CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2018, n. 21843
Tributi – Accertamento – Dichiarazioni dei redditi – Riscossione – Cartella di pagamento – Notificazione
Rilevato che
– S. (…) Srl impugna per cassazione, con tre motivi, la decisione della CTR del Molise che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva ritenuto legittima la cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle entrate a seguito di controllo automatizzato ex artt. 36 bis, d.P.R. n. 600 del 1973, e 54 bis, d.P.R. n. 633 del 1972 della dichiarazione dei redditi per il 2001, per Iva, Irpef ed Irap, oltre sanzioni e interessi, per l’anno d’imposta 2000, in quanto tempestivamente notificata;
– resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso;
Considerato che
– il primo motivo denuncia violazione dell’art. 3, comma 3, I. n. 212 del 2000 per aver la CTR ritenuto estesa l’efficacia retroattiva della proroga dei termini ex art. 1, comma 5 bis, d.l. n. 106 del 2005 per la notifica delle cartelle a quelli di formazione e iscrizione dei ruoli;
– il secondo motivo denuncia omessa pronuncia in ordine all’eccepita decadenza per inosservanza dei termini di iscrizione del ruolo;
– i motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica, sono infondati;
– va premesso che, nella vicenda in esame, la cartella di pagamento è stata emessa a seguito di controllo automatizzato ai sensi degli artt. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis d.P.R. n. 633 del 1972;
– vengono in rilievo, inoltre, imposte dichiarate nel 2001 perché relative all’anno 2000, mentre la cartella è stata notificata in data 19 gennaio 2006;
– orbene, va rilevato, in primo luogo, che il comma 2-octies dell’art. 12 I. n. 289 del 2002, introdotto dall’art. 1 d.l. n. 143 del 2003 ha espressamente previsto che «In deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo previsti dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono prorogati al 31 dicembre 2005 per le dichiarazioni presentate negli anni 2001 e 2002»;
– successivamente, peraltro, l’art. 1 d.l. n. 106 del 2005, conv. con modif. nella I. n. 156 del 2005 – emanato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005 di declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973 – ha soppresso il citato art. 17 ed ha disciplinato, in termini articolati e organici, i termini di decadenza dell’attività di riscossione;
– in particolare, al comma 5 bis ha fissato i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni ed ha stabilito all’art. 5 ter, sostituendo il comma 2 dell’art. 36 d.lgs. n. 46 del 1999, che per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, non oltre il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, mentre, con riguardo alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003, non oltre il 31 dicembre del quarto anno successivo;
– tale disciplina è stato oggetto di reiterato esame da parte della Suprema Corte, per la quale, con dictum da cui non vi è ragione di discostarsi, «in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, la legittimità della pretesa erariale è subordinata, alla luce dell’intervento legislativo realizzato con l’art. 1, commi 5 bis e 5 ter, del d.l. n. 106 del 2005, convertito nella legge n. 156 del 2005, alla notificazione della cartella di pagamento al contribuente entro il termine di decadenza del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, dovendo l’ordinamento garantire l’interesse del medesimo contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, regola applicabile anche per i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della detta legge di conversione n. 156 del 2005. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto tempestiva la notifica della cartella derivante da dichiarazione avente ad oggetto l’anno 2002, effettuata nell’ottobre 2006)» (Cass. n. 22223 del 2015; Cass. n. 30704 del 2011; Cass. n. 16826 del 2006; v. anche Cass. n. 15661 del 2014, che, in termini generali, afferma che la disciplina introdotta dal legislatore «ha valore di disposizione transitoria ed opera retroattivamente non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle non ancora definite con sentenza passata in giudicato in quanto diretta ad ovviare ad una lacuna normativa derivante dalla sentenza n. 280 del 2005 della Corte costituzionale ed a garantire l’interesse dell’erario di evitare un termine decadenziale talmente ristretto da pregiudicare la riscossione dei tributi»; da ultimo v. anche Cass. n. 29845 del 13/12/2017);
– ne deriva che la CTR non ha omesso di pronunciare ma, applicando la normativa vigente, ha escluso ogni decadenza per esser stata tempestiva la notifica in quanto avvenuta entro il 31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione, relativa all’anno 2001;
– né hanno valore preclusivo le previsioni di cui alla legge n. 212 del 2000 (e, in ispecie, la clausola di irretroattività ex art. 3, comma 3), atteso che queste ultime, pur costituendo criteri guida per il giudice nell’interpretazione ed applicazione delle norme tributarie, anche anteriori, non hanno rango superiore alla legge ordinaria, sicché ne è ammessa la modifica o la deroga, purché espressa (come nella specie), non potendosi, conseguentemente, disporre la disapplicazione di una disciplina con esse in asserito contrasto (v. Cass. n. 696 del 16/01/2015; Cass. n. 1248 del 22/01/2014);
– il terzo motivo denuncia omessa pronuncia sulla richiesta di inapplicabilità delle sanzioni tributarie;
– la censura, al di là della sua formulazione in termini del tutto generici (lacunosità che, peraltro, caratterizza anche la domanda contenuta nell’atto d’appello per come riprodotta), è comunque infondata avendo la CTR espressamente pronunziato («la legittimità dell’atto impositivo impugnato riverbera i suoi effetti anche sull’applicabilità delle sanzioni e degli interessi che, in difetto di specifica impugnazione sulla loro quantificazione, vanno confermati nella misura riportata nel ridetto atto»);
– il ricorso va pertanto rigettato e le spese liquidate, come in dispositivo, per soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in euro 7.800,00, oltre spese prenotate a debito.
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