la compensazione delle spese del relativo giudizio.
Va invece accolto il secondo motivo del ricorso per cassazione, assorbito il primo; la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, la quale procederà all’esame del merito della controversia a seguito dell’ordinanza di questa Corte n. 30402 del 2011, oltre a provvedere in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce al ricorso n. 434 del 2014 il ricorso n. 1153 del 2015. Dichiara inammissibile il ricorso per revocazione (n. 434/14) e compensa le spese.
Accoglie il secondo motivo del ricorso per cassazione (n. 1159/15), assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.
In relazione al ricorso per revocazione, dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017
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