CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 9603 depositata il 11 maggio 2016
TRIBUTI – REGISTRO – COMPRAVENDITA TERRENO – AVVISO DI ACCERTAMENTO IN RETTIFICA DEL VALORE DI CESSIONE – MOTIVAZIONE DELL’ATTO – RINVIO AI DATI CONTENUTI NELLA STIMA EFFETTUATA DALL’UTE – SUFFICIENTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione emesso con riferimento all’imposta di registro, conseguente alla stima di maggior valore del terreno oggetto di compravendita. Il ricorrente deduceva vizio di violazione di legge e di motivazione, oltre all’insussistenza nel merito del maggior imponibile accertato.
Sia la ctp che la CTR rigettavano la domanda del contribuente, confermando la legittimità dell’operato dell’ufficio.
S.R. ha proposto, quindi, ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di due motivi, mentre l’ufficio ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo e secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, attenendo ad un medesimo profilo di censura, il ricorrente denuncia, da una parte, il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, in riferimento all’art. 360 primo comma n. 3, c.p.c., dall’altra denuncia il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., in quanto, ad avviso della CTR i contribuenti avrebbero dovuto effettuare un accesso presso l’Agenzia del Territorio, per acquisire la necessaria conoscenza degli atti sui quali era stata basata la valutazione dei terreni, il cui valore aveva formato oggetto di rettifica, ma, secondo le pronunce citate dal ricorrente, l’attività di ricerca riduce, di fatto, i termini previsti per predisporre ,’atto di un’eventuale impugnativa, con conseguente pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa; inoltre, il ricorrente lamenta come i giudici d’appello non abbiano esplicitato le ragioni poste a fondamento della ritenuta congruità della motivazione dell’avviso di rettifica, con riferimento alla classificazione catastale e relativamente alla destinazione urbanistica delle particelle, che avrebbe richiesto un’attività istruttoria d’ufficio, ex art. 7 d.lgs. n. 546/92, anche mediante consulenza tecnica, non potendo limitarsi ad affermare tautologicamente che l’operato dell’ufficio fosse corretto.
Il motivo è inammissibile, in quanto è insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. sez. un. n. 24148/2013), nonché quello secondo cui “L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l’ “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate” (Cass. n. 21152/14). Nel caso di specie, manca l’individuazione di uno specifico fatto o evento, la cui ritenuta sussistenza o mancata considerazione, avrebbe avuto un’efficacia causale sul dispositivo (anche considerato sub art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.), tale da sovvertire l’esito della decisione; fondata è, invece, la considerazione, che la parte miri ad una nuova valutazione nel merito del materiale di causa; finalità inammissibile nel presente grado di legittimità” (Cass. nn. 21152/2014, 21439/2015).
Nel merito, il motivo è infondato, in quanto secondo questa Corte, “In tema d’imposta di registro, l’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il “petitum” ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere, con la conseguenza che va considerato adeguatamente motivato l’avviso di accertamento che rinvii ai dati contenuti in una stima effettuata dall’UTE (Cass. n. 25559/2014, 25153/2013). Nel caso di specie, il ricorrente non ha dedotto alcuna specifica censura che potesse indurre i giudici d’appello a rivedere la correttezza dei criteri seguiti dalla perizia dell’ufficio (infatti, la produzione della perizia di parte, in secondo grado, è inammissibile, in quanto non può considerarsi un mero documento, di cui all’art. 58 comma 2 del d.lgs. n. 546/92, in quanto essendo volta ad allargare il thema probandum (sui criteri di stima), rientra nel perimetro normativo dell’art. 57 del medesimo d.lgs. cit.)
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare all’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore in carica, le spese di lite del presente giudizio, che liquida nella somma di € 1.100,00, oltre spese prenotate a debito.
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