CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 ottobre 2018, n. 24320
Tributi – IVA – Appalto di servizi – Società consorziate – Ribaltamento costi da parte del consorzio – Fatturazione – Regime Iva applicabile – Disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa oggettiva ex art. 8 d.lgs. n. 546 del 1992
Rilevato che
– S.S.S. Srl, già I.G. Srl (e prima ancora I.G.1 Srl), impugnava l’avviso di accertamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate, per l’anno 2005 per Iva, oltre sanzioni, per illegittima detrazione d’imposta per operazioni passive (rilievo n. 1), nonché per l’omessa regolarizzazione di operazioni di acquisto in relazione a fatture di ribaltamento dei costi da parte del consorzio cui apparteneva la contribuente (rilievo n. 2);
– nell’avviso, in particolare, si evidenziava che la contribuente, aggiudicataria, con la S. Spa, dell’appalto per la gestione dei rifiuti solidi urbani e lo spazzamento delle strade, stipulato con il Comune di Sassari, aveva costituito un consorzio, S./I.G.1 società consortile a r.l., per l’esecuzione unitaria dell’appalto; inoltre, mentre le prestazioni erano fatturate dall’ente locale alle singole d’imprese, con applicazione dell’Iva agevolata al 10%, il consorzio ribaltava i costi, per i servizi procurati alle società in raggruppamento e per il personale necessario per lo svolgimento degli stessi, sulle consorziate per la rispettiva quota di imputazione con applicazione dell’Iva secondo il regime proprio delle operazioni a monte anziché con l’aliquota agevolata del 10%;
– il giudice di primo grado rigettava l’impugnazione; la sentenza era confermata dalla CTR della Sicilia;
– la contribuente ricorre per cassazione con quattro motivi;
l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
Considerato che
– il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 8, d.lgs. n. 471 del 1997 per aver la CTR ritenuto un obbligo di regolarizzazione delle fatture in capo al cessionario non limitato alle irregolarità commesse dal cedente ma esteso al controllo delle valutazioni giuridiche dell’emittente circa il regime Iva applicabile all’operazione;
– il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3, terzo comma, ultimo periodo, d.P.R. n. 633 del 1972 per aver la CTR, in relazione al secondo rilievo relativo alle fatture per ribaltamento dei costi da parte del consorzio, ritenuto doversi applicare un unitario regime per la determinazione dell’aliquota Iva anziché quella pagata ai fornitori per i beni e servizi acquistati nell’interesse dei consorziati;
– il terzo motivo denuncia nuovamente violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 8, lett. b, d.lgs. n. 471 del 1997 per aver la CTR ritenuto legittima, oltre alla irrogazione della sanzione, la richiesta al contribuente di pagamento dell’imposta;
– il quarto motivo, infine, denuncia omessa pronuncia in ordine alla richiesta di disapplicazione delle sanzioni ex art. 8 d.lgs. n. 546 del 1992;
– va preliminarmente evidenziato che le censure non investono la ripresa per l’illegittima detrazioni d’imposta per le operazioni passive, oggetto del primo rilievo dell’avviso di accertamento, rispetto alla quale, dunque, la statuizione d’appello è definitiva;
– il secondo motivo, da esaminare per primo per pregiudizialità logica, è infondato;
– la questione, invero, è già stata oggetto di disamina da parte di questa Corte con riguardo a vicende omogenee a quella qui in esame (v. Cass. n. 18437 del 26/07/2017; Cass. n. 3166 del 09/02/2018) che ha affermato il principio secondo il quale «una società consortile costituita nelle forme di società di capitale per l’esecuzione di un appalto di opere pubbliche, ai sensi dell’art. 23 bis I. 8 agosto 1977, n. 584 e succ. mod. non assume la posizione di appaltatore, che resta puntualizzata sulle imprese socie riunite, ma il più modesto rilievo di una struttura operativa al servizio di tali imprese, con la conseguenza che, dal punto di vista tributario, le operazioni e i costi della società consortile sono direttamente riferibili alle società consociate. Ne deriva che per le imprese socie costituiscono costi propri le spese affrontate per mezzo del consorzio, le quali, quindi, possono essere ad esse riaddebitate attraverso il principio del cosiddetto ribaltamento dei costi o riaddebito»;
– in materia di esecuzione di appalti di opere pubbliche si prevede, infatti, che più imprese riunite in associazione temporanea possano costituire tra loro una società «anche consortile» per l’esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori, precisando che detta società «subentra, senza che ciò costituisca, ad alcun effetto, subappalto o cessione di contratto e senza necessità di autorizzazione o di approvazione, nell’esecuzione totale o parziale del contratto», lasciando ferma la responsabilità solidale delle imprese riunite nei confronti del committente (art. 23 bis l. n. 584 del 1977, aggiunto dall’art. 12 l. n. 687/1984, il cui contenuto è stato successivamente assorbito dall’art. 26 d.lgs. n. 406 del 1991 e dall’art. 96, d.P.R. n. 554 del 1999, attualmente in vigore);
– invero, le univoche espressioni utilizzate dal legislatore («la società subentra… nell’esecuzione… del contratto», «senza che ciò costituisca ad alcun effetto subappalto o cessione di contratto») stanno ad indicare che tale “subentro” non determina alcuna modificazione nella titolarità dei rapporti con il committente, con la conseguenza che, da un lato, la società consortile riveste il più modesto rilievo di struttura operativa e, dall’altro, che i costi della società consortile «costituiscono costi propri delle consorziate quali spese affrontate dalle stesse consorziate per mezzo del consorzio» mentre «le sue operazioni, nei confronti del fisco, sono operazioni proprie delle consociate che la hanno costituita»;
– ad analoga conclusione, in fattispecie in parte speculare a quella in esame, è pervenuta questa Corte con la sentenza n. 15330 del 2014, in cui si è affermato il principio secondo cui le agevolazioni fiscali (nella specie, l’esenzione Iva in favore dei danneggiati da eventi sismici, di cui all’art. 5 d.l. n. 799 del 1980, convertito in legge n. 875 del 1980) vanno riconosciute, «a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto tra consorzio e imprese consorziate e dalla doppia fatturazione, in favore dell’impresa consorziata esecutrice dei lavori, in quanto tutti i diritti, gli obblighi, gli oneri e le responsabilità dell’operazione sono riconducibili a quest’ultima, sebbene parte del contratto di appalto sia il consorzio, la cui funzione, tuttavia, è meramente strumentale e di servizio»; in tale pronuncia la Corte ha precisato che, seppur sia vero «che il rapporto consortile interno è stato per lo più declinato in termini di mandato senza rappresentanza ex art. 1705 cod. civ., in quanto caratterizzato dalla assunzione diretta, da parte del mandatario, del vincolo negoziale nei confronti dei terzi, con esclusione di un rapporto diretto fra questi e il mandante, salvo l’obbligo interno del primo di ritras ferire al mandante i corrispondenti diritti (Cass. n. 24014 del 2013, n. 14780 del 2011 e n. 10590 del 2009)», è anche vero «che il regime di responsabilità contemplato dall’art. 2615 cod. civ. [..] deroga al principio contenuto nell’art. 1705 cod. civ. (che prevede la responsabilità personale del mandatario entrato in rapporto col terzo), tanto che le concrete pattuizioni del negozio consortile registrano spesso [..] l’assunzione di ogni responsabilità in capo all’impresa consorziata», ribadendo che le operazioni che compie il consorzio sono, nei confronti del fisco, operazioni proprie delle consociate che l’hanno costituita e che il consorzio nei rapporti interni è solo uno strumento operativo che adempie ai relativi obblighi mediante l’operazione cd. di «riaddebito» o «ribaltamento» sulle società consorziate;
– orbene, dalle considerazioni che precedono discende che i costi della società consortile costituiscono costi propri delle consorziate quali spese affrontate dalle stesse consorziate per mezzo del consorzio (cfr. Cass. n. 16410 cit.) e che, pertanto, la doppia fatturazione (nella specie, dal consorzio alle consorziate e da queste all’ente appaltante), formalmente imposta dall’art. 3, terzo comma, ultima parte, del d.P.R. n. 633 del 1972, secondo cui «Le prestazioni di servizi rese o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario», deve essere assoggettata allo stesso regime fiscale, la tesi opposta confliggendo con principi di ragionevolezza e con la natura stessa del consorzio, quando operante in regime di mutualità pura, ovvero come organismo di servizio meramente neutrale nell’attività di impresa dei consorziati, senza intenti lucrativi propri;
– in conclusione, pertanto, il principio di equivalenza dei rapporti giuridici tra imprese consorziate e società consortile e tra queste e l’ente appaltante impone l’unitarietà del regime fiscale della doppia fatturazione, con conseguente trasferibilità dell’agevolazione tributaria nell’ambito del meccanismo del cd. ribaltamento, per cui il regime fiscale della fattura originaria non può che essere il medesimo della fattura emessa nei confronti dei consorziati, sicché la statuizione impugnata resta esente dalla censura mossa dalla contribuente;
– il primo motivo è parimenti infondato: discende, infatti, dai principi sopra affermati – e dall’unitarietà del regime fiscale tra imprese consorziate e società consortile – che non si pone una questione di valutazione giuridica dell’operazione ai fini dell’individuazione della corretta aliquota da applicare alla base imponibile del tributo, sicché sussisteva l’obbligo per la contribuente di emendare le contestate irregolarità della fattura;
– il terzo motivo è infondato, ancorché la motivazione debba essere corretta;
– è ben vero, infatti, che l’art. 6, comma 8, d.lgs. n. 471 del 1997, che ha sostituito l’art. 41, sesto comma, d.P.R. n. 633 del 1972, prevede che il cessionario «è punito, salva la responsabilità del cedente o del commissionario, con sanzione amministrativa pari al cento per cento dell’imposta, con un minimo di lire cinquecentomila, sempreché non provveda a regolarizzare l’operazione» e che, per quest’ultima, è tenuto (lett. b) a presentare «un documento integrativo in duplice esemplare recante le indicazioni medesime, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta»;
– occorre considerare, peraltro, che se la sanzione consegue alla mancata regolarizzazione della documentazione fiscale, la richiesta di versamento dell’imposta dovuta, e non versata, attiene – come emerge dallo stesso ricorso – alla determinazione della pretesa erariale contenuta nell’avviso di accertamento, pretesa che, alla luce dei principi sopra esposti, include anche il mancato versamento dell’imposta dovuta da parte della contribuente sulle operazioni irregolarmente fatturate dal consorzio in ribaltamento dei costi;
– in altri termini, la richiesta di pagamento dell’imposta deriva non dall’omessa regolarizzazione delle fatture d’acquisto, per le quali è stata irrogata la sanzione ex art. 6, comma 8, d.lgs. n. 471 del 1997, ma dal mancato adempimento, alla luce dei principi sopra esposti, dell’obbligazione tributaria incombente sulla contribuente in relazione alla maggiore Iva dovuta per le operazioni ad essa imputabili per il ribaltamento dei costi operato dal consorzio e, dunque, riguarda la pretesa fiscale propriamente detta, in tal senso dovendosi correggere la motivazione impugnata;
– il quarto motivo è invece fondato;
– la richiesta di disapplicazione delle sanzioni per incertezza normativa oggettiva ex art. 8 d.lgs. n. 546 del 1992 era stata avanzata dalla contribuente (sia in primo grado che con l’atto di gravame, riprodotti, in parte qua, per autosufficienza, con specifica indicazione dei pertinenti luoghi processuali nei quali la domanda era stata formulata), senza ricevere, peraltro, alcuna pronuncia da parte della CTR, che si era limitata a statuire sull’autonoma e distinta censura di cui all’art. 12 d.lgs. n. 472, neppure potendosi ritenere la questione assorbita;
– in accoglimento del quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione;
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati il primo, il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Sicilia in diversa composizione.
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