CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 dicembre 2020, n. 27836
Tributi – Agevolazioni “prima casa” – Revoca – Termine di decadenza dell’accertamento – Decorrenza – Contratto di locazione per altra abitazione – Implicita rinuncia ai benefici – Esclusione – Vendita infranquinquennale – Data della vendita
Ritenuto che
1. Con atto a rogito del Notaio L. del 9.1.2008, registrato il 30.1.2008 al n. 969/1T, P.B. vendeva un appartamento sito in Genova, Via B.L. n. 1/11, dalla stessa acquistato con rogito Notaio B., registrato il 12.5.2006 al n. 3837/1T con le agevolazioni “prima casa” e con l’applicazione, al collegato contratto di mutuo stipulato in pari data, dell’imposta sostitutiva dello 0,25% anziché di quella ordinaria del 2%.
2. L’Agenzia delle Entrate, in ragione dell’avvenuta rivendita entro il quinquennio dell’appartamento sopra indicato senza l’acquisto, entro l’anno, di altro immobile da adibire a propria abitazione principale, notificava alla contribuente due avvisi di liquidazione e irrogazione sanzioni. Con tali atti l’Agenzia revocava le agevolazioni relative alla compravendita e al collegato contratto di mutuo stipulati nel 2006 e procedeva, rispettivamente, a determinate le maggiori imposte di registro, ipotecarie, catastale e la maggiore imposta sostituiva.
3. Avverso i suddetti avvisi la contribuente proponeva ricorso.
3. La CTR con la sentenza n. 1152/7/15, depositata il 3/11/2015, confermava la sentenza di primo grado e, per l’effetto, rigettava il ricorso della contribuente.
4. Avverso tale sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
5. L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo la contribuente deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 1, comma 6, della legge n. 68 del 1982 e dell’art. 76, comma 2, del d.p.r. n. 131 del 1986 per non avere la CTR ritenuto l’Agenzia delle entrate decaduta dall’accertamento, avendo fatto decorrere il termine triennale di cui all’art. 76 cit. dalla data di registrazione della seconda compravendita (30.1.2008).
La contribuente, diversamente, rileva che il dies a quo era da individuarsi nel 5.1.2007; giorno in cui, quale locataria, aveva registrato un contratto di locazione, così manifestando la volontà di non adibire quello in precedenza acquistato a “prima casa”, con la conseguenza che la notifica degli avvisi il 15.10.2010, era da considerarsi avvenuta oltre il termine triennale.
2. Con il secondo motivo la contribuente denuncia, ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo, avendo la CTR errato nel non ritenere che la locazione dell’immobile acquistato dalla ricorrente costituisse impedimento legittimo all’acquisizione della disponibilità dello stesso in capo a quest’ultima.
3. Il primo motivo non è fondato.
L’art. 1, Parte Prima, Nota II bis, lett. a), Tariffa allegata al d.p.r. n. 131 del 1986 subordina, tra l’altro, il riconoscimento del diritto all’agevolazione, alla condizione che l’abitazione si trovi nel Comune di residenza oppure che la residenza venga trasferita nel Comune in cui si trova l’abitazione entro il termine di mesi diciotto dall’acquisto. Trattasi quindi di un elemento costitutivo della fattispecie (Cass. n. 13346 del 2016). La disposizione è peraltro di favore, perché permette al contribuente di vedersi riconosciuta l’agevolazione anche nel caso in cui per i più diversi motivi la prima casa non possa essere ancora abitata, bastando invece per conservare il beneficio semplicemente trasferire la residenza nel Comune dove la stessa è ubicata.
La mendacità dei suindicati requisiti dichiarati dal contribuente o il mancato trasferimento della residenza nel Comune ove è situato l’immobile entro diciotto mesi dall’acquisto, comportano la decadenza dell’agevolazione, con la conseguenza che l’amministrazione finanziaria potrà recuperare gli interessi e l’imposta nella misura ordinaria e applicare le relative sanzioni.
Ulteriore ipotesi di decadenza consegue all’alienazione dell’immobile agevolato nei cinque anni dall’acquisto a meno che il contribuente riacquisti entro l’anno successivo al rogito un altro immobile da destinare a propria abitazione principale (cfr. comma 4, ultimo periodo, della nota II bis all’art. 1 della Tariffa, Parte 1, allegata al d.p.r. cit.).
In tali casi il potere dell’Ufficio può procedere alla revoca delle agevolazioni tributarie nel termine decadenziale di tre anni, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del d.p.r. cit., che decorre dalla data in cui l’atto impositivo può essere emesso, e, cioè, dallo stesso giorno della registrazione del contratto, se il beneficio già originariamente non spettava per falsa dichiarazione del contribuente o per l’enunciazione nel contratto stesso del proposito di utilizzare il bene direttamente a fini abitativi smentito da circostanze in atto, mentre, solo se detto proposito, inizialmente attuabile, sia rimasto successivamente ineseguito e sia divenuto irrealizzabile, il dies a quo coincide con il giorno in cui si è verificata tale situazione.
3.1 In ragione di quanto sopra, in caso di successiva rivendita del bene, il dies a quo della decorrenza del termine triennale di decadenza del potere dell’Ufficio di recuperare l’imposta nella misura ordinaria, va individuato nel giorno di scadenza dell’anno successivo all’alienazione, perché solo allo spirare di tale termine senza avere effettuato un nuovo acquisto il contribuente perde, in via definitiva, il diritto all’agevolazione, provvisoriamente goduta sul primo acquisto.
Da quanto sopra, tenuto conto che la seconda compravendita è avvenuta il 30.1.2008, la contribuente aveva tempo fino al 30.1.2009 per acquistare un nuovo immobile da adibire a prima casa, decorrendo da tale data il termine triennale di cui all’art. 76, comma 2, cit., di talché la notifica degli avvisi avvenuta il 15.10.2010 è tempestiva.
3.2 Occorre ora esaminare il valore, ai fini della decorrenza del suindicato termine del contratto di locazione stipulato dalla ricorrente e, in particolare, se esso può valere come implicita volontà di non volere più godere delle agevolazioni “prima casa” oggetto di specifica dichiarazione del precedente contratto di acquisto di altro immobile da parte della contribuente.
Sul punto va osservato che il legislatore individua i presupposti per richiedere i benefici in esame, al contrario, non prevede la possibilità di rinunciare su base volontaria alle agevolazioni “prima casa”.
In linea generale, il rapporto giuridico-tributario che sorge a seguito della dichiarazione resa in atto dal soggetto acquirente e avente ad oggetto il possesso dei requisiti prescritti dalla norma di cui alla Nota II-bis) deve ritenersi perfezionato laddove dette condizioni risultino effettivamente sussistenti.
Pertanto, conseguita l’agevolazione “prima casa”, questa non sarà più revocabile dalla parte salvo, il caso in cui la dichiarazione resa dal contribuente atteneva l’impegno a trasferire entro diciotto mesi la propria residenza. In tale ipotesi, infatti, essendo il requisito in esame rimesso ad una condotta del contribuente, egli può, in pendenza del relativo termine, può revocare la dichiarazione di intenti formulata nell’atto di acquisto dell’immobile.
A tal fine, l’acquirente che non intende adempiere all’impegno assunto in atto è tenuto a presentare una apposita istanza all’ufficio presso il quale l’atto è stato registrato, con la quale revoca la dichiarazione d’intenti espressa in atto di volere trasferire la propria residenza nel comune nel termine di diciotto mesi dall’acquisto e richiede la riliquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione (cfr. Risoluzione Agenzia delle entrate del 31 ottobre 2011 n. 105). Decorso il termine di diciotto mesi dalla data dell’atto senza che il contribuente abbia provveduto a trasferire la residenza o a presentare all’ufficio dell’Agenzia una istanza con la quale revoca la dichiarazione di intenti di cui sopra, si verifica la decadenza dall’agevolazione “prima casa” fruita in sede di registrazione dell’atto.
3.3 Tenuto conto di tali principi è evidente l’irrilevanza, ai fini del dies a quo del termine ex art 76, comma 2, cit., del contratto di locazione indicato dalla contribuente che non può valere quale rinuncia esplicita ai benefici “prima casa” nei termini sopra indicati.
Va, comunque, osservato che dalla stipula da parte della ricorrente, quale locataria, del suindicato contratto di locazione non può desumersi la volontà di quest’ultima di non adibire quello in precedenza acquistato a “prima casa”, assumendo sul punto rilievo la limitata durata nel tempo di tale contratto, nonché la circostanza che i diversi immobili si trovavano tutti nel Comune di Genova in cui la ricorrente risultava residente.
4. Il secondo motivo è inammissibile.
Con esso la contribuente deduce il vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.; vizio che deve intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo.
La ricorrente con la censura in esame lamenta, invece, che la CTR avrebbe errato nel ritenere che la ricorrente «non avrebbe addotto motivi di ostacolo tali da costituire fatti di natura obiettiva, eccezionale imprevedibile al momento della stipula dell’atto di acquisto, non dovendo trasferire la propria residenza nel Comune di Genova». Risulta evidente come la censura in tal modo proposta non involge profili di omessa motivazione da parte della CTR nei termini sopra indicati, ma si limita a richiede al Collegio solo una diversa valutazione dei fatti posti a fondamento della decisione impugnata e, in particolare, del requisito della forza maggiore.
5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte soccombente al pagamento a favore dell’Agenzia dell’Entrate al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.