CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 giugno 2018, n. 14397
Rapporto di lavoro – Dipendente pubblico – Festività civili – Compenso aggiuntivo – Diritto – Esclusione
Rilevato che
la Corte d’Appello di Roma, a conferma della pronuncia del Tribunale di Velletri, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte, ha accertato l’insussistenza del diritto in capo a R.P., dipendente dell’Inpdap (ora Inps), a vedersi riconoscere il diritto al compenso aggiuntivo per le festività civili del due giugno 2002, del venticinque aprile 2004 e del primo maggio 2005 coincidenti con la domenica, in quanto tale diritto, originariamente previsto dall’art. 5, co.3, I. n. 260/1949 (Disposizioni in materia di ricorrenze festive), modif. dall’art. 1 della I. n.90/1954, era stato escluso dall’art. 3, co. 224 I. n. 266/2005, che con norma di interpretazione autentica, o comunque dotata di efficacia retroattiva, aveva espressamente compreso la citata disposizione tra quelle riconosciute inapplicabili dall’art. 69, co.1, secondo periodo, del d.lgs. n.165/2001 a seguito della seconda tornata di contratti collettivi in materia di lavoro con la p.a. (1998-2001);
avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione R.P. con una censura, cui resiste con tempestivo controricorso l’Inps.
Considerato che
con l’unica censura, formulata ai sensi dell’art. 360. co.1, n.3 cod. proc. civ., parte ricorrente deduce “Violazione di legge: violazione e errata interpretazione dell’art. 8 della legge n.124/1999 nonché di ogni altra norma in materia – Violazione dell’obbligo internazionale derivante all’Italia dall’art. 6/1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – Incostituzionalità dell’art. 1, comma 224 della legge 23 dicembre 2005 – legge finanziaria per l’anno 2006 – Violazione dei principi generali del vigente diritto comunitario”. La ricorrente ritiene che la previsione di retroattività dell’art. 3, co.224, della I. n.266/2005, applicabile a fattispecie anteriori alla sua entrata in vigore, salva l’esecuzione dei giudicati già formatisi a quella data, si configuri come un abuso del diritto, in quanto introduce un regolamento deteriore rispetto ai diritti quesiti per esigenze esclusive di contenimento della spesa pubblica.
Tale norma viola l’art. 6/1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo, creando un’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, influendo sulla definizione delle controversie giudiziarie in corso, lede l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura e il principio di imparzialità della pubblica amministrazione. Pertanto, chiede altresì a questa Corte di sollevare la questione pregiudiziale volta alla risoluzione del contrasto della norma che provvede all’interpretazione autentica ad hoc con il dettato costituzionale e con l’art. 234 del Trattato CE, per violazione dei principi della certezza del diritto, della tutela del legittimo affidamento, dell’uguaglianza delle armi del processo, del diritto ad un tribunale indipendente e, più in generale a un equo processo;
la censura è infondata;
questa Corte ha deciso che “In tema di pubblico impiego privatizzato, il diritto al compenso aggiuntivo per le festività civili coincidenti con la domenica, attribuito dall’art. 5, terzo comma, della legge 27 maggio 1949, n. 260, come modificato dall’art. 1 della legge 31 marzo 1954, n. 90, è stato escluso dall’art. 1, comma 224, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, che con norma di interpretazione autentica (resa palese dalla specifica salvaguardia delle situazioni coperte da giudicato formatosi anteriormente alla sua entrata in vigore), ha espressamente compreso la citata disposizione tra quelle riconosciute inapplicabili dall’art. 69, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 a seguito della seconda tornata di contratti collettivi in materia di lavoro con la P.A. Ne consegue che per le giornate del venticinque aprile 1999, due giugno 2002 e venticinque aprile 2004, tutte ricadenti di domenica, non sussiste il diritto dei dipendenti all’attribuzione, oltre alla normale retribuzione, di un’ulteriore aliquota giornaliera” (Cass. n. 14048/2009);
per quanto concerne la pregiudiziale comunitaria questa Corte (Ord. n. 328/2016), nel confermare l’esclusione del suddetto beneficio, si richiama alla pronuncia della Corte Cost. n. 150/2015, che ha giudicato costituzionalmente legittimo l’art. 1, comma 224 della legge n. 226 del 2005, in riferimento alle norme costituzionali invocate in relazione alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (Cedu);
la Corte d’Appello, con la pronuncia gravata, compie esatta applicazione del principio di diritto così come sopra enunciato;
essendo l’unica censura infondata, il ricorso va rigettato;
le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, nei confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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