CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 41202 depositata il 8 settembre 2017
RITENUTO IN FATTO
1. S. P. P. ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Tribunale di Oristano, in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta nell’interesse del ricorrente, ha ridotto fino all’importo di 1.325.520 Euro il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta delle somme giacenti sui conti bancari del ricorrente ovvero, in caso di incapienza, per equivalente sui beni dello stesso ricorrente, disposto dal Giudice per le indagini preliminari nell’ambito delle indagini svolte nei confronti del P. per i reati di cui agli artt. 416, commi 1 e 3, 110, 353, 318, 319, 319 bis e 321 cod. pen..
2. Il ricorrente censura il provvedimento impugnato deducendo i seguenti motivi di ricorso.
2.1. Violazione di legge processuale in relazione all’art. 324 cod. proc. pen. per difetto assoluto di motivazione in punto di corretta quantificazione del prezzo del reato, con riguardo al profilo delle attività economiche effettivamente svolte dai soggetti che avrebbero, come il ricorrente, agito in qualità di intermediari tra i corruttori e i corrotti. In particolare, la parte del prezzo della corruzione transitata mediante la corresponsione da parte delle imprese corruttrici di importi indicati nelle fatture emesse dalle società ES (riconducibile al ricorrente) e ER (facente capo a coimputato) per prestazioni professionali di natura ingegneristica in favore delle stesse imprese appaltatrici sarebbe stata quantificata dal Tribunale assumendo apoditticamente che quelle prestazioni fossero totalmente inesistenti e senza considerare che il prezzo della corruzione deve essere determinato detraendo il corrispettivo riconosciuto all’intermediario- imprenditore per prestazioni di carattere tecnico-professionale effettivamente svolte.
2.2. Violazione di legge penale sostanziale in relazione all’art. 322 ter cod. pen. per avere il Tribunale identificato il prezzo della corruzione con l’ammontare versato dagli imprenditori corruttori e indicato nelle fatture emesse dalle società ES e ER, al netto dell’IVA, dovendo invece la somma oggetto di sequestro preventivo essere quantificata al netto anche dell’IRES e del Contributo per la Cassa di previdenza (c.d. Inarcassa) versate dagli intermediari, non inserendosi tali somme in un rapporto sinallagmatico con la supposta condotta illecita del pubblico ufficiale. Con memoria depositata ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. in data 1/6/2017, la difesa del ricorrente ha replicato alle conclusioni scritte formulate dal Procuratore Generale della Repubblica, in particolare rilevando l’omessa considerazione, in quelle conclusioni, del primo motivo di ricorso e ribadendo la necessità di scomputare, ai fini della determinazione del quantum da sequestrare, quanto già pagato a titolo di contributo previdenziale e di imposte indirette, altrimenti producendosi il paradosso di sottoporre a vincolo somme già versate, con conseguente doppio esborso da parte del soggetto obbligato per ragioni fiscali e contributive che sia stato altresì colpito dalla cautela reale a fini di confisca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è aspecifico. A fronte di puntuale motivazione del provvedimento impugnato che individua le prestazioni professionali effettivamente svolte in quelle corrispondenti alla fattura n. 60 del 2013 per Euro 302.016,00 (p. 8 dell’ordinanza), somma ab origine esclusa dal disposto sequestro, il ricorrente predica l’esistenza di ulteriori ed effettive prestazioni professionali senza allegare concretamente alcun elemento che consenta di individuarle e determinarne il corrispettivo.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato. Va al riguardo premesso che correttamente il Tribunale individua il prezzo della contestata corruzione nell’ammontare delle somme versate dai corruttori per finanziare il pagamento dei pubblici funzionari e comunque l’intero “sistema” corruttivo, in esso comprendendo anche gli intermediari, quale il P.. Risponde infatti di corruzione – e non di traffico di influenze illecite – colui che pone in essere un’attività di intermediazione finalizzata a realizzare il collegamento tra corruttore e corrotto (Sez. 6, n. 3606 del 20/10/2016, Bonanno, P.C. e altri, Rv. 269348), con la conseguenza che nel delitto di corruzione, avente natura di reato plurisoggettivo a concorso necessario ed a struttura bilaterale, la confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter cod. pen. deve essere commisurata alla quota di prezzo o profitto attribuibile a ciascun concorrente nel reato, ivi compresi sia gli intermediari che i soggetti corrotti e, nell’impossibilità di un’esatta quantificazione, deve essere imputata secondo i canoni della solidarietà interna fra i predetti concorrenti, ai sensi dell’art. 1298 cod. civ. (Sez. 1, n. 4902 del 16/11/2016, Giallongo, Rv. 269387), sicché la relativa confisca e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del prezzo o profitto accertato, pur non potendo l’espropriazione essere duplicata o comunque eccedere nel quantum l’ammontare complessivo dello stesso (Sez. U, n. 26654 del 27/03/2008, Fisia Italimpianti S.p.a., Rv. 239926; Sez. 6, n. 28264 del 26/03/2013, Anemone e altri, Rv. 255610).
Tanto premesso, la censura volta ad ottenere l’esclusione dal prezzo della corruzione delle somme dovute a titolo di IRES e di contributo per la cassa di previdenza (c.d. Inarcassa) a seguito dell’emissione delle fatture per prestazioni inesistenti da parte delle società ES e ER deve ritenersi per un verso generica e, per altro verso, infondata.
Generica, poiché non assistita da idonea allegazione circa l’intervenuto, effettivo versamento dell’IRES e dei contributi previdenziali dovuti sull’importo recato dalle fatture in questione da parte dei soggetti obbligati.
Infondata, laddove si riferisce al versamento di contributi alla Cassa previdenziale, destinati a produrre in favore del P. (e/o di altri intermediari con lui concorrenti nel contestato delitto di corruzione) benefici di carattere previdenziale e assistenziale rientranti come tali nel prezzo della corruzione come sopra individuato.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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