CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 21459 depositata il 15 settembre 2017
FALLIMENTO – ACCERTAMENTO DEL PASSIVO – AMMISSIONE AL PASSIVO – CREDITO IN VIA PRIVILEGIATA – INTERESSI SUL CREDITO – DIRITTO DI PRELAZIONE – ESTENSIONE AGLI ACCESSORI – SPECIFICA DOMANDA – NECESSITA’ – FONDAMENTO – FATTISPECIE
FATTI DI CAUSA
1. Con decreto del 22 luglio 2011, il Tribunale di Firenze ha rigettato l’opposizione proposta dall’Equitalia Cerit S.p.a. avverso lo stato passivo del fallimento della (omissis) S.r.l., negando l’ammissione al passivo in via privilegiata di un credito di Euro 48.173,85, già ammesso al passivo in via chirografaria a titolo d’interessi su somme iscritte a ruolo.
Premesso che, ai sensi dell’art. 2749 c.c., il privilegio accordato al credito si estende soltanto agl’interessi dovuti per l’anno in corso alla data del pignoramento e per quello precedente, ha infatti rilevato che sia nell’istanza di insinuazione al passivo che nell’opposizione la creditrice non aveva specificato né la data di decorrenza degl’interessi né il periodo di riferimento.
2. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, l’Equitalia Centro S.p.a., succeduta all’Equitalia Cerit a seguito di fusione per incorporazione con atto per notaio C.P. del (omissis). Il curatore del fallimento non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto, osservando che gli estratti dei ruoli prodotti a corredo dell’istanza d’insinuazione al passivo indicavano puntualmente la ragione e l’entità dei crediti e quella degl’interessi, la cui collocazione in via privilegiata, anche per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, era imposta dall’intervenuta dichiarazione d’illegittimità costituzionale del R.D. 16 marzo 1941, n. 267, art. 54, comma 3.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 27, commi 37-40, affermando che, ai sensi dell’art. 2752 c.c., comma 1, nel testo modificato dalla predetta disposizione, applicabile anche ai crediti sorti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore, il privilegio si estende, per le imposte dirette, anche alle somme iscritte a ruolo negli anni precedenti a quelli in cui viene promossa l’esecuzione ed alle sanzioni, nonché agl’interessi maturati nel periodo successivo all’assoggettamento dell’impresa alla procedura concorsuale.
3. I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, sono infondati.
Il decreto impugnato non ha affatto escluso, almeno in via astratta, la possibilità di riconoscere al credito per interessi il privilegio accordato dalla legge a quello per capitale, avendo anzi richiamato espressamente l’art. 2749 c.c., il quale prevede la predetta estensione, circoscrivendola però agl’interessi dovuti per l’anno in corso alla data del pignoramento ed a quelli dell’anno precedente, nonché, limitatamente alla misura legale, agli interessi maturati successivamente. In materia fallimentare, l’estensione del diritto di prelazione agl’interessi è peraltro disciplinata specificamente dalla L. Fall., art. 54, comma 3, il quale richiama gli artt. 2749 c.c., art. 2788 c.c. e art. 2855 c.c., commi 2 e 3, equiparando la dichiarazione di fallimento all’atto di pignoramento e precisando che, per i crediti assistiti da privilegio generale, il decorso degl’interessi cessa alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto, anche se parzialmente. Il testo attuale di detta disposizione, introdotto dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 50 riproduce sostanzialmente quello previgente, così come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 162 del 2001, con cui fu dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 3, nella parte in cui non richiamava, ai fini dell’estensione del diritto di prelazione agli interessi, l’art. 2749 c.c..
In tema di estensione del diritto di prelazione agl’interessi, questa Corte ha tuttavia precisato, in riferimento tanto ai crediti ipotecari quanto a quelli privilegiati, che il trattamento preferenziale accordato dalla legge agli accessori del credito non comporta la sottrazione degli stessi alla necessità di una specifica domanda di ammissione al passivo (cfr. Cass., Sez. 5, 24/03/ 2006, n. 6642; 19/03/1996, n. 2321; Cass., Sez. 1, 21/02/2001, n. 2493), ai fini della quale, come correttamente ritenuto dal decreto impugnato, non è sufficiente la mera individuazione dell’importo complessivamente dovuto per interessi, ancorché distinta da quella relativa alla sorta capitale, ma occorre l’indicazione di tutti gli elementi necessari per il calcolo degli stessi (e quindi almeno della data di scadenza del credito e del tasso d’interesse applicabile), in modo tale da consentire al Giudice delegato nel procedimento di verificazione, ed al Tribunale nell’eventuale giudizio di opposizione, di verificare l’esatta determinazione dell’importo richiesto, anche in relazione al trattamento differenziato previsto per gl’interessi maturati successivamente alla dichiarazione di fallimento.
In contrario, non vale evidenziare la natura tributaria del credito ammesso al passivo e la conseguente applicabilità del privilegio generale mobiliare di cui all’art. 2752 c.c., comma 1, come modificato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 23, comma 37, convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011, n. 111. La riferibilità di tale disposizione anche ai crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore, espressamente prevista dal comma 37, ultimo periodo avrebbe ben potuto giustificarne l’applicazione anche nel caso in esame, quale jus superveniens intervenuto nel corso del giudizio di opposizione ed avente portata retroattiva, ma sempre subordinatamente all’avvenuta proposizione di una specifica domanda di estensione della prelazione agl’interessi, nei sensi dianzi indicati: la norma in esame, nel prevedere l’applicabilità del privilegio ai crediti per imposte dirette ed imposta regionale sulle attività produttive, indipendentemente da limiti quantitativi e dall’anno di iscrizione a ruolo, non si occupa infatti della estensione del privilegio agl’interessi, che resta disciplinata dall’art. 2749 c.c. e dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20 e art. 21, comma 3, con la conseguente necessità di distinguere, nell’ambito degl’interessi maturati sulle somme iscritte a ruolo, tra quelli assistiti dal privilegio e quelli da ammettersi in passivo in via chirografaria.
Non merita pertanto censura il decreto impugnato, il quale, dato atto che l’opponente non aveva provveduto a specificare la data di decorrenza degl’interessi o il periodo di riferimento, né nell’istanza di insinuazione al passivo né nel ricorso introduttivo del giudizio di opposizione, ne ha negato l’ammissione al passivo in via privilegiata, ai fini della quale, come si è detto, non poteva considerarsi sufficiente la mera distinzione, nell’ambito dello importo complessivamente richiesto, tra quello dovuto per sorta capitale e quello dovuto per interessi.
4. Il ricorso va pertanto rigettato.
La mancata costituzione dell’intimato esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
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