CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 agosto 2018, n. 20408
Tributi – Accertamento – Controlli bancari – Riscossione – Movimentazioni sui conti di parenti dell’amministratore
Rilevato che
1. L’Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamento di maggiori ricavi non dichiarati ai fini IVA, IRAP ed IRES con riferimento all’anno di imposta 2008 a carico della P. s.r.l. sulla scorta delle risultanze di accertamenti bancari espletati a carico della medesima, ma anche di terzi, e segnatamente del padre e della nonna dell’amministratore della società contribuente.
2. Emetteva, altresì, un avviso di irrogazione di sanzioni a carico della predetta società, sempre con riferimento al periodo d’imposta 2008, per omesso versamento di ritenute alla fonte a titolo di imposta ex art. 26 d.P.R. n. 600 del 1973, pari al 12,50 per cento della quota degli utili spettante a G.R., socio della predetta società per la quota del 20 per cento, in relazione ai maggiori ricavi accertati a carico della società.
3. La P. s.r.l. impugnava separatamente i predetti atti impositivi e la CTP di Napoli con la sentenza n. 22185/37/2015 accoglieva parzialmente il ricorso avverso l’avviso di accertamento escludendo dalla ripresa a tassazione i ricavi risultanti dalle movimentazioni dei conti correnti intestati al padre e alla nonna dell’amministrare della società contribuente, mentre con la sentenza n. 11824/25/2015 rigettava il ricorso avverso l’atto di irrogazione delle sanzioni.
4. L’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate e avverso la prima di dette statuizioni, emessa nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento, e quello incidentale proposto dalla società contribuente venivano rigettati dalla CTR che nella sentenza n. 5069/17/2016 sosteneva, per quanto ancora qui di interesse, che «gli elementi forniti dall’Ufficio in ordine alla attribuzione alla società dei movimenti in conto dei detti terzi avrebbero dovuto essere suffragati da ulteriori elementi, per cui le considerazioni esposte dall’Ufficio restano a livello di indizi e non raggiungono il livello di prova».
5. L’appello proposto dalla P. s.r.l. avverso la sentenza della CTP di Napoli n. 11824/25/2015, di rigetto del ricorso avverso l’atto di irrogazione delle sanzioni, veniva accolto dalla CTR che nella sentenza n. 5077/17/2016 sosteneva che le sanzioni pecuniarie applicate andavano ridotte in considerazione del parziale accoglimento del ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’avviso di accertamento emesso con riferimento ai maggiori ricavi accertati.
6. Avverso tali statuizioni d’appello l’Agenzia delle entrate propone separati ricorsi per cassazione fondati rispettivamente su un motivo (quello avverso la sentenza della CTR n. 5069/17/2016) e su due motivi (quello avverso la sentenza n. 5077/17/2016), cui non replica la società intimata.
7. Sulle proposte avanzate dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
8. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.
Considerato che
1. Va preliminarmente disposta la riunione dei due procedimenti la cui stretta connessione emerge anche dal contenuto della sentenza emessa dalla CTR nel giudizio di impugnazione dell’atto di irrogazione delle sanzioni, inflitte alla società contribuente proprio in ragione dei maggiori ricavi accertati con l’avviso di accertamento oggetto del separato giudizio, qui riunito. Ne consegue che al giudizio iscritto al n. 525/2017 R.G., di più antica iscrizione, va riunito quello iscritto al n. 530/2017 R.G.
2. Con il primo motivo di ricorso proposto nel giudizio portante, da esaminarsi anche per priorità logico—giuridica, la difesa erariale censura la sentenza impugnata ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 1, comma 2, n. 2, e 4, 53 e 54 d.lgs. n. 546 del 1992, sostenendo che la motivazione per relationem resa nel caso in esame dai giudici di appello è nulla perché consistente in un mero rinvio alla sentenza emessa dalla CTR in relazione all’avviso di accertamento di maggiori ricavi emesso nei confronti della società contribuente, senza alcuna esternazione delle ragioni di condivisione di quella statuizione e, quindi, dell’iter logico seguito per pervenire al parziale accoglimento dell’appello della società.
3. Con il secondo motivo proposto nel predetto giudizio e con quello proposto nel giudizio riunito, la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, n. 2 e 7, del d.P.R. n. 600 del 1973, 51, comma 2, n. 2 e 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché 2727, 2729 e 2697 cod. civ., sostenendo che aveva errato la CTR nell’escludere la riconducibilità alla società contribuente dei risultati degli accertamenti bancari condotti nei confronti di soggetti terzi, e segnatamente il padre e la nonna dell’amministratore della società, benché quest’ultimo avesse la delega ad operare sui conti correnti intestati ai predetti suoi familiari, che erano sforniti di redditi propri, come desumibile dal fatto che il primo non aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi e la seconda, che all’epoca dei fatti aveva 87 anni, non svolgeva alcuna attività, professionale o d’impresa, produttiva di reddito.
4. Ritiene il Collegio, in difformità dalla proposta formulata dal relatore nel giudizio portante, che il primo motivo sia infondato e vada rigettato in quanto la sentenza contiene una chiara ratio decidendi, mentre è fondato e va accolto il secondo motivo del ricorso portante e quello del ricorso riunito.
5. E’ orientamento consolidato di questa Corte (da ultimo, Cass., Sez. 5, n. 14556 del 2018), dal quale non v’è ragione di discostarsi, quello secondo cui, «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (di recente, Cass. n. 4829/2015) e che tale principio si applica, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore, o i soci, ed i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica, poiché in tal caso, infatti, è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci, e perfino dei loro familiari, debbano — in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario — ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica (Cass. civ. Sez. V, Ord., 15 novembre 2017, n. 27075)» (in senso analogo, Cass. n. 1898 del 2016, secondo cui «In tema di accertamento del reddito d’impresa, gli artt. 32, n. 7, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente», nonché Cass. n. 26173 del 2011, n. 26829 del 2014, n. 12276 del 2015 e, con riferimento ad un caso analogo a quello in esame, Cass. n. 428 del 2015, secondo cui «In tema di imposte sui redditi, lo stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale è sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività economica della società sottoposta a verifica, sicché in assenza di prova di attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i versamenti e i prelievi riscontrati, ed in presenza di un contestuale rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente. (Nella specie, la S.C. ha enunciato il principio con riferimento a conti bancari intestati ad amministratori, legati da evidenti rapporti di parentela, e nessuno degli intestatari svolgeva attività economica idonea a giustificare simili importi reddiduali)»).
6. La sentenza della CFR (n. 5069/17/2016) che ha annullato l’avviso di accertamento ed in tal modo determinando il consequenziale annullamento dell’atto di irrogazione delle sanzioni (sentenza n. 5077/17/2016), non si è attenuto ai suddetti principi, limitandosi ad argomentare sulla base del fatto che «gli elementi forniti dall’Ufficio in ordine alla attribuzione alla società dei movimenti in conto dei detti terzi avrebbero dovuto essere suffragati da ulteriori elementi», benché l’amministrazione finanziaria avesse fornito adeguata prova presuntiva della riconducibilità delle somme risultanti dai predetti conti bancari alla società verificata, posto che l’amministratore aveva la delega ad operare sui conti correnti intestati ai familiari e questi ultimi erano sforniti di propri redditi, in quanto il padre non aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi e la nonna, che all’epoca dei fatti aveva 87 anni, non svolgeva alcuna attività, professionale o d’impresa, produttiva di reddito. Elementi, questi, assolutamente idonei a spostare sulla società contribuente l’onere della prova contraria, nella specie non soddisfatta.
7. Da quanto fin qui detto consegue il rigetto del primo motivo di ricorso e l’accoglimento del secondo motivo e del primo motivo del ricorso riunito. Le sentenze impugnate vanno, quindi, cassate con rinvio alla competente CFR per l’esame delle eventuali questioni rimaste assorbite e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo nonché il motivo di ricorso del giudizio riunito, cassa le sentenze impugnate e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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