CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9310 del 9 maggio 2016
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – DIPENDENTE MINISTERIALE – SCUOLA – CCNL – CONSERVAZIONE DELL’ANZIANITA’ DI SERVIZIO – COMPUTABILITA’
Svolgimento del processo
1 – La Corte di Appello di Roma ha respinto l’appello del Ministero degli Affari Esteri avverso la sentenza del locale Tribunale che, in accoglimento della domanda proposta da O.B., dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione transitata nei ruoli del M.A.E. con decorrenza dal 17 ottobre 2001, aveva dichiarato il diritto della ricorrente al riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, della anzianità di servizio maturata presso l’amministrazione di provenienza. Il giudice di prime cure, inoltre, sul presupposto della non riassorbibilità dell’assegno ad personam riconosciuto alla ricorrente e della computabilità nello stesso della “retribuzione professionale docenti”, aveva condannato il Ministero al pagamento delle differenze retributive.
2 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il M.A.E. sulla base di tre motivi. Ha resistito con tempestivo controricorso O.B., che ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione della sentenza in forma semplificata.
Motivi della decisione
1.1.- Il primo motivo di ricorso denuncia contraddittorietà della motivazione nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001, dell’art. 16, comma 1, lettere a) e c) della I. n. 246 del 2005, dell’art. 1406 c.c.. Sostiene, in sintesi, il ricorrente che l’amministrazione non era tenuta a riconoscere, a fini giuridici ed economici, l’anzianità maturata presso il Ministero di provenienza, perché nulla disponeva al riguardo l’art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001, nel testo applicabile ratione temporis, e perché contraddittoriamente la sentenza impugnata aveva riconosciuto valenza interpretativa solo alla lettera a) dell’art. 16 della legge n. 246 del 2005 e non anche alla lettera c), che attribuisce al dipendente trasferito per mobilità esclusivamente il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi vigenti per il comparto della amministrazione di destinazione.
1.2 – Il secondo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione delle norme sopra citate nonché dell’art. 3, comma 57, della legge n. 537 del 1993 e dell’art. 202 del d.p.r. n. 3 del 1957. Rileva il ricorrente che, in assenza di disposizioni speciali di diverso tenore, l’assegno ad personam attribuito dalla amministrazione al dipendente, per non incorrere nel divieto della reformatio in peius del trattamento economico acquisito, è riassorbibile con le modalità e le misure previste dai contratti collettivi.
1.3- Il terzo motivo denuncia la violazione delle norme dì legge sopra citate e dei contratti collettivi del comparto scuola (artt. 7 CCNL 15.3.2001 e 50 CCNL 26.5.1999) nonché la insufficienza e la contraddittorietà della motivazione. Rileva il ricorrente che non poteva essere inclusa nell’assegno la “retribuzione professionale docenti”, trattandosi di un compenso di natura accessoria che presuppone l’effettiva prestazione della attività didattica.
2- Il ricorso è ammissibile in quanto tutti i motivi, formulati nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., censurano in modo specifico le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata ed individuano puntualmente le violazioni di legge nelle quali la Corte territoriale sarebbe incorsa. Non vale ad escludere la specificità dei motivi l’errore commesso nella indicazione delle pagine della sentenza impugnata né rende inammissibile nella sua interezza l’impugnazione l’avere sviluppato anche argomenti non trattati dal giudice di appello.
3 – Le questioni che vengono qui in rilievo sono state esaminate da questa Corte con più sentenze, pronunciate all’udienza del 16.10.2014 (nn. da 24724 a 24726, da 24729 a 24731, 24889, 24890, 24949, 25017, 25018, 25160, 25245, 25246), tutte relative al trattamento economico e giuridico spettante ai dipendenti del comparto scuola immessi nei ruoli del M.A.E. a seguito delle procedure di mobilità volontaria ex art. 30 d.lgs n. 165 del 2001, espletate in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 246 del 2005.
Con le richiamate pronunce si è stabilito, in sintesi, che:
a) il “passaggio diretto”, di cui all’art. 30 del d.lgs n. 165 del 2001, nella sua formulazione originaria, è riconducibile all’istituto civilistico della cessione del contratto, sicché detto passaggio è caratterizzato dalla conservazione della anzianità e dal mantenimento del trattamento economico goduto presso l’amministrazione di provenienza;
b) l’art. 16 della legge n. 246 del 2005 non ha natura di norma interpretativa per cui lo stesso, privo di efficacia retroattiva, non trova applicazione alle procedure di mobilità espletate antecedentemente alla sua entrata in vigore;
c) il trattamento economico acquisito dal lavoratore deve essere determinato con il computo di tutti i compensi fissi e continuativi erogati al prestatore di lavoro, quale corrispettivo delle mansioni svolte ed attinenti, logicamente, alla professionalità tipica della qualifica rivestita;
d) secondo le previsioni del CCNL del comparto scuola la retribuzione professionale docenti costituisce un compenso fisso e continuativo, in quanto corrisposto in misura non variabile e per dodici mensilità, e va quindi incluso nell’assegno personale, non potendo la esclusione essere giustificata dal rilievo che il compenso fosse finalizzato alla valorizzazione professionale della funzione docente;
e) in caso di passaggio di personale da un’amministrazione all’altra, il mantenimento del trattamento economico collegato al complessivo status posseduto dal dipendente prima del trasferimento opera nell’ambito, e nei limiti, della regola del riassorbimento in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico riconosciuti dalle normative applicabili per effetto del trasferimento.
Gli scritti difensivi delle parti non prospettano argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poiché le ragioni indicate a fondamento dei principi affermati, da intendersi qui richiamate, sono integralmente condivise dal Collegio.
4 – La sentenza impugnata è conforme ai principi di diritto sopra indicati quanto ai capi avente oggetto il riconoscimento della anzianità maturata presso l’amministrazione di provenienza e l’inclusione nell’assegno ad personam della retribuzione professionale docente. La pronuncia si pone, invece, in contrasto con il principio di diritto richiamato alla lettera e) del punto 3, nella parte in cui afferma la non riassorbibilità dell’assegno personale.
5 – Vanno, quindi, rigettati il primo ed il terzo motivo, mentre deve essere accolto il secondo. La necessità di ulteriori accertamenti in fatto impone la cassazione con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il primo e il terzo motivo; accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.
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