CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 maggio 2022, n. 13773
Rapporto di lavoro – Omissioni contributive – Errore materiale di calcolo – Contrasto tra motivazione e dispositivo letto in udienza – Nullità della sentenza – Inapplicabilità del procedimento di correzione degli errori materiali
Con sentenza del 7.10.15 la corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del 9.5.08 del tribunale della stessa sede, ha condannato RFI al pagare all’INPS Euro 754.499 a titolo di sanzioni ed interessi di mora.
In particolare, riferendosi ai contributi dovuti da RFI per rapporti di lavoro per i quali erano sorte contestazioni giudiziarie, la corte territoriale ha distinto il periodo precedente l’entrata in vigore della legge 388 del 2000 da quello successivo; nel primo caso ha riscontrato omissioni contributive e applicato le relative sanzioni in ragione del difetto di prova da parte dell’INPS circa la natura subordinata dei rapporti di lavoro; nel secondo caso ha riscontrato omissione in quanto, mutata la legge, si richiedeva un intento di occultamento del debito che, come già ritenuto dal giudice di primo grado, non sussisteva. Inoltre rilevato che “per errore materiale di calcolo” nel dispositivo letto in udienza era stata indicata la condanna per euro 458370, somma inferiore a quella effettivamente dovuta di euro 754.499 per come indicato dal consulente tecnico d’ufficio, la sentenza ha corretto il dispositivo con condanna alla somma da ultimo indicata.
Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un motivo (che fa valere ex n. 4 il contrasto tra dispositivo e motivazione e lamenta violazione dell’articolo 132 numero 4 c.p.c.); resiste la società datrice di lavoro con controricorso illustrato da memoria (che deduce l’inammissibilità del ricorso trattandosi di errore materiale).
Il ricorso è fondato.
Non solo vi è un oggettivo contrasto tra la motivazione ed il dispositivo letto all’udienza, ma la sentenza impugnata ha emesso nuovo dispositivo in sostituzione del precedente al fine di correggere l’errore ivi contenuto, in violazione delle regole processuali, che attribuiscono autonoma valenza giuridica ed immutabilità al dispositivo letto in udienza.
Il vizio della sentenza ne importa una nullità non emendabile con il procedimento di correzione degli errori materiali, rendendosi necessaria la cassazione della sentenza.
In tema, si richiama la giurisprudenza di questa Corte (Sez. L, Ordinanza n. 21885 del 26/10/2010, Rv. 615354 – 01; Sez. L, Sentenza n. 8894 del 14/04/2010, Rv. 612953 – 01); Sez. 3, Sentenza n. 7698 del 21/03/2008, Rv. 602162 – 01 e Sez. 2, Sentenza n. 5939 del 12/03/2018, Rv. 647850 – 01), che ha affermato che nel rito del lavoro il dispositivo della sentenza non è – come nel rito ordinario – un atto puramente interno, modificabile dallo stesso giudice fino a quando la sentenza non venga pubblicata, ma è atto di rilevanza esterna, che racchiude gli elementi del comando giudiziale i quali non possono essere mutati in sede di redazione della motivazione, atteso che la sua lettura in udienza fissa in maniera immodificabile tale comando portandolo ad immediata conoscenza delle parti. Ne consegue che il contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo determina la nullità della sentenza, né può, pertanto, in tale ipotesi trovare applicazione il procedimento di correzione ex art. 287 cod. proc. civ..
La causa deve quindi essere rinviata alla stessa corte d’appello in diversa composizione al fine di un nuovo esame ed anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla medesima corte d’appello in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
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