CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 8610 del 02 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – DIPENDENTI DEL MINISTERO DELLA DIFESA – INDENNITA’ DI CAMPAGNA – PERSONALE CIVILE – RICONOSCIMENTO – CONDIZIONI
Svolgimento del processo
1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 1859 del 2011, depositata il 23 marzo 2011, ha accolto l’impugnazione proposta dal Ministero della difesa, nei confronti di C. A. e altri, avverso la sentenza emessa tra le parti dai Tribunale di Napoli, n. 777 del 14 gennaio 2009, che aveva riconosciuto ai lavoratori, personale civile dipendente dei suddetto Ministero, il diritto a percepire l’indennità di impiego operativo per reparti di campagna (cosiddetta indennità di campagna), di cui all’art. 3 della legge n. 78 del 1983, indennità attribuita al personale militare.
2. La Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione, ponendo a fondamento della decisione la seguente motivazione.
L’indennità di campagna è disciplinata dall’articolo 3 della legge n. 78 del 1983, che prevede che ad ufficiali, sottufficiali (nonché graduati e militari di truppa), in servizio presso individuati luoghi, definiti unità di campagna, è concessa un’indennità denominata di impiego operativo per reparti di campagna.
Tale disposizione trova applicazione con riguardo al personale militare.
Il d.P.R. n. 395 del 1995, al n. 9 dell’art. 5, ha previsto che “l’indennità di cui all’articolo 3 della legge n. 78 del 2003, compete anche personale che, nella posizione di forza amministrata, è impiegato, in maniera continuativa nelle stesse condizioni ambientali, addestrative ed operative dei soggetti che sono in forza effettiva organica presso gli Enti e i Reparti indicati nell’art. 3”.
Da tale previsione gli appellati, originari ricorrenti, facevano derivare il proprio diritto, in quanto dipendenti civili forza amministrata, a percepire la indicata indennità.
Tale prospettazione non era fondata, poiché l’alt. 1 del citato d.P.R. disciplina esclusivamente il personale militare, e non trova applicazione per il personale civile che presta servizio in quegli stessi luoghi riportati nella legge n. 78 del 1983.
L’estensione prevista dall’art. 5, comma 9, del d.P.R. n. 394 opera in favore di quei soggetti che appartengono al personale militare, sono in posizione di forza amministrata, ovvero forza effettiva, aggregata e potenziale, nella sua diversificata composizione ex d.P.R. n. 167 del 2006, e operano con le stesse modalità dei soggetti in forza effettiva organica. Dunque, si tratta di personale, sempre militare, forza amministrata che non è in forza effettiva organica.
Né risulta ipotizzabile che la suddetta indennità possa essere compresa tra le altre indennità previste da specifiche disposizioni di legge ai sensi dell’art. 28, lettera h), del CCNL del Comparto ministeri 1998-2001, non costituendo la indennità di campagna voce retributiva attinente al rapporto di lavoro dei dipendenti appartenenti al Comparto Ministeri.
3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorrono i lavoratori, prospettando un articolato motivo di ricorso.
4. Il Ministero della difesa è rimasto intimato.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 78 del 1983, dell’art. 5 del d.P.R. n. 163 del 2002, dell’art. 5 del d.P.R. n. 394 del 1995, nonché dell’art. 28 del CCNL Comparto ministeri 1998/2001, nonché degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1369 cc, in riferimento all’art. 360, n. 3, c.p.c., con collegato difetto di motivazione in riferimento all’art. 360, n. 5, c.p.c.. Omissione e/o illogicità e/o contraddittorietà e/o insufficienza della motivazione, in riferimento all’art. 360, n. 5, c.p.c.
Premettono i ricorrenti (personale civile operante alle dipendenze del Ministero della difesa presso il Comando regione Militare Sud) che non vi è stata alcuna specifica contestazione in fatto circa le mansioni svolte e la identità delle stesse rispetto a quelle svolte dal personale militare.
Assumono, quindi, che il riconoscimento nei loro confronti dell’indennità di campagna in questione trova fondamento nell’estensione della medesima, sancita dall’art. 5, comma 9, del d.P.R. n. 354 del 1995, alla forza amministrata che ricomprende sia il personale militare che quello civile. Diversamente la disposizione non avrebbe senso. D’altro canto, come rilevato anche da altri giudici di merito, il riconoscimento dell’indennità rinviene riscontro anche nell’art. 28 del CCNL per il personale del Comparto ministeri, in ragione del rinvio generale alla contrattazione collettiva di cui all’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001.
La citata norma contrattuale, pertanto, correttamente interpretata doveva trovare applicazione nella fattispecie in esame.
Deducono, altresì, per completezza che il Fondo unico dì amministrazione di cui all’art. 32 del CCNL, lettera f), ha finalità diverse rispetto alla suddetta indennità.
I ricorrenti espongono, infine, qualora in accoglimento del ricorso, dovesse decidersi nel merito, che l’eccezione di prescrizione articolata dall’Avvocatura dello Stato nel primo grado di giudizio era destituita di fondamento.
1.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
Occorre precisare che i ricorrenti hanno chiesto l’applicazione in loro favore dell’art. 5, comma 9, del d.P.R. 394 del 1995 (Recepimento del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze armate – Esercito, Marina e Aeronautica), che ha previsto l’erogazione della indennità di campagna di cui all’art. 3, comma 1, della legge n. 78 del 1983, anche al personale che nella posizione di forza amministrata è impiegato in maniera continuativa nelle stesse condizioni ambientali, addestrative ed operative dei soggetti che sono in forza effettiva organica presso gli Enti ed i Reparti elencati nel medesimo art. 3.
1.2. L’art. 1 della citata legge n. 78 del 1983, che disciplina le indennità operative del personale militare (l’evoluzione del quadro normativo deve tener conto anche della legge 6 marzo 1958, n. 192 e del la legge 5 maggio 1976 n. 187, oggi abrogate), prevede che a quest’ultimo – personale militare dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica – compete un particolare trattamento economico in relazione alla peculiarità dei doveri che distinguono la condizione militare nelle sue varie articolazioni, determinando uno speciale stato giuridico, di carriera e di impiego contrassegnato da particolari requisiti di idoneità psico-fisica, dalla assoluta e permanente disponibilità al servizio ed alla mobilità di lavoro e di sede, dalla specialità della disciplina, dalla selettività dell’avanzamento e dalla configurazione dei limiti di età.
In particolare, quale compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connessi alle diverse situazioni di impiego derivanti dal servizio sono istituite le indennità di impiego operativo di cui alla medesima legge, tra le quali l’indennità di impiego operativo per i reparti campagna, per cui è causa.
Può, in proposito, ricordarsi la ratio delle indennità, nelle quali rientra l’indennità di campagna, della cui estensione si discute, come chiarita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 278 del 1995, che ha affermato: “le indennità di impiego operativo disciplinate dalla legge 23 marzo 1983 n. 78 (radicalmente modificativa del previgente regime) si atteggiano, secondo la stessa definizione legislativa, come un peculiare trattamento economico da porsi in relazione col particolare “status” dei militari, quale compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connesse alle diverse situazioni di impiego. Queste ultime sono valutate, in una molteplicità di previsioni normative, con riguardo alle specializzazioni ed alle attività dei militari, e comportano l’erogazione di svariati incrementi percentuali dell’indennità operativa di base nonché l’eventuale attribuzione di alcune indennità supplementari, nonché una serie di maggiorazioni percentuali in connessione con l’espletamento di specifiche e più gravose mansioni”.
1.3. Dunque, l’indennità in questione è attribuita in relazione alla peculiarità dei doveri che distinguono la condizione militare nelle sue varie articolazioni, determinando uno speciale stato giuridico contrassegnato da particolari requisiti.
Ritiene il Collegio che l’attribuzione della indennità di campagna ex art. 5, comma 9, d.P.R. 394 del 1995, ha come presupposto lo status di militare del dipendente (Esercito, Marina, Aeronautica), e proprio perché in presenza di tale medesimo status giuridico, il legislatore ha inteso parificare il trattamento retributivo di coloro che operano nelle stesse condizioni ambientali, addestrative e operative, come specificato nella disposizione da ultimo richiamata.
L’art. 5, comma 9, del d.P.R. n. 394 del 1995, opera pur sempre con riguardo al personale militare e, dunque, non attribuisce ai ricorrenti, personale civile, il diritto a percepire l’indennità in esame, né detta norma sollecita dubbi di costituzionalità, né si presta ad una interpretazione estensiva o evolutiva.
1.4. Va rilevato che il d.P.R. n. 394 del 1995, che recepisce il provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995, riguardante il personale delle Forze armate, si applica, come espressamente previsto dall’art. 1, al personale militare dell’Esercito (esclusa l’Arma dei Carabinieri), della Marina e dell’Aeronautica, con esclusione dei dirigenti e del personale di leva.
La presenza nelle Forze armate di personale civile e di personale militare non esclude la distinta disciplina dei rapporti di impiego e del trattamento economico.
Il significato che, nell’art. 5, comma 9, del d.P.R. 394 del 1995, assume il riferimento alla forza amministrata non può essere determinato solo con riguardo alla nozione generale della stessa, che si rinveniva già nell’art. 18 del d.P.R. n. 167 del 2006 e, ora, nell’art. 455 del d.P.R. n. 90 del 2010, come richiamata dai ricorrenti: “La forza amministrata è composta dal personale militare e civile amministrato dagli organismi”, ma tenendo presente la nozione di forza effettiva organica nell’ambito della forza amministrata.
L’indennità di campagna è stata estesa al personale militare nella posizione di forza amministrata impiegato in maniera continuativa nelle stesse condizioni ambientali, addestrative ed operative del personale militare della forza amministrata in forza effettiva organica presso gli Enti ed i Reparti elencati nel medesimo art. 3 della legge n. 78 del 1983.
Quindi il rilievo del citato art. 5, comma 9, ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di campagna, è nell’equiparazione, in presenza di determinate condizioni, del personale militare della FOAM – forza amministrativa, al personale militare della FOAM che costituisce FEO – forza effettiva organica, e non all’equiparazione tra personale civile e personale militare della FOAM.
Il giudice amministrativo ha così letto l’art. 5, comma 9, del d.P.R. 394 del 1995, nel senso che lo stesso ha esteso il beneficio anche al personale militare in servizio presso le strutture di supporto necessarie al funzionamento di quelle menzionate nell’art. 3 della legge n. 78 (cfr. CdS, decisione n. 2046 del 2011; TAR Piemonte, sentenza n. 1218 del 2012; TAR Campania, sentenza n. 7735 del 2009).
1.5. In ragione del tenore e della ratio della norma, non può procedersi all’interpretazione evolutiva chiesta dai ricorrenti o ad una interpretazione estensiva.
Ciò, considerato che l’interpretazione estensiva tende a comprendere nella portata concreta della norma tutti i casi da essa anche implicitamente considerati, quali risultanti non solo dalla lettera ma anche dalla ratio della disposizione (v. Cass., S.U., n. 11930 del 2010), e l’interpretazione evolutiva, tende ad adeguare la formula legislativa ai mutamenti economico-sociali o tecnici intervenuti nel tempo. Nella sostanza l’estensione in questione, non ha mutato la ratio per cui l’indennità di campagna veniva riconosciuta al personale militare.
1.6. Né l’art. 5, comma 9, si presta a dubbi di costituzionalità sia pure sotto il profilo della non manifesta infondatezza, con riguardo ai principi di uguaglianza e parità di trattamento.
Occorre considerare che la Corte costituzionale ha, infatti, affermato che “il parametro della eguaglianza non esprime la concettualizzazione di una categoria astratta, staticamente elaborata in funzione di un valore immanente dal quale l’ordinamento non può prescindere, ma definisce l’essenza di un giudizio di relazione che, come tale, assume un risalto necessariamente dinamico” (sentenza n. 89 del 1996). Pertanto, poiché “il principio di eguaglianza esprime un giudizio di relazione in virtù del quale a situazioni eguali deve corrispondere l’identica disciplina e, all’inverso, discipline differenziate andranno coniugate a situazioni differenti, ciò equivale a postulare che la disamina della conformità di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo un modello dinamico, incentrandosi sul “perché” una determinata disciplina operi, all’interno del tessuto egualitario dell’ordinamento, quella specifica distinzione, e quindi trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del potere normativo” (sentenza n. 241 del 2014).
La giurisprudenza costituzionale ha, altresì, affermato (Corte cost. n. 155 del 2014) che la violazione del principio di uguaglianza sussiste qualora situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili (ex plurimis: sentenza n. 108 del 2006, n. 340 e n. 136 del 2004).
Particolarmente significativa, nell’applicare tali principi con riguardo al lavoro pubblico contrattualizzato e non (come nella specie) è la sentenza n. 178 del 2015, che nell’escludere una disparità di trattamento afferma: “Il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono essere in tutto e per tutto assimilati (sentenze n. 120 del 2012 e n. 146 del 2008) e le differenze, pur attenuate, permangono anche in séguito all’estensione della contrattazione collettiva a una vasta area del lavoro prestato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
La medesima eterogeneità dei termini posti a raffronto connota l’area del lavoro pubblico contrattualizzato e l’area del lavoro pubblico estraneo alla regolamentazione contrattuale. Tale eterogeneità preclude ogni plausibile valutazione comparativa sul versante dell’art. 3, primo comma, Cost. e risalta ancor più netta in ragione dell’irriducibile specificità di taluni settori (forze armate, personale della magistratura), non governati dalla logica del contratto”.
La Corte costituzionale ha, altresì, escluso “la possibilità di istituire un utile raffronto, a causa della mancanza di omogeneità, tra le categorie degli appartenenti a Corpi diversi, anche se caratterizzati dalla comune appartenenza all’ordinamento militare” (ordinanza n. 83 del 2009), e che “non è configurarle una violazione dell’art. 3 della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza invocato dal giudice rimettente in quanto, in ragione della specialità degli ordinamenti posti a confronto in relazione alle funzioni assolte dalle singole Armi, le posizioni poste in comparazione non sono tra loro omogenee, così che la scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non può considerarsi arbitraria”.
Nella specie, quindi, il diverso status del personale militare e di quello civile, che determina l’attribuzione dell’indennità in questione solo al primo, in ragione della ratio della medesima, esclude che il differente trattamento dia luogo a dubbi di legittimità costituzionale.
Manca, pertanto, il presupposto – indennità prevista da specifiche disposizioni di legge – posto dai ricorrenti a fondamento dell’operatività della disposizione convenzionale di cui all’art. 28, lettera h), del CCNL Comparto ministeri 1998-2001, richiamata, e il riferimento al Fondo unico, appare ultroneo atteso che allo stesso non fa riferimento la Corte d’Appello.
4. Il ricorso deve essere rigettato. Nulla spese in ragione della mancata costituzione dell’Amministrazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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