CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 novembre 2020, n. 24738

Tributi – Accertamento – Ricavi presuntivi minimi – Art. 30, Legge n. 724 del 1994 – Onere di prova contraria

Rilevato che

1. Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Belluno, l’A.S. S.r.l. impugnava gli avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti dall’Agenzia delle entrate in relazione ad IRES, IRAP, interessi e sanzioni per gli anni 2006 e 2007.

2. Avverso la decisione di rigetto emessa dalla C.T.P. adita, la contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Veneto che, con sentenza n. 61/8/13, pronunciata il 6.5.2013 e depositata il 3.6.2013, accoglieva il ricorso, ritenendo che la contribuente avesse fornito elementi di prova idonei a dimostrare che per cause oggettive l’attività imprenditoriale si era rivelata non di successo a causa dell’oggettiva impossibilità di produrre il reddito minimo presunto dall’art. 30, comma 3, legge 23.12.1994, n. 724.

3. L’Agenzia delle entrate proponeva quindi ricorso per cassazione affidandolo ad un unico motivo cui resiste con controricorso la società contribuente.

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza camerale del 24.6.2020, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380-bis 1, cod. proc. civ.

Considerato che

1. Con un unico motivo l’Agenzia ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 30, commi 3 e 4 – bis, legge n. 724 del 1994, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., contestando che nella specie la società contribuente abbia assolto l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni “obiettive” che avrebbero reso “impossibile” il conseguimento dei ricavi presuntivi minimi determinati secondo i coefficienti previsti dal comma 3 dell’art. 30 citato, sì da consentire di qualificare la società come “non operativa”. Rileva in particolare la ricorrente che la C.T.R. avrebbe erroneamente valorizzato fatti del 2009 (la domanda di cambio di destinazione d’uso) e del 2012 (la locazione del ristorante per un canone di circa 8.000 euro annui) del tutto irrilevanti rispetto al thema probandum, in quanto l’accertamento contestato si riferiva al periodo 2006 – 2007, sicché vicende di anni successivi non potevano di per sé integrare la prova che nel 2006 e nel 2007 sussisteva l’impossibilità oggettiva di produrre il reddito minimo presunto dalla norma. Lamenta, inoltre, l’Agenzia che con riferimento agli anni di imposta presi in esame la C.T.R. aveva tenuto conto dell’esistenza (presunta e non accertata) di una crisi economica, che avrebbe ridotto i ricavi già dal 2006; della natura impervia e montana del piccolo comune di San T.A.; della stagionalità dell’attività turistica alberghiera, legata anche alle condizioni meteorologiche, che peraltro avrebbe consentito l’esercizio della struttura per circa 180 giorni all’anno.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

2.1. Invero il comma 4-bis del citato art. 30 della legge n. 724 del 1994, richiede che il contribuente provi fatti “obiettivi” che abbiano reso “impossibile” il conseguimento dei ricavi minimi presunti. Ora, un fatto obiettivo che determina l’impossibilità di raggiungere la redditività minima deve consistere necessariamente in una circostanza esterna al normale svolgimento dell’attività economica, che si ponga come fattore anomalo rispetto alla normalità dei fatti economici ed idonea ad impedire che un’impresa delle dimensioni e dell’ubicazione di quella in questione consegua i redditi presunti.

2.2. Vanno pertanto condivise le considerazioni dell’agenzia ricorrente secondo cui il mero fatto che l’attività economica non abbia avuto successo perché situata in un certo luogo e in un certo contesto economico non integrava tali estremi. Le difficoltà del luogo, la stagionalità propria dell’attività turistica alberghiera, la variabilità delle condizioni meteorologiche sono, infatti, tutti fattori interni al tipo di attività economica in esame, del tutto normali rispetto ad essa, che fanno parte integrante del normale rischio di impresa che le attività turistico alberghiere scontano, sicché il “mancato successo” rilevato dalla C.T.R. non poteva dirsi sicuramente dipendente da non precisati fattori obiettivi, atteso che la situazione “oggettiva” e “impossibilitante” voluta dalla norma chiaramente rimanda a fatti economici avversi che superano la capacità di reazione di un imprenditore normalmente avveduto e capace di reagire alle fluttuazioni negative proprie dell’attività economica svolta.

2.3. Come affermato da questa Corte infatti «in materia di società di comodo, i parametri previsti dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, conv. nella legge n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, sicché la determinazione dell’imponibile è effettuata sulla base di precisi criteri di legge, che escludono qualsiasi discrezionalità deduttiva, imponendosi sia in sede di accertamento, sia di determinazione giudiziale, salva la prova contraria da parte del contribuente» (Cass. Sez. 6/5, 05/07/2016, n. 13699); analogamente questa Corte ha affermato che «in materia di società di comodo, i parametri previsti dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto» (Cass. Sez. 5, 21/10/2015, n. 21358).

2.4. Nel caso di specie è poi pacifico che l’accertamento contestato si riferisse al periodo 2006 – 2007, sicché le vicende successive prese in considerazione dalla C.T.R., quali la domanda di cambio di destinazione d’uso del 2009 e la locazione del ristorante del 2012, risultavano prive di qualsiasi rilievo rispetto al thema decidendum, con riferimento al quale l’Ufficio aveva comunque tenuto conto della dedotta crisi economica, della ubicazione della struttura alberghiera nel comune di San T.A., nonche della stagionalità dell’attività turistica, legata anche alle condizioni meteorologiche; elementi inidonei a comprovare che nel 2006 e nel 2007 sussistesse l’impossibilità oggettiva di produrre il reddito minimo presunto dalla norma.

2.5. Orbene, la Commissione tributaria regionale non ha fatto corretta applicazione di tali principi, omettendo di rilevare in fatto che nel periodo esaminato la società contribuente non aveva fornito la prova contraria che le incombeva. In particolare, a fronte della asserita antieconomicità dell’attività svolta ha ritenuto fondate le giustificazioni fornite dalla contribuente, benché prive di quel carattere “oggettivo” richiesto dalla normativa citata.

3. Il ricorso va pertanto accolto, con rinvio degli atti al giudice a quo, in diversa composizione, perché provveda in conformità ai principi enunciati, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.