CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 luglio 2021, n. 18825

Pensione – Riliquidazione – Calcolo della retribuzione pensionabile – Inclusione degli emolumenti extra mensili

Rilevato che

1. con sentenza n. 1062 del 2015, la Corte d’Appello di Lecce, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, ha affermato il diritto di P.D. alla riliquidazione della pensione in godimento con l’inclusione degli emolumenti extra mensili nella base di calcolo della retribuzione annua pensionabile relativa ai periodi di contribuzione figurativa per cassa integrazione guadagni, nei limiti della decadenza triennale a decorrere, a ritroso, dalla domanda giudiziale ed ha condannato l’Inps al pagamento delle relative differenze pensionistiche con decorrenza dal luglio 2004, oltre interessi legali;

2. la Corte territoriale ha osservato che secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 16313/2004) nei periodi di contribuzione figurativa dovevano essere inclusi nella retribuzione pensionabile gli emolumenti extra mensili (quali ratei di mensilità aggiuntive ed indennità sostitutiva di ferie non godute) in quanto essi rientravano nell’ampia nozione di retribuzione imponibile prevista ai fini contributivi dalla L. n. 153 del 1969, art. 12, (poi modificata dal D.Lgs. n. 314 del 1997) e, pertanto, concorrevano ad integrare la base di calcolo del valore retributivo da attribuire ai periodi riconosciuti figurativamente, cui faceva riferimento la L. n. 155 del 1981, art. 8;

3. avverso la sentenza ha proposto ricorso l’INPS, articolato in un unico motivo, cui la parte intimata non ha opposto difese;

Rilevato che

4. con l’unico motivo l’INPS ha dedotto la violazione degli articoli 342 e 434 del c.p.c. in ragione del fatto che la sentenza impugnata non aveva rilevato l’inammissibilità dell’atto d’appello derivante dalla circostanza che tale atto risultava basato su presupposti e censure per nulla pertinenti con le ragioni della decisione di primo grado;

5. in particolare, tale sentenza nel rigettare la domanda aveva accertato, come sostenuto dall’Istituto alla pagina 2 della memoria di costituzione di primo grado, che l’INPS aveva in effetti considerato nella base di calcolo della retribuzione pensionabile, sulla quale calcolare l’importo dei contributi figurativi durante i periodi di cassa integrazione, anche gli emolumenti extra mensili;

a fronte di tale contenuto, il motivo d’appello riguardante il merito della pretesa si era limitato a denunciare l’erroneità del modus operandi osservato dall’INPS che, a suo dire, non avrebbe invece tenuto conto degli emolumenti extra mensili;

ad avviso del ricorrente, l’appello avrebbe dovuto essere considerato inammissibile in quanto il Tribunale, con la sentenza che si afferma allegata al ricorso per cassazione, aveva sostenuto che “il calcolo del contributo figurativo, nelle ipotesi di corresponsione della cassa integrazione guadagni e dell’indennità di mobilità è effettuata allo stesso modo e comprende ogni tipo di emolumento, ciò che del resto emerge dal messaggio n. 11110 del 7.4.2006 in atti, che conferma come la retribuzione di riferimento presa in considerazione dall’Istituto per il calcolo del trattamento di integrazione salariale comprenda le mensilità aggiuntive” e tali snodi argomentativi non avevano formato oggetto di specifica censura in appello dal momento che il motivo riguardante il merito della questione controversa era riferito alla denuncia dell’errore in cui sarebbe incorso il primo giudice che, “pur trattandosi di trattamento di cassa integrazione, aveva ritenuto pacifico che l’INPS avesse considerato i periodi di contribuzione figurativa nella liquidazione della pensione senza valutare se detta circostanza si fosse in effetti verificata” aggiunge il ricorrente che l’atto d’appello, pure allegato al ricorso per cassazione, aveva fatto riferimento tanto a giurisprudenza quanto a normativa relative alla disciplina della contribuzione figurativa prevista per la disoccupazione ed anche per ciò l’appello doveva ritenersi privo di motivo ed astratto, come del resto eccepito dall’INPS nella memoria di costituzione in grado d’appello;

il motivo è inammissibile;

l’error in procedendo, asseritamente commesso dalla Corte territoriale, avrebbe dovuto essere fatto valere dall’Istituto ricorrente nel rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione imposti dagli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ.;

la giurisprudenza di questa Corte, infatti, è consolidata nell’affermare che, anche qualora venga dedotto un error in procedendo, rispetto al quale la Corte è giudice del «fatto processuale», l’esercizio del potere/dovere di esame diretto degli atti è subordinato al rispetto delle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione ai profili di fatto del potere cognitivo del giudice di legittimità ( Cass. S.U. n. 8077/2012);

la parte, quindi, non è dispensata dall’onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell’errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, non essendo consentito il rinvio per relationem agli atti del giudizio di merito, perché la Corte di Cassazione, anche quando è giudice del fatto processuale, deve essere posta in condizione di valutare ex actis la fondatezza della censura e deve procedere solo ad una verifica degli atti stessi non già alla loro ricerca (Cass. n. 15367/2014; Cass. n. 21226/2010);

dal principio di diritto discende che, qualora, come nella fattispecie, il ricorrente assuma che l’appello doveva essere dichiarato inammissibile per difetto della necessaria specificità dei motivi di impugnazione, la censura potrà essere scrutinata a condizione che vengano riportati nel ricorso, nelle parti essenziali, la motivazione della sentenza di primo grado e l’atto di appello;

non è, pertanto, sufficiente la parziale trascrizione di passi della sentenza di primo grado (peraltro neanche effettivamente presente all’interno del fascicolo di parte di questo giudizio di legittimità) o di un motivo di gravame che si leggono in ricorso, perché dalla loro lettura non si evince in modo chiaro ed univoco la effettiva mancanza di collegamento logico tra i contenuti complessivi della decisione appellata ed il quantum della materia ivi trattata devoluto con l’atto d’appello;

in particolare, è lo stesso ricorrente a pagina 3 del ricorso a riassumere il contenuto dell’appello affermando che ” il pensionato ha lamentato la erroneità del modus operandi dell’INPS che, a suo dire, non avrebbe invece tenuto conto degli emolumenti extra mensili” e ciò nonostante il Tribunale avesse accertato che ” la chiesta inclusione è già prevista nel calcolo della pensione spettante”, con ciò rendendo evidente che, a torto o a ragione, il gravame almeno sotto tale profilo ben si poneva in posizione critica ed antitetica rispetto all’esito del giudizio di primo grado e tendeva a sovvertire il medesimo accertamento;

in definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile;

non si deve provvedere sulle spese non avendo P.D. svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.