CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 22592 depositata il 9 maggio 2017
Ritenuto in fatto
Con sentenza emessa in data 19 dicembre 2014 il Tribunale di Bergamo condannava S. A. alla pena di 300 euro di multa per il reato di cui all’art. 590 commi 1,2,3 perché, quale legale rappresentante della società E. T. srl cagionava al dipendente Coppola Gaetano, addetto alla linea di spalmatura, lesioni personali dalle quali derivava una malattia giudicata guaribile in quaranta giorni, per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia nonché inosservanza di norme in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, avendo omesso di provvedere affinché la zona di carico della pasta in lavorazione della macchina spalmatrice fosse provvista delle necessarie protezioni atte ad impedire l’accesso dei lavoratori alle pale di miscelazione interne alla tramoggia stessa. Ciò con la conseguenza che il Coppola, dovendo controllare il funzionamento del suddetto macchinario inserendovi una paletta metallica per rimuovere la pasta che aderiva alle pareti, veniva afferrato dalle pale in movimento rimanendo con l’avambraccio sinistro bloccato all’interno della tramoggia.
Proposto appello, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia di primo grado ha concesso all’imputato il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario spedito a richiesta dei privati.
Avverso tale sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione di legge in punto di individuazione del soggetto da considerarsi datore di lavoro ai sensi della D.Ivo 81/2008 e, di conseguenza, responsabile ai fini della condotta colposa di cui all’art. 590 c.p.
A detta della difesa la struttura per comparti riscontrata con riferimento agli apici della E. T. srl prescindeva dalla struttura societaria. In particolare anche se il S. rivestiva la carica di rappresentante legale della società italiana, non prendeva certo le decisioni relative alla struttura produttiva né aveva i relativi poteri di spesa o di assunzione/nomina dei vari organi dirigenti responsabili; scelte quest’ultime tutte riservate ad organi societari sovranazionali.
I giudici di merito non hanno considerato tale profilo evidenziato dalla difesa sostenendo che, comunque, il S. avrebbe potuto sostenere, con i fondi a sua disposizione, la spesa necessaria a porre in sicurezza il macchinario predetto evitando, così, il verificarsi dell’evento lesivo oggetto del presente procedimento.
Tale conclusione, però, ribadisce la difesa non è condivisibile perché parte dall’erroneo presupposto che l’imputato potesse in qualche modo influire sulla scelta delle strategie aziendali in tema di sito produttivo e sicurezza. Invero non era così ma, anzi, lo stesso era tenuto all’oscuro e non aveva alcun potere di spesa in relazione all’attività produttiva. Stando così l’effettiva situazione non si può certo riconoscere — conclude la difesa — alcuna responsabilità colposa in capo all’imputato per l’infortunio verificatesi ai danni del Coppola.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Anche ritenendo veritiera la tesi della difesa secondo la quale al ruolo di presidente del CDA rivestito dal S. non corrispondevano adeguati poteri in tema di sicurezza a causa della particolare struttura della E. T. quale società controllata da una multinazionale americana, non si può ammettere che lo stesso vada esente da responsabilità per l’infortunio in esame. La sua veste di presidente del CDA e di amministratore delegato lo rende agli effetti degli obblighi di sicurezza “datore di lavoro” titolare di una posizione di garanzia oggettiva ed ineludibile in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Peraltro, come è emerso dall’istruttoria, fino al 2011 vi erano state delle deleghe in materia di sicurezza, ma all’epoca dell’incidente tali deleghe erano scadute con conseguente ripristino in capo al S. del ruolo di responsabile della sicurezza discendente dalla sua qualifica di legale rappresentante della società italiana e, perciò, di datore di lavoro (Cass. sez. IV n. 49402/2013 RV 257673).
Del resto questa Corte ha più volte affermato che, in materia di infortuni sul lavoro, la responsabilità dell’amministratore della società – in ossequio alla posizione di garanzia che gli è attribuita dalla legge – non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia solo apparente (Cass. sez. IV n. 49732/2014 RV 261181).
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 2 febbraio 2017
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