CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 26093 del 30 dicembre 2015
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 134/07/07 depositata il 14 febbraio 2008 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, rigettato l’appello proposto da Hotel Arcangelo S.r.l., confermava la decisione n. 189/38/06 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva respinto i riuniti ricorsi della Società contribuente avverso tre distinti avvisi di liquidazione ICI anni 1999 2000 2001 e relativi a due immobili in Roma.
La CTR, che in narrativa dava in primo luogo atto che il primo giudice aveva accertato «che l’immobile indicato come Piazza Adriana n, 16 era in realtà quello al 15>>, con riferimento all’altro immobile adibito ad albergo ubicato in Via Boezio n. 15 riteneva che erroneamente la contribuente avesse pagato l’ICI determinando l’imposta secondo le regole stabilite dall’art. 5, comma 3, d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 per gli immobili classificabili in D <non iscritti in catasto>. A giudizio della CTR difatti, siccome l’attribuzione della rendita era stata messa <in atti dal 20/9/99>, l’imposta doveva essere stabilita sulla base della rendita medesima ai sensi dell’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 504 cit. E questo, concludeva la CTR, poiché ai sensi dell’art. 74, comma l, 1. 21 novembre 2000 n. 342 la rendita non doveva essere notificata essendo stata la stessa «messa in atti>> prima del 31 dicembre 1999.
Contro la sentenza della CTR, la contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
Il Comune di Roma resisteva con controricorso.
Diritto
1. Con il primo motivo di ricorso la contribuente denunciava in rubrica «Nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di dichiarazione di nullità degli accertamenti in quanto notificati in unico plico a mezzo servizio postale (art. 360 n. 2 c.p.c.)>>. Il quesito di diritto sottoposto era però il seguente: <un’unica notificazione cumulativa>>Il motivo è preliminarmente inammissibile perché, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis, il quesito è formulato in modo astratto. E, cioè, senza alcun riferimento alla concreta fattispecie (Cass. sez. III n. 13240 del 2014). Il motivo è altresì preliminarmente inammissibile per mancanza di specificità perché, in violazione dell’art. 366, comma l, n. 4, c.p.c., in rubrica viene lamentato un vizio di omessa pronuncia e mentre nel quesito viene invece censurata una violazione delle regole di notifica degli atti impositivi. E questo, dando luogo a incertezza circa il vizio denunciato, impedisce alla Corte un sicuro esercizio dell’attività nomofilattica (Cass. sez. VI n. 2988 del 2013).
2. Con il secondo motivo di ricorso la contribuente censurava la sentenza denunciando in rubrica «Nullità della sentenza per omessa pronuncia circa la censura relativa all’erroneità della determinazione della rendita>>. Il quesito sottoposto era il seguente: «Enunciare il principio secondo il quale, nel caso in cui venga impugnata assieme alla liquidazione dell’ICI anche l’atto attributivo della rendita catastale, sussiste il dovere del giudice di pronunciare nel merito di tale censura indipendentemente dall’accoglimento della doglianza specifica riguardante la liquidazione dell’imposta>>.
Il motivo è preliminarmente inammissibile perché, come in precedenza, lo stesso è stato formulato in termini del tutto astratti. Senza, cioè, l’esposizione della concreta fattispecie divisata dalla CTR e senza alcun riferimento alle esatte ragioni della sentenza. Peraltro, il motivo è anche infondato alla luce della circostanza che la CTR ha statuito la legittimità delle imposte recuperate dall’Amministrazione Comunale.
3. Con il terzo motivo del ricorso la contribuente censurava la sentenza denunciando in rubrica «Nullità della sentenza per omessa pronuncia circa la domanda di annullamento dell’atto di irrogazione della sanzione amministrativa>>. Il quesito sottoposto era il seguente: <Enunciare il principio secondo cui la mancata pronuncia di una domanda subordinata determina la nullità della sentenza impugnata>.
Il motivo è preliminarmente inammissibile perché, come in precedenza, lo stesso è stato formulato in termini del tutto astratti. Senza, cioè, l’esposizione della concreta fattispecie divisata dalla CTR e senza alcun riferimento alle esatte ragioni della sentenza. Peraltro, il motivo è anche infondato alla luce della circostanza che la CTR ha statuito la legittimità degli impugnati avvisi e quindi delle imposte recuperate e delle sanzioni irrogate.
4. Con il quarto motivo di ricorso la contribuente censurava la sentenza denunciando in rubrica <<nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di accertamento dell’insussistenza de diritto proprietà del ricorrente relativamente all’immobile di piazza adriana n. 16>>. Il quesito sottoposto era il seguente: <al ricorrente quale presupposto negativo dell’atto di accertamento) comporta la nullità della sentenza per omessa pronuncia>>.
Il motivo è infondato perché, come questa Corte ha sopra avuto cura di evidenziare, la CTR aveva in effetti dato atto che il primo giudice aveva accertato che l’imposta recuperata riguardava in realtà l’immobile di Piazza Adriana 15 di proprietà della contribuente e quindi nella sostanza ritenuto che l’inesatta indicazione del numero civico costituiva un irrilevante mero errore materiale.
5. Con il quinto motivo di ricorso la contribuente censurava la sentenza denunciando in rubrica «Violazione dell’art. 5 d.l. n. 504 30/12/92 e dell’art. 74 1. 21 novembre n. 342>>. Il quesito sottoposto era il seguente: <Enunciare il principio secondo il quale, per gli attributivi o modificativi delle rendite emessi a partire dal l gennaio 2000, ai fini della determinazione del valore imponibile ai fini ICI, il valore del fabbricato deve essere determinato in base al valore catastale soltanto a decorrere dal periodo d’imposta successivo al’anno della notificazione dell’atto attributivo medesimo>.
Il motivo è preliminarmente inammissibile perché, come in precedenza, lo stesso è stato formulato in termini del tutto astratti. Senza, cioè, l’esposizione della concreta fattispecie divisata dalla CTR e senza alcun riferimento alle esatte ragioni della sentenza.
6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P .Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare al Comune di Roma le spese processuali, queste liquidate in 4.000,00 a titolo di compenso, oltre a spese forfetarie ed a accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2015
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