CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 settembre 2018, n. 21871
Tributi locali – ICI – Accertamento – Immobili – Cessione a titolo gratuito – Contenzioso tributario
Ritenuto che
1. La M.A. S.p.A. con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Latina impugnava l’avviso di accertamento ICI emesso dal Comune di Cisterna di Latina per l’anno 2003 relativamente ad un immobile industriale sito in via N..
La società esponeva che l’immobile le era pervenuto a seguito di cessione a titolo gratuito, dal primo dicembre 2003, da parte della C.S. S.p.A., la quale lo aveva a sua volta ricevuto nell’aprile del 2011 nell’ambito di accordi di reindustrializzazione della struttura dismessa della multinazionale G. Italia spa.
La ricorrente sosteneva pertanto la non debenza dell’Ici in base all’articolo 4, comma 23, penultimo e ultimo periodo, del d. I. n. 510 del 1996, convertito in legge n. 608 del 1996 che prevedeva la sospensione del tributo in favore dei complessi industriali dismessi, per il periodo di tempo occorrente per il risanamento e la ristrutturazione degli stessi. D’altra parte la stessa C.S., società che aveva ceduto l’immobile, non aveva pagato l’ICI per tutto il periodo antecedente, dal 2001 al 2013. La società ricorrente, infine, censurava anche le modalità di calcolo del tributo.
2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso e la M.A. S.p.A. proponeva appello eccependo l’illeggibilità della decisione di primo grado e, in particolare, l’incomprensibilità della sentenza in violazione dell’articolo 36 del d.Igs. n. 546 del 1992. Inoltre riproponeva integralmente le deduzioni proposte con il ricorso di primo grado.
3. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione distaccata di Latina, rigettava l’appello ritenendo in primo luogo che la decisione impugnata, se pur di non agevole lettura, aveva tutti gli elementi previsti dall’articolo 36 del d. Igs. n.546 del 1992 e, in particolare, una puntuale esposizione dello svolgimento del processo ed una particolareggiata esposizione dei motivi della decisione di rigetto del ricorso, sia in fatto che in diritto. La CTR, inoltre, evidenziava che la società non aveva proposto nuovi motivi di impugnazione nei confronti della decisione ma si era limitata a riproporre i propri motivi di ricorso e, comunque, nel merito la società non aveva diritto all’esenzione dell’obbligo di corresponsione dell’Ici in relazione al capannone industriale ceduto a titolo gratuito da parte del Comune, non avendo rispettato l’obbligo di procedere alla sua riconversione industriale né al mantenimento del livello occupazionale.
Inoltre non aveva neanche inoltrato la richiesta volta la sospensione della corresponsione dell’imposta. Quanto al calcolo del tributo, si faceva notare che la demolizione era avvenuta solo in parte ed in periodi successivi alla annualità alla quale si riferiva l’accertamento in contestazione.
4. Avverso la suddetta sentenza la M.A. Spa, in persona del suo legale rappresentante M.S., ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
5. Il Comune di Cisterna di Latina ha resistito con controricorso.
Considerato che
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione di legge in relazione all’articolo 36 d. Igs. n. 546 del 1992 e agli articoli 121, 131 e 132 c.p.c., nullità per difetto di motivazione della sentenza di primo grado.
La ricorrente precisa che il suo motivo di appello era riferito principalmente alla impossibilità di comprendere il contenuto della sentenza, in quanto scritta a mano mentre la CTR non aveva colto il profilo di doglianza relativo appunto alla comprensibilità della motivazione e aveva affermato la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla norma.
1.1 Il primo motivo è infondato.
Secondo l’orientamento del tutto consolidato di questa Corte «In mancanza di un’espressa comminatoria, non è configurabile nullità della sentenza nell’ipotesi di mera difficoltà di comprensione del testo stilato dall’estensore con scrittura manuale o di difficile leggibilità, atteso che in tali casi la sentenza non può ritenersi priva di uno dei requisiti di validità per essa stabiliti. Deve, invece, ritenersi nullo per carenza assoluta della motivazione il provvedimento che non si presenti soltanto di difficile lettura, ma sia addirittura incomprensibile, al punto da richiedere, per la sua decifrazione, una operazione il cui stesso esito è dubbio, poiché, nonostante gli sforzi cui eventualmente si sottoponga il lettore più attento, risulta impossibile avere certezza dell’esatta comprensione del testo. (Nella specie la S.C. ha escluso che ricorressero gli estremi dell’incomprensibilità del testo autografo della sentenza impugnata, ritenendo il provvedimento, sia pur con un certo sforzo, intellegibile nella sua interezza)» Sez. L, Sentenza n. 11739 del 14/05/2010, Sez. 2, Sentenza n. 4947 del 14/03/2016.
Anche nel caso in esame la sentenza, se pur scritta a mano, era comunque decifrabile, tanto da consentire alla Commissione tributaria regionale di affermare che la stessa presentava una puntuale esposizione dello svolgimento del processo con riferimento alle richieste delle parti ed una attenta e particolareggiata esposizione dei motivi sia in fatto che in diritto che avevano determinato il rigetto del ricorso.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione di legge in relazione all’articolo 4, comma 23, del d. I. n. 510 del 1996 convertito in I. n. 608 del 1996 e carenza motivazionale ai sensi dell’articolo 360, n. 5, c.p.c.
Nel caso di specie, secondo la ricorrente, non è contestato che con riferimento al periodo antecedente la cessione dell’immobile la precedente proprietaria non aveva corrisposto l’ICI, in quanto era stata deliberata l’esenzione. L’istanza di esenzione era afferente il medesimo immobile e la procedura ex d. I. n. 510 del 1996 non era riferita al suo titolare ma alle condizioni oggettive dello stesso, dunque non si poteva ritenere che la ricorrente non avesse chiesto l’esenzione.
Inoltre lo stesso acquisto in capo alla M.A. S.p.A. da parte della società mista di quel comune era stato eseguito in applicazione della legge Pirelli e, quindi, in esenzione di imposta né poteva sostenersi che il programma di impresa non fosse stato eseguito, atteso che non c’era stata alcuna contestazione in atti.
2.1 Il secondo motivo è infondato.
Nella specie la ricorrente invoca il principio di non contestazione in ordine alla circostanza dell’esenzione dall’Ici disposta dal Comune in favore della società Cisterna-Sviluppo dante-causa della ricorrente.
Il Comune nel controricorso evidenzia, invece, di aver contestato l’assunto della ricorrente, affermando che il presunto inadempimento all’obbligo del pagamento dell’Ici da parte del precedente proprietario non poteva giustificare il medesimo inadempimento della ricorrente.
2.2 Il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall’esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l’onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (Sez. 3 -, Sent. n. 22055 del 2017).
A tal proposito è sufficiente richiamare l’indirizzo consolidato di questa Corte secondo cui: «In virtù del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare, atteso che l’onere di specifica contestazione, ad opera della parte costituita, presuppone, a monte, un’allegazione altrettanto puntuale a carico della parte onerata della prova» (Sez. 3, sent. n. 20637 del 2016).
2.3 In ogni caso manca qualsiasi prova dell’esistenza di una deliberazione comunale di sospensione dell’Ici nei confronti della medesima precedente proprietaria.
La ricorrente non ha allegato alcun provvedimento di sospensione dell’Ici in favore della C. S. e, inoltre, è del tutto evidente che la CTR non aveva affatto riconosciuto che la suddetta società non avesse corrisposto l’ICI per il periodo 2001-2003, essendosi limitata nello svolgimento in fatto della sentenza a dire che ciò era quanto sosteneva la ricorrente.
In conclusione, al di là della fondatezza o meno della tesi proposta dalla ricorrente circa la possibilità di estendere l’esenzione dell’Ici disposta in favore di un determinato soggetto anche ai suoi successivi aventi causa, nel caso in esame manca del tutto la prova della sussistenza del presupposto invocato dalla ricorrente circa l’avvenuta esenzione Ici della C.S..
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato difetto di motivazione articolo 360, n. 5, c.p.c.
In particolare, secondo la ricorrente, essendo incontestato in fatto l’avvenuta demolizione (quantomeno parziale) del capannone e la parziale cessione dell’area, non si era tenuto conto di tale minore consistenza e il Giudice non ha motivato sul punto essendoci limitato a valutare la sussistenza dell’obbligazione di imposta.
3.1 Il terzo motivo è infondato.
Il giudice del gravame non ha omesso di motivare circa la pretesa riduzione del quantum dovuto dalla ricorrente a seguito della demolizione del bene immobile oggetto dell’imposta. Al contrario, si legge nella sentenza, che «la richiesta di ricalcolo formulata con il ricorso introduttivo non può essere accolta in quanto la graduale demolizione di parti dello stabilimento è avvenuta in un periodo successivo rispetto all’annualità cui si riferisce l’accertamento in contestazione».
Rispetto a tale motivazione a ricorrente non propone alcuna contestazione, mentre secondo il consolidato orientamento di Questa Corte «In tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la rado decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata» (Sez. 6 – 3, Ord. n. 19989 del 2017).
La ricorrente si è limitata a sostenere che la CTR non ha motivato sulla sua richiesta di riduzione del quantum dovuto, a seguito della parziale demolizione del fabbricato, ma non ha offerto alcun elemento per contrastare l’affermazione fatta in sentenza circa il periodo temporale dell’avvenuta demolizione.
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 2.900, oltre rimborso forfettario, I.V.A. e c.p.a se dovute.
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