CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 4627 del 9 marzo 2016
TRIBUTI – IVA – REGIME DEL MARGINE – ACQUISTO DI VEICOLI USATI DA FORNITORE INGLESE – AUTOVETTURE IN ORIGINE INTESTATE A SOCIETA’ DI NOLEGGIO – ESCLUSIONE DEL REGIME DEL MARGINE
Svolgimento del processo
1. In data 30.12.2005 l’ufficio di Milano 2 dell’Agenzia delle Entrate notificava alla U. s.r.l., quale incorporante della s.p.a. B. e della s.p.a. B.A., un avviso di accertamento a mezzo del quale, recepite le risultanze di una pregressa verifica doganale, provvedeva a contestare alla parte che nell’anno 2000 le predette incorporate avevano proceduto all’acquisto di autovetture usate presso un fornitore inglese applicando impropriamente il regime del margine, rideterminava perciò il maggior volume d’affari dell’incorporante rilevante ai fini IVA e liquidava le maggiori imposte dovute.
La decisione di primo grado, gravata d’appello dall’ufficio, era confermata dalla CTR Lombardia con la sentenza oggi in disamina sulla base della considerazione che, ai fini della legittima fruizione dello speciale regime impositivo del margine, “le società acquirenti di auto usate da parte di residente comunitario dovevano solo accertare che i veicoli erano usati, che il cedente era comunitario e che conseguentemente lo stesso non aveva potuto detrarre l’IVA all’atto dell’acquisto ovvero che lo stesso aveva applicato il regime del margine”.
Ricorre ora per la cassazione di detta sentenza l’Agenzia delle Entrate con un mezzo affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso la parte.
Motivi della decisione
2.1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate lamenta per gli effetti dell’art. 360, comma primo, 3, c.p.c., l’errror in iudicando in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata in relazione all’art. 2697 c.c. vero che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice territoriale, “poiché quello che viene richiesto è l’applicazione di un regime impositivo diverso è più favorevole di quello ordinario … incombe sicuramente sulla parte che vuol beneficiarne dimostrare la sussistenza di tutti i requisiti formali e sostanziali per poterne godere”.
Il secondo motivo di ricorso addebita ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c. al giudice territoriale la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.l. 41/95 avendo questi ritenuto che “fossero presenti tutti i requisiti previsti dalla norma per poter fruire del suddetto regime del margine”, e ciò malgrado costituisse “un dato di fatto incontestato” quello secondo cui le autovetture interessate dall’operazione erano in origine intestate a società di autonoleggio che, avendo portato in detrazione l’IVA assolta sull’acquisto, non potevano essere assoggettate al regime del margine “per l’assorbente considerazione che l’acquirente del veicolo (cedente della contribuente) non era legittimato all’applicazione del regime fiscale agevolato”.
2.2. Entrambi i detti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto afferiscono al comune tema della prova che lo speciale regime impositivo solleva, sono fondati e vanno accolti, assorbito in ciò anche il terzo motivo di ricorso svolto dall’impugnate in via subordinata.
E’ invero una massima consolidata che questa Corte ha avuto più volte occasione di enunciare, sul filo della considerazione che il regime in parola rappresenti “un regime speciale, derogatorio dell’ordinaria disciplina fiscale degli acquisti intracomunitari” (15630/15), che “in tema di IVA e con riferimento alla fruizione del regime del margine di utile di cui all’art. 36 del d.l. 23 febbraio 1995, n. 41, convertito nella legge 22 marzo 1995, n. 85, su operazioni di acquisto di autoveicoli usati fomiti da soggetti comunitari a rivenditori nazionali, l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che ne giustificano l’operatività incombe sul contribuente cessionario, il quale è tenuto a verificare ex ante, alla luce della giurisprudenza comunitaria, la correttezza fiscale dell’operazione, anche con riferimento al presupposto della indeducibilità dell’IVA “a monte” da parte del soggetto cedente. L’affidamento ingenerato dalle dichiarazioni rese a tale riguardo dal cedente va correlato al dovere di diligenza dell’operatore, sicché la buona fede del cessionario, onerato della relativa prova, va esclusa laddove non siano adottate tutte le misure ragionevolmente esigibili per escludere una frode fiscale o in caso di diretta conoscenza di quest’ultima” (8648/15; 7579/15; 25755/14).
Palesemente errato è perciò il contrario convincimento accolto dal giudice territoriale che ha ritenuto che nella specie la contribuente avesse dato compiuta dimostrazione della sussistenza di tutte le richieste condizioni per fruire legittimamente del regime del margine. Nel pronunciarsi nei riferiti termini il decidente ha infatti mostrato di disattendere il chiaro indirizzo interpretativo di questa Corte ed ha applicato le disposizioni richiamate in rubrica in aperta dissonanza, violandole in definitiva entrambe, l’art 2697, perché, contravvenendo al principio dell’onere della prova, non si è avveduto che il contribuente non aveva dimostrare di essersi regolato nella vicenda in modo diligente, in particolare provando di essersi previamente accertato che la condizione del cessionario non era incompatibile con il regime impositivo invocato; e l’art. 36, perché – come l’ufficio, assolvendo in parte qua anche l’onere di rendere autosufficiente la doglianza, si è dato cura di precisare – risultava nella specie incontestato che, malgrado il regime in parola si diriga ai privati consumatori ed agli operatori che non abbiano potuto detrarre l’imposta o che agiscano in regime di franchigia o che a loro volta fruiscano del regime del margine, le autovetture oggetto di cessione erano state in origine intestate a società di autonoleggio e dunque ad operatori, che essendo soggetti al regime ordinario di imposta, avevano potuto detrarre l’IVA assolta in rivalsa al momento dell’acquisto.
3. Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata va conseguentemente cassata.
Non essendo peraltro necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma secondo, c.p.c. mediante il rigetto del ricorso introduttivo.
4. Le spese seguono la soccombenza in questo giudizio mentre possono essere compensate in relazione ai gradi di merito, attesa l’incertezza del quadro interpretativo all’epoca dei fatti di causa.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo; condanna parte resistente al pagamento delle spese di lite che liquida nella somma di euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito e compensa le spese relative ai gradi di merito.
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